La Procura di Palermo ha depositato in Consulta la memoria illustrativa sul conflitto tra poteri dello Stato sollevato dal Quirinale in merito alla vicenda delle intercettazioni indirette. Il documento di compone di 28 pagine e punta a dimostrare l’infondatezza del ricorso predisposto dall’Avvocatura per conto del Colle. Nella memoria si chiede alla Consulta che sia accolta la richiesta di giudicare costituzionalmente inammissibile il ricorso dell’Avvocatura generale. Il documento è firmato dagli avvocati che rappresentano la Procura di Palermo nel conflitto di fronte alla Corte Costituzionale: Alessandro Pace, Mario Serges e Mario Serio. Anche l’Avvocatura dello Stato ha depositato in Consulta la memoria illustrativa del ricorso del Quirinale. Il documento si compone di oltre 30 pagine ed è firmato dall’avvocato generale dello Stato Michele Giuseppe Di Pace e dagli avvocati Gabriella Palmieri e Antonio Palatiello.

Il ricorso alla Consulta si fonda “su un duplice equivoco – secondo quanto si legge sulla memoria – da un lato l’Avvocatura generale estende l’irresponsabilità del Capo dello Stato fino a farla coincidere con una sua pretesa inviolabilità; dall’altro confonde la disciplina della (ir)responsabilità del Presidente della Repubblica” con quella “delle garanzie del Capo dello Stato di fronte al compimento di atti e operazioni processuali relative a un terzo soggetto, nelle quali egli sia accidentalmente coinvolto”. 

Secondo la memoria il ricorso è rivolto “non già nei confronti dell’autorità giudiziaria giudicante, alla quale per esplicita ammissione della stessa Avvocatura ricorrente spetta in via esclusiva il potere di disporre in ipotesi la distruzione di intercettazioni”, ma alla Procura “che di quel potere – per espresso riconoscimento dell’Avvocatura ricorrente – non dispone”. Il ricorso dell’Avvocatura dello Stato prefigura “una vera e propria ‘innovazione normativa dell’articolo 271 cpp” in materia di distruzione di intercettazioni, configurando nelle conclusioni una disciplina “che sostituirebbe il pm al giudice ed eliminerebbe il previo contraddittorio tra le parti”. Aspetto quest’ultimo “ritenuto doveroso” sia dalla Consulta che dalla Cassazione.

Nel giudizio in questione il tema della irresponsabilità del Capo dello Stato per i reati funzionali è irrilevante, secondo la memoria della Procura siciliana, perché “la responsabilità penale del Capo dello Stato non è mai venuta in discussione, nemmeno ipoteticamente, dinanzi ai magistrati di Palermo”. Tuttavia, secondo la memoria della Procura, il Capo dello Stato non ha una “irresponsabilità totale” come sostiene l’Avvocatura dello Stato: questa interpretazione è “scorretta” e “contraddice in radice il carattere pacificamente ‘eccezionale’ riconosciuto dalla stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale”. In linea generale il documento propende per una interpretazione restrittiva dell’articolo 90 della Costituzione sulle tutele del Capo dello Stato, in relazione agli atti che il Presidente compie al di fuori delle sue funzioni e sposa la tesi che l’immunità presidenziale abbia carattere “eccezionale”. 

Nel documento si legge inoltre che “l’irresponsabilità politica costituisce allo stesso tempo il fondamento costitutivo e il limite insuperabile dell’irresponsabilità giuridica”. Per un atto extrafunzionale, che “per definizione non richiede alcuna garanzia di irresponsabilità politica del Presidente, non può specularmente invocarsi alcuna forma di irresponsabilità giuridica”.

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