Conti correnti fantasma, amiche pagate con i fondi del partito, regali ad amici e protettori politici. Sullo sfondo un flusso di milioni di euro della Lega Nord cha la Direzione investigativa antimafia sta ricostruendo nei minimi particolari partendo dalle rivelazioni della segretaria di via Bellerio Nadia Dagrada che, per prima, aveva svelato l’esistenza di due conti correnti “sconosciuti al partito”. Questa mattina sono scattate le perquisizioni a Reggio Calabria, Milano e Genova. Il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo sta seguendo la pista dei soldi sporchi che sarebbero stati investiti dalla ‘ndrangheta utilizzando i canali finanziari dell’ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito, arrestato per appropriazione indebita, riciclaggio e truffa.

Il filone calabrese dell’inchiesta “Breakfast”, che oltre un anno fa ha travolto il Carroccio, potrebbe arrivare a una svolta. Su richiesta del procuratore Federico Cafiero De Raho e del pm Lombardo, il blitz della Direzione investigativa antimafia è scattato all’alba quando gli uomini del colonnello Gianfranco Ardizzone si sono presentati nelle filiali di sei istituti bancari a Milano e nelle sedi di tre importanti società reggine che, negli anni scorsi, hanno avuto rapporti con lo studio Mgim guidato dall’ex tesoriere dei Nar Lino Guaglianone e con il sedicente avvocato Bruno Mafrici.

Si tratta delle società dei fratelli Mucciola, che hanno sede a Reggio Calabria e a Milano, e di quelle degli imprenditori Michelangelo Tilaldi e Pietro Cozzupoli, soci privati della Multiservizi, la municipalizzata del Comune di Reggio infiltrata dalla cosca Tegano. Nel tentativo di ricostruire gli investimenti della cosca De Stefano, 70 uomini della Dia hanno eseguito 25 perquisizioni domiciliari a Reggio, Milano e Genova.

Le accuse ipotizzate dalla Direzione distrettuale antimafia sono di associazione mafiosa e associazione segreta (la legge Anselmi) di cui farebbero parte personaggi legati alla massoneria e alla destra eversiva. Ipotesi che hanno spinto gli uomini della Dia a ritornare a distanza di un anno nuovamente in via Durini, sede dello studio Mgim. L’accesso ha riguardato anche l’abitazione di Bruno Mafrici che era stato interrogato il 3 aprile 2012 dai magistrati reggini. Proprio il suo verbale e quello redatto in seguito al’interrogatorio di Belsito sono stati incrociati con la relazione sui server dello studio Mgim e hanno portato alle 15 pagine che compongono il provvedimento di perquisizione eseguito oggi dalla Dia di Reggio Calabria.

Provvedimento che riguarda anche l’ex consigliere comunale reggino di centrodestra Giuseppe Sergi il quale, stando a quanto trapela dagli ambienti investigativi e giudiziari, è indagato nell’inchiesta “Breakfast” assieme ad alcuni destinatari della perquisizione: Romolo Girardelli, Pasquale (Lino) Guaglianone, il suo socio Giorgio Laurendi, Bruno Mafrici, Michelangelo Tibaldi, l’investigatore privato genovese Angelo Viola (che aveva redatto il dossier contro l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni su incarico di Belsito) e il dipendente di una banca, Ivan Petroziello.

Non sono ancora iscritti nel registro degli indagati, invece, gli imprenditori Mucciola e Cozzupoli la cui posizione dipende, adesso, dall’esito della perquisizione. Al magistrato Lombardo, il tesoriere della Lega ha riferito che tutte le operazioni finanziarie da lui effettuate sarebbero state autorizzate dal segretario Umberto Bossi.

“Non avevamo neanche la documentazione – aveva spiegato ai magistrati – I conti erano uno alla Banca Aletti e uno alla Banca popolare di Novara. Da questi venivano emessi tutta una serie di assegni. Secondo me Belsito pensava di creare confusione per evitare di far risalire dove fossero finiti i soldi, soprattutto per i prelievi di cassa che erano delle cifre spropositate sia per il Banco di Napoli, sia per Aletti”.

Per gli inquirenti, quei due conti correnti “segreti” rappresentavano il canale per “ripulire” i fondi neri. Lo stesso canale che sarebbe stato messo a disposizione di personaggi interessati a ripulire i milioni di euro riconducibili alla cosca De Stefano. È a questo punto, secondo la Dda di Reggio, che nell’inchiesta spuntano i nomi di Romolo Girardelli, detto “l’ammiraglio”, e del reggino Bruno Mafrici, l’ex consulente del ministro Calderoli sospettato di essere uno degli uomini chiave di cui si sarebbe servita la ‘ndrangheta per riciclare milioni di euro nei paradisi fiscali. Un giro vorticoso di faccendieri, conti correnti e affari che incrociano le loro traiettorie in via Durini presso lo studio Mgim che prestava la sua consulenza a importanti società che operano a Reggio: aziende in odor di mafia, ma anche società miste come la Multiservizi per la quale Lino Guaglianone era stato interpellato per gestire l’ingresso dei prestanome della cosca Tegano nella municipalizzata del Comune di Reggio, sciolto nell’ottobre scorso per infiltrazioni e contiguità mafiose.

Aggiornamento del 19 dicembre 2022
Il gip presso il Tribunale di Reggio Calabria ed il gip presso il Tribunale di Genova, a cui il procedimento era stato trasmesso dal Tribunale di Milano per ragioni di competenza territoriale, hanno disposto l’archiviazione di tutte le accuse originariamente formulate nei confronti di Bruno Mafrici e a cui fa riferimento il presente articolo.

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