E’ riverberata persino tra gli impervi wadi desertici dell’Arabia Orientale l’eco del manrovescio diplomatico rifilato platealmente, dai leader europei che contano, al primo ministro italiano, i cui segni rimarranno metaforicamente stampati sulle gote liftate per gli anni a venire. Non era mai successo che dalle decisioni gravi su una guerra venisse escluso il governo del paese dal cui territorio vengono condotte le operazioni belliche più importanti. A meno che non si trattasse di una colonia. Persino alla Germania, che da questo conflitto si è defilata e a cui pare ostile, viene conferita voce in capitolo. Ma per le macchiette, ai tavoli che contano, posti non si riservano.

C’è poco da piagnucolare, come gli ascari dattilografi che blaterano di schiaffo ingiustificato sulle prime pagine, si dolgono dell’umiliazione e si infervorano di “sacrosanta indignazione”. Fintanto che si ballano i minuetti al G8 o al G20 un pagliaccio chansonnier a cena si può anche tollerare. Per quanto possa dare sui nervi ai commensali, trattasi di presenza innocua. Ma quando si affrontano faccende serie e gli eventi incalzano è inutile far finta di prestare attenzione al miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 o 1500 anni.

Del resto, anche un sovrumano sforzo di diplomazia sarebbe stato vano, perché ciò che oggi si afferma a Palazzo Chigi, domani si smentisce dalla Farnesina e comunque poco dopo arriva da Via Bellerio la dichiarazione che liquida il tutto con sussieguo. Che credibilità può avere un governo dove il ministro degli Esteri, che in questo momento riveste un ruolo cruciale, si inventa di sana pianta un’iniziativa congiunta con la Germania? Figurarsi se la Merkel, a rischio di liquidazione politica dopo un impressionante filotto di disfatte elettorali, abbia voglia di seppellire la propria residua credibilità presentandosi (senza sganasciarsi) di fronte ai media tedeschi ed internazionali per illustrare un’iniziativa sulla Libia insieme a Berlusconi. Saranno gli effetti dell’irradiazione solare in Val Badia o ad Antigua.

Tuttavia è fuorviante considerare l’umiliazione patita da Berlusconi e Frattini come il frutto di una decisione deliberata: lo sgarbo è comunque un atto rivolto all’indirizzo se non proprio di un potente almeno di qualcuno che conti qualcosa, che abbia un ruolo. A volte è un modo per colpire un avversario, di irritare un rivale, al limite di sottolineare una distanza. I primi ministri dei grandi paesi europei, c’è da scommettere, non nutrivano alcuno di questi propositi. L’Italia di Berlusconi per loro è semplicemente inesistente. Se proprio se ne fossero curati, al limite avranno pensato di fare un favore al vecchio istrione sul viale del tramonto. Non avranno voluto distoglierlo dallo show al Tribunale di Milano oppure dalle più piacevoli incombenze da sbrigare nei bassifondi di Arcore tra Coca Light e lap dance.

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