Un nuovo agghiacciante massacro in Siria. Secondo i gruppi dell’opposizione, i Comitati locali di coordinamento e l’Osservatorio siriano per i diritti umani, almeno 86 persone sono state uccise nel villaggio di Qubair, vicino Hama.

Il massacro sarebbe stato compiuto dagli al Shabiha, le formazioni paramilitari filogovernative considerate responsabili anche del massacro di Hula. A quanto dicono Al Jazeera e Al Arabiya, però, stavolta le opposizioni accusano direttamente le forze di sicurezza del regime del presidente Bashar Assad, che avrebbero appoggiato l’azione dei miliziani bombardando il villaggio con l’artiglieria, prima dell’incursione casa per casa. Tra le vittime, anche in questo caso ci sarebbero molte donne e bambini.

Il governo siriano però respinge ogni accusa: «Quello che alcuni media hanno riferito a proposito di ciò che sarebbe successo ad al-Qubair, nella regione di Hama, è completamente falso – ha detto il governo in un comunicato diffuso dalla tv di stato siriana – Un gruppo terroristico ha compiuto un crimine odioso ad Hama, uccidendo nove persone. Le notizie diffuse dai media contribuiscono a versare il sangue dei siriani». L’artiglieria dell’esercito regolare siriano, tuttavia, è effettivamente entrata in azione, colpendo Maazarif, un altro villaggio a poca distanza da Qubair, una ventina di chilometri da Hama. Nella zona sta arrivando un tema di osservatori dell’Onu per verificare le differenti versioni sui fatti.

Al Jazeera riferisce la testimonianza di un attivista anti-regime di Hama, secondo il quale, «la maggior parte delle vittime sono state bruciate nelle loro case e molte sono state uccise con i coltelli, in modo terribile». Un’intera famiglia allargata, 35 persone in tutto, sarebbe stata completamente sterminata. Di fronte al rinnovarsi della repressione – mercoledì ci sono stati scontri anche in diverse zone della periferia di Damasco – il Consiglio nazionale siriano, il principale gruppo dell’opposizione, ha esortato il Free Syria Army a «intensificare le operazioni sul campo di battaglia», per allentare la pressione dell’esercito regolare sui civili nelle zone centrali del paese, le più devastate da quindici mesi di combattimenti.

La diplomazia, invece, arranca. La Russia ha cercato di rompere l’impasse proponendo una nuova conferenza internazionale con l’inclusione dell’Iran. L’idea però è stata bocciata da Gran Bretagna e Francia: «Penso che l’inclusione dell’Iran renda questa proposta impraticabile – ha detto William Hague, ministro degli esteri di Londra – Perché si tratta di un paese che sta appoggiando il regime e quello che sta facendo al suo stesso popolo». Parigi, intanto, ha convocato un nuovo incontro degli “amici della Siria” per il 6 luglio (il neo presidente francese François Hollande pochi giorni fa ha ammesso la possibilità di un intervento militare internazionale), mentre i paesi arabi e la Turchia si sono riuniti a Istanbul per discutere il da farsi. La segretaria di stato Usa Hillary Clinton ha mandato un messaggio al summit di Istanbul chiedendo che si lavori «per un pieno trasferimento di poteri» dal presidente Assad, la creazione di un governo pienamente rappresentativo ed elezioni libere e trasparenti.

La speranza di una qualche via d’uscita che possa all’ultimo momento evitare quella che sembra sempre di più una guerra civile a tutto campo, potrebbe venire ancora una volta da Kofi Annan. L’inviato speciale di Onu e Lega araba per la Siria dovrebbe presentare oggi un nuovo piano di pace, dopo il fallimento del piano originario che prevedeva un cessate il fuoco mai effettivamente entrato in vigore se non per pochissimi giorni. Il nuovo piano, secondo quanto scrive l’Associated Press, prevederebbe la creazione di un “gruppo di contatto”, che avrebbe il compito di elaborare una nuova strategia condivisa con Mosca e Pechino. L’Ap aggiunge che della situazione in Siria si dovrebbe parlare anche al summit del G20, in Messico, tra pochi giorni, ma intanto nell’agenda di Annan è previsto un incontro con gli ambasciatori di Usa, Cina, Russia, Francia e Gran Bretagna per cercare di superare lo stallo nel Consiglio di sicurezza dell’Onu prima che la nuova proposta venga presentata in modo ufficiale. Pechino e Mosca non sembrano voler cambiare idea: mercoledì, da Pechino dov’era in visita ufficiale, il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, in un comunicato congiunto con il suo omologo cinese, ha ribadito l’opposizione a qualsiasi intervento armato esterno e al «cambio di regime» che è invece l’obiettivo degli altri paesi del Consiglio di sicurezza e ha sottolineato che per la Russia «è essenziale rispettare tutte le condizioni del piano Annan».

Lo stallo, dunque, sembra destinato a continuare e il numero delle vittime destinato a salire. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, siamo ormai oltre i 13 mila morti da quando, il 15 marzo del 2011, sono iniziate le proteste contro Assad.

di Joseph Zarlingo

Articolo Precedente

11 settembre, nuovi indizi smentiscono la versione ufficiale

next
Articolo Successivo

Le Olimpiadi e il trionfo del conformismo

next