Sparare ai diplomatici a Jenin è una ‘condotta inaccettabile’: ciò che accade a Gaza invece va bene?

“Condotta inaccettabile”. Con queste durissime parole, rivolte all’ambasciatore israeliano, il Ministero degli Affari Esteri ha stigmatizzato gli spari rivolti dall’IdF verso il convoglio che trasportava alcuni diplomatici, tra cui un italiano. Condotta inaccettabile, l’aver messo in pericolo uno dei “nostri”. Veniva considerata, invece, accettabile – e infatti è stata accettata – la condotta che ha portato e continua a portare la morte a migliaia di civili. C’è voluta qualche pallottola che ci sfiorasse, per smuovere il nostro governo, per capire che i soldati israeliani sparano e uccidono, perché hanno ordine di farlo.
Già, i morti degli altri contano sempre meno dei “nostri”. Non riusciamo a fare a meno di dare un passaporto anche alle vittime, a pensarle parte della stessa nostra umanità. Gli altri non ci appartengono. Un atteggiamento che si fonda su un più o meno conscio senso di identità, che porta alla svalutazione delle vite altrui.
Una delle cifre più tristi della nostra contemporaneità è la scomparsa totale da ogni retorica politica della parola “solidarietà”. Dimenticarsi di questo fondamentale principio significa condannarci a una solitudine totale, all’indifferenza verso le sofferenze altrui. Così, diventa “accettabile” ogni violenza e altrettanto accettabile non prendere alcuna posizione, come vergognosamente ha fatto il nostro governo. Governo che finisce per essere assolto dal peccato di ignavia, alla luce del fatto che, stando ai sondaggi, non pare perdere consensi, il che significa che alla maggior parte della gente in fondo non importa molto delle decine di migliaia di persone uccise. L’importante è che non si spari sui “nostri” diplomatici.