Panetta (Bankitalia): “Salari reali sotto quelli del 2000. Recuperato solo in parte il potere d’acquisto perso causa inflazione”

Nonostante un timido recupero nel 2024, i salari reali degli italiani – cioè quelli che tengono conto dell’aumento dei prezzi – restano ben al di sotto dei livelli pre-pandemia. Addirittura sotto quelli del 2000. Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nelle sue considerazioni finali ha ricordato l’emergenza stipendi. “Dall’inizio del secolo, in linea con la stagnazione della produttività, le retribuzioni reali sono cresciute molto meno che negli altri principali paesi europei”, ha sottolineato. “Fino alla pandemia, l’aumento era stato appena del 6 per cento. Il successivo shock inflazionistico ha riportato i salari reali al di sotto di quelli del 2000, nonostante il recupero in atto dallo scorso anno”.
Nel 2024, complice la discesa dell’inflazione, si è registrata infatti una ripresa delle retribuzioni contrattuali (+4,5%), ma il potere d’acquisto resta lontano dai livelli pre-crisi: in termini reali, le buste paga sono ancora più leggere dell’8,6% rispetto al 2021. L’andamento positivo è stato trainato dai rinnovi contrattuali, ha detto Panetta, “diversamente da quanto accaduto nel 2023 quando la crescita (5,6 per cento) era stata trainata anche da significativi incrementi retributivi corrisposti oltre quelli minimi per compensare le perdite dovute all’inflazione”. Secondo via Nazionale a determinare il problema è una produttività stagnante, che frena la crescita. Le contromisure? “Per garantire un aumento duraturo delle retribuzioni è indispensabile rilanciare la produttività e la crescita attraverso l’innovazione, l’accumulazione di capitale e un’azione pubblica incisiva”
Cresce intanto l’occupazione, spinta proprio dalla contenuta dinamica dei salari negli ultimi anni che ha reso “l’input di lavoro”, nelle parole di Panetta, “relativamente più conveniente rispetto a capitale e beni intermedi“. Nel 2024 gli occupati sono aumentati di 352.000 unità, con incrementi più marcati nel Mezzogiorno, tra gli over 55 e nelle posizioni a tempo indeterminato. Il tasso di disoccupazione è sceso al 6,5%, il minimo degli ultimi quindici anni. Ma la partecipazione al mercato del lavoro, pur in crescita, resta al di sotto della media europea. Ed è aumentata nella fascia di età 55-64 anni mentre tra i più giovani è calata.
In positivo c’è il fatto che, stando all’analisi di via Nazionale, l’aumento delle ore lavorate per addetto (0,5 per cento) “è stato sospinto dal minore ricorso al part-time, la cui incidenza, secondo i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro (RFL) dell’Istat, è scesa di quasi un punto percentuale (al 16,8 per cento nella fascia di età tra 15 e 64 anni)”. Ed è “ancora diminuita la quota di coloro che svolgono un lavoro a orario ridotto, ma ne desidererebbero uno a tempo pieno, al 51,3 per cento, dal 54,8 nel 2023”.