In vista del sempre più probabile attacco americano contro la Siria, Stati Uniti e Russia – ma anche Regno Unito, Francia e perfino la Cina – stanno schierando nel Mediterraneo orientale le loro forze navali in un’inquietante escalation che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda. Il cacciatorpediniere lanciamissili Andrea Doria, mobilitato a supporto dei caschi blu italiani in Libano, incrocia in un quadrante sempre più affollato di navi da guerra e sottomarini che si spiano a vicenda in attesa dell’ora X in un clima di crescente tensione. Non è chiaro, infatti, come reagirà la sempre più minacciosa flotta russa nel momento in cui scatterà l’attacco Usa. 

Le forze navali americane attualmente schierate nel Mediterraneo orientale sono composte da almeno un sommergibile nucleare classe Ohio armato con 150 Tomahawk (i missili da un milione di euro l’uno che verranno lanciati senza risparmio nel first strike, per la gioia dell’azienda produttrice Raytheon e del suo ceo William Swanson, entusiasta sostenitore dell’attacco), da 5 cacciatorpedinieri lanciamissili (Mahan, Ramage, Barry, Gravely e Stout) armati ognuno con almeno altri 50 Tomahawk e dalla nave anfibia da sbarco San Antonio con a bordo 300 marines, che dimostra come l’ipotesi dell’impiego di truppe non sia esclusa dal Pentagono nonostante le rassicurazioni di Barack Obama. Tanto che stanno facendo rotta verso il Medio Oriente anche i due gruppi navali anfibi da sbarco Boxer e Kearsarge con a bordo oltre 4mila marines.

Pronte a entrare nel Mediterraneo dal canale di Suez ci sono anche la portaerei Nimitz con il suo gruppo navale (l’incrociatore Princeton e i cacciatorpedinieri Lawrence, Stockdale e Shoup) e la portaerei Truman con il suo strike group (San Jacinto, Gettysburg, Bulkeley e Mason): entrambe potranno comunque prendere parte all’attacco anche rimanendo nel Mar Rosso.

Poi ci sono le flotte alleate. La Gran Bretagna, nonostante il voto contrario del Parlamento di Londra, schiera nel Mediterraneo orientale la portaelicotteri Illustrious, due fregate (Montrose e Westminster), la nave da sbarco Bulwark con 6 navi da appoggio e soprattutto il sottomarino nucleare Tireless, armato con 130 missili Tomahawk. La Francia – interventista – ha inviato la fregata missilistica Chevalier Paul (versione transalpina dell’Andrea Doria) ed è pronta a far salpare da Tolone la portaerei Charles De Gaulle. A questi vanno aggiunte poi le flotte alleate locali, israeliana e turca, le cui navi e sommergibili incrociano davanti alla Siria in stato di massima allerta.

A questo ingente schieramento navale alleato, la Russia contrappone una flotta altrettanto minacciosa, composta da 4 cacciatorpedinieri (Panteleyev, Neustrashimy e, in arrivo, lo Smetlivy e il Nastoichivy), due navi spia (la Azov e la Priazovye) e sei navi d’assalto anfibie con centinaia di truppe da sbarco (Nevelsky, Shabalin, Perveset, Minsk, Novocherkassk e, in arrivo, la Filchenkov con a bordo, pare, un carico di missili S-300 destinati alla Siria). Nei prossimi giorni entreranno nel Mediterraneo anche l’incrociatore lanciamissili Moskva (che diventerà l’ammiraglia della flotta), seguita nelle prossime settimane da due corvette lanciamissili (Shtil e Ivanovets). Se la situazione dovesse precipitare è previsto anche il dispiegamento della portaerei Kuznetsov e di sommergibili nucleari. 

Ma la presenza navale più clamorosa nel Mediterraneo è certamente quella della Cina: nei giorni scorsi la sua nuovissima unità anfibia Jinggang Shan, con centinaia di truppe da sbarco a bordo, è stata vista attraversare il canale di Suez. Pare che Pechino abbia già mobilitato anche altre unità navali non ancora identificate. 

Infine, c’è la flotta siriana, che nei porti di Baniyas, Latakia, Minat al Bayda e Tartus ha ormeggiate due vecchie corvette classe Petya di fabbricazione sovietica (Assari e Hirasa), venti motocannoniere sovietiche classe Osa e altre dieci di produzione propria, tre unità da sbarco di fabbricazione polacca, quattordici piccoli pattugliatori e tre dragamine.

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