Nell’arco di poche ore le dichiarazioni del professor Fabio Buzzi (leggi), consulente della Procura di Bergamo, sono smentite dagli inquirenti che indagano sul delitto di Yara Gambirasio, e da Buzzi stesso. Ai microfoni della trasmissione di “Segreti e delitti”, il responsabile di medicina legale dell’Università di Pavia aveva rivelato i risultati delle analisi che sembravano inchiodare definitivamente l’unico indagato per il delitto (leggi): il 44enne Massimo Giuseppe Bossetti.

“C’è coincidenza univoca di Dna tra le tracce repertate sui vestiti di Yara Gambirasio e i peli e i capelli trovati sopra e intorno al suo corpo”. Aveva detto il professore che ha coordinato il team di genetisti che è risalito alla madre di Ignoto 1, Ester Arzuffi e a Bossetti.  Le sue parole avevano un solo significato: sul corpo della 13enne di Brembate di Sopra uccisa il 26 novembre 2010 sono stati trovati peli e capelli di Ignoto 1. Che per gli investigatori ha un nome e cognome: Massimo Bossetti, muratore di Mapello. Una prova schiacciante per polizia e carabinieri che da tre anni e mezzo danno la caccia all’assassino. E che ora, oltre alle tracce di Dna, avrebbero avuto in mano una seconda prova regina, se possibile ancora più nitida.

Ma passano poco più di tre ore e gli inquirenti bergamaschi fanno sapere che “non risultano” esiti sulla comparazione di peli ritrovati sul corpo di Yara riconducibili a Bossetti. Repubblica riporta dichiarazioni dalla Procura ancora più nette: “Non esiste alcun pelo di Bossetti sui resti di Yara”. Un ulteriore smentita arriva anche da Carlo Previderè, ricercatore responsabile del laboratorio di genetica forense dell’Università di Pavia che ha analizzato direttamente le tracce: “Non è emersa nessuna compatibilità di profili genetici”. A tarda sera anche il professor Buzzi smentisce se stesso. Ai cronisti di Repubblica che gli chiedono se sulle formazioni pilifere c’è lo stesso Dna di Ignoto 1il consulente della Procura risponde: “No, non posso affermarlo, la perizia è in corso“.

Allora perché quella dichiarazione clamorosa? Per cercare una spiegazione, va detto che la perizia non è stata ancora depositata in Procura e per quelle parole Buzzi potrebbe essere indagato per “violazione di segreto istruttorio“.

Intanto sul fronte delle indagini, carabinieri e polizia stanno ascoltando le amiche di Yara (leggi). Vogliono sapere se hanno mai visto la faccia di  Massimo Giuseppe Bossetti nei luoghi frequentati dalla ragazzina. Altri particolari preziosi potrebbero saltare fuori dalle analisi sui computer del 44enne. Sono due: un portatile e un fisso. Ma saranno accertamenti lunghi e meticolosi, perché bisognerà scavare tra i dati e i file cancellati. Il sospetto, però, che dai computer possa uscire qualcosa di interessante è confermato da un episodio avvenuto lunedì scorso durante il secondo interrogatorio della moglie di Bossetti. Quando polizia e carabinieri hanno toccato il tasto Marita Comi è stata stoppata dall’avvocato Claudio Salvagni (leggi), che la difende insieme a Silvia Gazzetti.

Un’altra prova schiacciante potrebbe emergere dal furgone di Bossetti, un Iveco Daily bianco cassonato. Un mezzo comune nella Bergamasca. Ma quello di Bossetti, secondo il Ros dei carabinieri, ha una caratteristica unica. Di cosa si tratti resta un aspetto che i carabinieri mantengono segreto (leggi). Un investigatore però ha precisato a ilfattoquotidiano.it che il dettaglio è “come se fosse il Dna del mezzo”. E proprio un Iveco Daily bianco è stato immortalato il giorno della scomparsa di Yara nei pressi della palestra di Brembate di Sopra, dove la ragazza si allenava. Sono le 18 e 12 del 26 novembre 2010, il mezzo percorre via Rampinelli, la strada dove abita la ragazza. Il fotogramma, estrapolato dalle telecamere di una banca, è stato diffuso dalla trasmissione “Segreti e delitti”.

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