Medina ha un anno e otto mesi ma ne dimostra almeno quattro. Ha i seni e la vagina in fase di sviluppo. “A sei mesi aveva già imparato a parlare”, racconta Aliya, sua madre. Medina è nata a Berezovka, il villaggio dei veleni: 1.500 persone immerse nella steppa kazaka, dove i tetti sono lamiere e i bagni buche scavate in giardino. Qui la gente guadagna mediamente 40 mila tenghe al mese, l’equivalente di 220 euro. Eppure questa è una delle zone più ricche al mondo. Lo è da quando, 30 anni fa, si scoprì che sotto terra c’era il gas. Un mare di gas. Il giacimento, noto con il nome di Karachaganak, occupa un’area di 280 km quadrati, sotto la quale si nascondono 1,2 miliardi di tonnellate di petrolio e 1,35 trilioni di metri cubi di gas. A sfruttare il tesoro è un consorzio chiamato Kpo Bv, sede fiscale in Olanda, formato da quattro multinazionali. C’è la russa Lukoil, l’americana Chevron, l’inglese British Gas e l’italiana Eni. E proprio la compagnia di Stato italiana, controllata da ministero dell’Economia e Cassa Depositi e Prestiti, assieme a British Gas detiene le quote di maggioranza: il 32,5 per cento a testa.
Il gas del Karachagank, che da qui, dopo essere stato raffinato, arriva fino in Italia, allo stato originario contiene parecchie sostanze pericolose. Ci sono percentuali altissime di acido solfidrico, un composto chimico estremamente tossico, che respirato costantemente può causare malattie cardiovascolari, bronchite cronica, allergie alla pelle e agli occhi. Proprio le patologie più comuni tra gli abitanti del villaggio. Le sostanze più pericolose sono però chiamate mercaptani, presenti in alte percentuali negli idrocarburi di questa zona e considerati causa, oltre che di varie malattie mortali, anche di mutazioni genetiche. Aliya non conosce la parola mercaptani, ma sa bene che a Berezovka sono capitate troppe cose strane negli ultimi anni. Solo nella sua famiglia, quattro figlie su quattro sono costantemente ammalate. La prima ha un’allergia alla pelle, la seconda soffre di gastrite, la terza ha contratto una malattia agli occhi. La quarta è Medina, la bambina nata grande. Poi ci sono gli animali. Tre delle sue capre sono nate con le gambe lunghissime, tanto lunghe da non riuscire a camminare. Piangevano in continuazione e alla fine le hanno dovute sopprimere. Un’altra capra è nata senza gli organi facciali: niente naso e niente orecchie, aveva solo la bocca.

Quando c’era ancora l’Urss
A Berezovka l’aria è pesante, il respiro raschia in gola. Per le strade del villaggio c’è puzza di uova marce: “È acido solfidrico”, spiegano gli abitanti, abituati a questo odore nauseante da quando il consorzio ha iniziato a lavorare qui. Era il 1997, l’Urss si era da poco dissolta e il Kazakistan era diventato un paese indipendente. Il suo presidente, Nursultan Nazarbaiev, ancora oggi in carica, diede il via alle privatizzazioni. Una delle prime fu proprio quella del settore energetico. Il giacimento di Karachagank fu venduto al consorzio capitanato da Eni e British Gas attraverso un contratto chiamato Product Sharing Agreement, formula complessa che in sostanza significa: le società private estraggono il gas e incassano gli utili, lo Stato kazako si fa carico di tutti i costi necessari per l’avviamento dell’estrazione e si prende una percentuale su ogni metro cubo di gas estratto.
È estate, a Berezovka le scuole sono chiuse e a metà pomeriggio la temperatura sfiora i 40 gradi. Suindikov Magag Burekeshevic è l’unico dottore che opera nel villaggio. Vive qui da vent’anni e finora non aveva mai voluto parlare con i giornalisti: temeva di perdere il posto di lavoro. Stavolta invece parla, perché l’anno prossimo andrà in pensione e non ha più molto da perdere: “Il direttore del Policlinico centrale e il governatore della regione non sarebbero contenti se sapessero che mi sto facendo intervistare – premette – Non vogliono che si sappia di quello che succede qui. Ma io so che a causa delle sostanze contenute nell’acqua, quest’anno 46 persone sono state operate di appendicite. So che la maggior parte delle persone adulte ha problemi cardiovascolari, che i bambini soffrono di bronchiti croniche, di forti allergie cutanee, che molte donne sono morte per tumori al seno e alle ovaie e che c’è un alto tasso di persone colpite da adenomi. Credo che tutte queste malattie siano causate dallo sfruttamento del gas di Karachaganak, visto che fino a prima dell’inizio dell’estrazione solo poche persone avevano patologie di questo tipo”. Non è solo il medico locale a sostenere questa tesi. C’è anche una ricerca condotta da un’equipe medica dell’Università di Almaty, che mette in evidenza dati imbarazzanti, forse per questo mai pubblicati. Nel 2008 i medici hanno visitato tutti gli abitanti di Berezovka; poi hanno fatto lo stesso con quelli di Aleksandrovka, un villaggio di dimensioni simili, situato a 50 km da qui. Il risultato? Tubercolosi, tumori, bronchiti croniche, allergie alla pelle, agli occhi, infarti, calcoli ai reni: di tutte queste patologie, riscontrate con alte percentuali a Berezovka, gli abitanti di Aleksandrovka soffrono in minima parte.

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