E’ la spiaggia di Roma. Ostia, lido alle porte della capitale, un lungomare da anni conteso dalle cosche a colpi di calibro nove. Gambizzando, uccidendo, bruciando locali, sottraendo attività economiche con l’usura. Qui, dall’ombrellone alla pizza serale, passando per la cocaina che scorre a fiumi, ogni euro è controllato dagli eredi della banda della Magliana, la mafia romana descritta in Romanzo criminale. Non solo. L’operazione di questa mattina della squadra mobile di Roma – una cinquantina di arresti richiesti dal procuratore Giuseppe Pignatone e dal pm Ilaria Calò – ha svelato nella sua gravità l’infiltrazione di Cosa nostra alle porte della capitale. Non picciotti qualsiasi, ma due fratelli, Vito e Vincenzo Triassi, considerati luogotenenti della famiglia Caruana Cuntrera, conosciuti come i Rotschild della mafia. Le loro figure erano già note fin dalla fine degli anni ’90, quando furono coinvolti nel tentativo di fuga in Canada del boss Pasquale Cuntrera. Da allora il potere del clan siciliano sul litorale romano è cresciuto silenziosamente, senza mai creare clamore, puntando a una pax mafiosa spesso non accettata dagli eredi romani della banda della Magliana.

Un vero e proprio trust di gruppi considerati mafiosi della procura di Roma, che è in grado di dominare – attraverso una fitta rete di attività economiche – l’intero territorio del litorale. Anche grazie a contatti stretti con la pubblica amministrazione, che – secondo la ricostruzione della squadra mobile romana – è in grado di raggiungere i palazzi della politica nazionale. Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Simonetta d’Alessandro viene riportato un episodio giudicato particolarmente significativo. Un esponente della famiglia Giacometti – già coinvolta nel 2004 nell’inchiesta Anco Marzio, che contestò l’associazione mafiosa, poi rigettata dal tribunale di Roma – avrebbe contattato “una persona presentatagli dal senatore Grillo” per discutere delle concessioni balneari. I Giacometti – titolari di alcuni stabilimenti di Ostia – erano preoccupati dalla nuova normativa europea, che impone dal 2015 l’affidamento delle spiagge demaniali solo attraverso gare pubbliche. Per il Gip la famiglia Giacometti ha così potuto “incrementare e consolidare i propri affari sia grazie alla protezione dei gruppi criminali operanti in zona, sia grazie ai favori ottenuti da “colletti bianchi” in grado di influenzare le scelte della Pubblica Amministrazione”.

A Ostia le mafie convivono, spartendosi gli affari immensi della movida e del turismo. Accanto agli uomini di Cosa nostra sono cresciute la famiglie locali, con quel particolare senso del rispetto conquistato militarmente. Sparando, quando era necessario, arrivando a gambizzare il 20 settembre del 2007 uno dei due fratelli Triassi, Vito. E’ il clan Fasciani, anche questo coinvolto nell’operazione di questa mattina, comandato da quattro fratelli, collegato con altri gruppi criminali romani: dalla banda della Maranella, fino a uomini legati a quel che rimane della banda storica della capitale, che negli anni ’70 riuscì a riunire le tante “batterie” sparse nella città. Con pezzi dell’eversione nera, ex Nar che si sono riciclati nella criminalità organizzata, senza mai tagliare il filo nero con il neofascismo. Accanto a loro – spesso in rapporti di alleanza – ci sono “gli zingari”, la famiglia Spada arrivata dall’Abruzzo e divenuta rapidamente uno dei clan in ascesa di Ostia. Un mix, questo, che ha gestito la spartizione della città, ora accusato dalla procura di Roma di associazione mafiosa. I metodi, in fondo, non differiscono da quelli usati dai gruppi criminali storici: a Ostia spesso basta pronunciare il nome dei Fasciani per vedere il terrore nel volto dei negozianti, di quegli imprenditori caduti nella trappola dell’usura, trampolino di lancio per inglobare le imprese e riciclare i soldi del narcotraffico, come raccontano le inchieste degli ultimi anni.

A Ostia il clima era diventato pesante. Dal 2007 quasi una ventina di attentati incendiari hanno colpito stabilimenti balneari e ristoranti, mentre le sparatorie e gli agguati si moltiplicavano, fino ad arrivare a vere e proprie esecuzioni, come quella che colpì il 23 novembre del 2011 Giovanni Galleoni e Franco Antonini, legati agli esponenti storici della banda della Magliana. Segno inequivocabile della rottura di quella pax mafiosa che regnava sul litorale romano. Un certo peso lo ha avuto il progetto dell’ampliamento del porto turistico di Roma, che sta per diventare uno dei più importanti del Tirreno. Un centinaio di milioni di euro per portare la capienza da 800 a 1400 posti barca, con la possibilità di far attraccare mega yacht da settanta metri. Il tutto contornato da locali, shopping, bar, negozi specializzati. Ed è facile immaginare come le mafie del litorale romano puntino a controllare sia i lavori che la gestione del porto di Roma.

Con gli arresti di questa mattina il radicamento delle mafie nella capitale è ancora più evidente. Rimane aperto il capitolo sui rapporti con quella classe politica che ha temuto e riconosciuto per anni il potere mafioso dei clan Triassi e Fasciani. Ovvero dei veri padroni del mare di Roma, dalle spiagge alla coca serale.

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