La mancata distribuzione ai maestri e ai professori delle elementari e delle medie dei tre opuscoli dal titolo “Educare alla diversità”, avvenuta dopo le dichiarazioni di contrarietà espresse dal Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, mi hanno convinto di quanta distanza esista oggi tra Roma e Milano. Se le parole di un porporato sono riuscite a fermare un serio progetto davvero all’avanguardia, che attraverso i docenti doveva avviare un percorso di formazione nelle scuole italiane contro l’omofobia e parlare di nuovi diritti, nuove categorie sociali e nuove famiglie, mi è chiara la differenza che esiste tra le Sacre stanze della Capitale e l’aria di modernità che si respira nel capoluogo lombardo.

Detto questo, pare essere oramai certo, il freno espresso nei confronti del progetto realizzato dall’Unar (l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) e voluto dal passato Governo Letta, per combattere nelle scuole, assieme ai docenti, il problema dell’intolleranza e del bullismo omofobico, e che prevedeva la distribuzione di un “kit” composto da tre libretti che sarebbero proprio serviti per “Educare alla diversità”.

Tutto rimarrà lettera morta! Eppure, la realizzazione di quei volumetti fu inizialmente autorizzata dal Dipartimento per le Pari opportunità, sotto l’allora ministro del Lavoro con delega alle Pari opportunità, Elsa Fornero, che non mi sembra sia la più acerrima nemica della famiglia tradizionale.

Non sono però una che si demoralizza. Prendo atto di quanto accaduto e guardo avanti. Guardo in particolare alla mia città e per fortuna vedo le tante cose che sono state fatte e che si continuerà a fare. Osservo l’attività davvero fruttifera svolta sull’attuazione dei principi sanciti dalla delibera che ha permesso la nascita del Registro unioni civili; vedo il lavoro che prosegue su questo fronte, con una nuova delibera consigliare che darà il là a nuove iniziative. Osservo che quest’anno le famiglie omogenitoriali potranno iscrivere i loro figli a scuola senza l’imbarazzo di dover riempire moduli con su scritto “padre” e “madre”, ma solo dando indicazioni sui genitori; e vedo poi tutta l’attività che sto coordinando, con le associazioni e gli esercizi commerciali Lgbt, per trasformare questa città in un luogo ancora più accogliente in vista in Expo.

Rimane naturalmente il vuoto lasciato nelle scuole. Se speranze ce ne sono ancora, auspico che chi di dovere riveda le sue decisioni e si possa far decollare l’iniziativa “Educare alla diversità”. In caso contrario mi attiverò personalmente affinché, almeno a Milano, un’iniziativa del tutto simile possa trovare sfogo negli istituti della città, dove la modernità non spaventa.

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