Lulù non è il suo nome reale, ma è quello con il quale hanno iniziato a conoscerla in tutta l’Argentina. La sua storia per singolare e delicata che sia, si è diffusa attraverso tutti i mezzi di comunicazione e  la sua soluzione arrivata ieri dopo quattro anni di dure battaglie, è un precedente storico nel campo della identità sessuale.

Lulù già a due anni (oggi ne ha sei), sapeva che il corpo di bambino nel quale era nata, si trovava distante anni luce dalla sua mente di bambina. Lei non voleva giocare con le auto né a calcio, così come faceva suo fratello gemello: Lulù voleva, e lo dichiarava, essere una bambina. Chiedeva alla madre Gabriela, di farle indossare la gonna, di farsi crescere i capelli e di regalarle delle bambole.

La madre all’inizio pensava fosse un gioco, ma la perseveranza di Lulù nell’affermare che si sentiva una bambina, e un documentario  visto casualmente alla tv, avevano definitivamente convinto Gabriela che Lulù era una bambina trans e  che la sua identità era quella femminile.

La legge di identità di genere, approvata in Argentina a maggio dell’anno scorso, permette che le persone trans (travestiti, transessuali e transgender), siano iscritti sui loro documenti personali, con il nome ed il sesso che hanno scelto e  che tutti i trattamenti medici richiesti, per  passare ad un altro  genere, siano pagati dallo Stato.

E’ la unica legge di identità di genere al mondo, che non identifica come patologica, la condizione di trans. Se durante  questo anno, questa legge si è applicata con rapidità ed efficacia, per le persone transessuali che desideravano cambiare il loro genere di appartenenza modificando i dati sulla carta di identità, il caso di Lulù ha scosso non poco il registro civile di Buenos Aires per la giovanissima età della richiedente, tanto che le autorità avevano deciso di mettere il tutto nelle mani della giustizia.

La richiesta negata tre volte, è stata accolta invece ieri dal governo di Buenos Aires. Presto Lulù avrà una nuova carta di identità, dove viene iscritta come bambina. La famiglia aveva iniziato l’anno scorso la richiesta del cambio di documento, avvalendosi appunto di  questa nuova normativa che prevede la possibilità di accedere ad un cambio di identità di genere anche per i minori di 14 anni, ma  gli era stata negata perché secondo il tribunale dei minori, la giovanissima età della bambina, la rendeva totalmente incapace di una scelta. Secondo i genitori  invece Lulù è assolutamente cosciente della sua situazione ed è sicura di voler essere identificata  come una femmina.

Alcune opinioni  indicavano che la legge doveva essere applicata anche  nel caso della piccola. Ad esempio Il professor Augusto Moeykens, professore della cattedra di Criminologia della Facoltà di Diritto della Università di San Miguel de Tucuman, nel nord ovest argentino, sostiene che : “…E’ importante  che i funzionari pubblici  e gli operatori giudiziari comprendano che la Legge di identità di genere, indica  che il bambino o bambina  è un soggetto di diritto e  non un oggetto e  che come tale deve vedere riconosciuti i suoi diritti”.

Certo il caso di Lulù, la bambina che  nacque bambino ma che dai due anni si identificò come  donna, alimenta un dibattito aperto circa  le ragioni che definiscono una persona come transessuale. Ci sono almeno due particolari  nel caso di Lulù che  rivestono la vicenda di un interesse particolare: da un lato la certezza e  la sicurezza della bambina rispetto alla sua identità di genere nonostante la sua età e  l’altro che il fratello gemello non presenta alcuna manifestazione di transessualismo.

La domanda  prepotente è  ancora  una volta se una persona nasce transessuale o se lo diventa per questioni legate al suo ambiente familiare. Il dibattito rimane aperto ma intanto Lulu potrà continuare a frequentare quell’asilo della periferia di Buenos Aires dove per tutti già da tempo era una chiquita. 

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