C’è voluto lo scioglimento della sua Reggio per “contiguità”, perché la Calabria facesse notizia, perché allarmasse la penetrazione della ‘ndrangheta e la casta ne ammettesse l’esercizio in Lombardia, emerso in tratti grotteschi dal caso Zambetti. È stato necessario un atto formale del governo, avviata la campagna elettorale, perché le parti rivelassero con sputi di parole l’inquietudine di sparire dal palazzo; magari per tangenze innascondibili con la «società dell’onore», che tutto cinge o avvicina. 

Il provvedimento su Reggio Calabria, annunciato dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, ha scomposto per un attimo le convergenze in maggioranza, prossima all’intesa sulla legge elettorale, che dovrà preservare pezzi e assetto della macchina del potere. La vicenda del municipio calabrese ha spezzato un equilibrio funzionale, a lungo mantenuto sotto la reggenza Monti: riconoscibile in materia di lavoro e arbitrati, per esempio; palese nella «concordia» sul ddl anticorruzione al Senato.

Il commissariamento di Reggio Calabria sarebbe stato meno clamoroso, se assieme non fosse esplosa la compravendita di voti del lombardo Zambetti, conclusa direttamente alla borsa della ‘ndrangheta.

Con il ladrocinio nelle Regioni è stato fortissimo il riverbero del connubio ‘ndrangheta-politica: fatti calabresi hanno avuto massima evidenza sulla stampa. Tuttavia, come sempre accade, il racconto della Calabria si è fermato alle connessioni con l’attualità politica romana: il dramma della regione è finito nel buio, ma riapparirà con la prossima inchiesta sulle pance dei partiti.

Nei mesi scorsi Infinito, operazione della Dda di Milano, impegnò le rotative dei giornali: storie di spregiudicati, inclini al crimine organizzato e acquattati nelle stanze dei bottoni. Come la parabola discendente del Pdl Francesco Morelli, consigliere regionale calabrese: dall’aura di eletto cauteloso all’onta della custodia cautelare.

Nessun sussulto ha suscitato, invece, il proscioglimento del gup Gloria Gori dei 45 imputati di Black Mountains, l’inchiesta del pm Pierpaolo Bruni sui rifiuti della società metallurgica Pertusola Sud, utilizzati per scuole, case e piazzali a Crotone. Diciotto i siti inquinati, c’erano i riscontri; pure il riconoscimento della pericolosità dei materiali da Sindyal Spa, che nel 2010 iniziò la bonifica dell’ex area industriale.

Il pronunciamento del gup si sarebbe basato sulle perizie dell’ingegnere civile Daniele Martelloni, non di un chimico o tossicologo. Tra gli assolti il sindaco di Castiglion Fibocchi (Arezzo) Salvatore Montanaro, già commissario delegato per l’emergenza ambientale in Calabria.

Tutto va, si consuma. In Calabria la giustizia svanisce nell’oblio collettivo. Eppure qui di veleni e denari ne sono spariti, come i residenti emigrati per lavoro, università e salute (circa 700.000). L’epilogo di Black Mountains è amaro come per Why not. Lì, però, risulta agli atti, il legale dell’imputato Nicola Adamo conosceva il pm inquirente Francesco Greco. Sulla cui scheda telefonica, relazionò Gioacchino Genchi, consulente della Procura di Catanzaro, si registravano telefonate con lo stesso Adamo, poi assolto.

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