Il ministro Fornero, intervenendo in un convegno organizzato dalla Università Bocconi, ha regalato alcune perle del suo pensiero.

Riferendosi ai così detti esodati, la signora si è avventurata in commenti che avrebbe potuto risparmiarsi così facendo una figura molto migliore.

Nel dettaglio, ha esordito, a proposito del fenomeno degli esodati dicendo: ‘‘Non sapevo fosse una pratica diffusa. Avrei dovuto chiedere più informazioni sull’argomento, me ne assumo la responsabilità”.

La nostra esperta del mondo del lavoro, tanto che le è stato delegato il compito di riformarlo, ignorava fino a pochi giorni fa che in Italia esistesse una pratica consolidata di “fare accordi” tra le aziende e i dipendenti, per accelerarne l’uscita verso la pensione e accompagnandoli con incentivi!

Viene da domandarsi non se la signora abbia o no studiato a fondo il nostro mondo del lavoro, bensì più direttamente, dove abbia vissuto negli ultimi 30 anni se, per sua stessa ammissione ignorava un macro-fenomeno ( i “prepensionamenti“) che ha caratterizzato le dinamiche di uscita dalle aziende in varie forme, dai licenziamenti individuali con successivi accordi di conciliazione, alle più vaste procedure di mobilità che hanno alla radice lo stesso tipo di accordo. Lo stupore cresce, trattandosi di una signora di Torino, dove ha sede Fiat che dei prepensionamenti con scivolo ha fatto un uso assai  esteso nel passato. Forse la professoressa era distratta.

Non paga di questa esternazione di ignoranza della diffusa pratica degli esodi, la nostra si è avventurata in affermazioni che la matematica gli ributta indietro; ha detto infatti che “E’ impensabile  che la vita pensionistica sia più lunga della vita lavorativa. E’ impensabile che si lavori trent’anni per poi stare in pensione 35-40 anni“.

Facciamo quattro calcoli: la professoressa ipotizza un lavoratore che abbia lavorato per trent’anni e che poi percepisca la pensione per anche 40 anni. Ora, 30 + 40 a casa mia fa 70 (mi smentisca la professoressa di economia). Siccome l’aspettativa di vita media di un maschio in Italia è oggi di 79 anni e di una femmina di 84, questo significherebbe che gli uomini lavoratori che ha in mente la signora avrebbero iniziato a lavorare a 9 anni e le lavoratrici a 14. Alquanto insolito; penso piuttosto che un lavoratore maschio che abbia iniziato intorno ai 25 anni e che lavori fino a 60 anni finisca per avere una vita lavorativa di 35 anni e una pensione per 19; una donna invece avrebbe pensione per 24 anni. Se poi avessero iniziato a 20, lavorerebbero per 40 anni sempre a fronte degli stessi periodi di pensione come sopra. Di cosa stiamo parlando? Tra l’altro la professoressa omette di dire che prima del suo infausto avvento il sistema pensionistico prevedeva 40 anni di contributi oppure la quota 96 (che sarebbe divenuta 97 nel 2013) con minimo 35 anni di contributi e minimo 61 anni di età. Di nuovo, ma di che parlava la signora?

Per me le due affermazioni di cui sopra erano più che sufficienti, ma la professoressa ha pensato di metterci il carico e nel proseguo del suo intervento a giustificazione della sua posizione negativa sul salvaguardare tutti come vorrebbe la Proposta di Legge 5103, ha spiegato che “l’Italia è il paese delle fantasie e se noi diciamo che tutti sono salvaguardati, troviamo tanti accordi individuali fatti in maniera estemporanea”.

Personalmente, come cittadino italiano mi sento insultato da questo commento del tutto inappropriato e che va oltre le tristemente famose frasi sulla tendenza italica a sedersi al sole e sui maccheroni al pomodoro. Qui siamo all’ipotizzare che aziende e dipendenti, in vista della possibilità di utilizzare le salvaguardie, si inventerebbero accordi  (ritengo predatati e quindi falsi) di licenziamento, allo scopo di truffare lo stato. Un’ulteriore affermazione che mette in cattiva luce ciò che la signora pensa di noi cittadini e, per inciso, anche delle aziende. No grazie, invece di ipotizzare situazioni di illegalità, guardiamo al presente e, per cortesia, risolviamo i problemi veri di quegli accordi del tutto regolari e non estemporanei a fronte dei quali le persone avevano affrontato il cammino verso la pensione con un periodo di disoccupazione e che è stato bruscamente interrotto.

Domando, soprattutto a chi insiste nel confermare Fornero come ministro del lavoro e a chi non colse l’opportunità di sfiduciarla rimandandola a casa: quali altre cose toccherà di sentire, prima che chi può e deve prenda atto che occorre un altro ministro del lavoro?

Dulcis in fundo: “Siamo pronti a discutere caso per caso, ma non possiamo tutelare chi è uscito con delle generose buonuscite e ricche pensioni calcolate con il sistema retributivo”

Per precisione occorre dire che generalmente quelle “generose buonuscite” sono calcolate  per garantire alle persone licenziate una continuità di reddito fino al momento del pensionamento secondo le regole esistenti al momento dell’esodo, niente di più, salvo casi del tutto eccezionali. Ma già, dimenticavo, di queste diffuse pratiche di esodo, la professoressa ha ammesso di non sapere molto.

O tempora, o mores…

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