Quant’è concreta la minaccia di un’invasione russa? Vi propongo un esperimento mentale

di Angelo Palazzolo
Da tre anni a questa parte, con la violenza di un coro unanime che sentenzia da altezzosi pulpiti, il mainstream politico e mediatico europeo cerca di inculcare nella mente dei cittadini europei una terribile minaccia: la Russia sta per invaderci. La Russia – spiegano questi nuovi acuti analisti di geopolitica – non si limiterà ad annettere i territori del Donbass, ma invaderà l’intera Ucraina e poi si spingerà oltre, verso i Paesi baltici e una volta conquistati questi, andrà alla conquista dell’Europa Centrale. “Se non ci fosse la Nato armata, Putin era già arrivato a Lisbona” sentenziò un illuminato Severgnini nella puntata di Otto e Mezzo del 23 marzo 2022. Ebbene, ipotizziamo che i luminari che governano la Ue e gli esperti (più o meno prezzolati) che fanno da grancassa alle loro farneticazioni avessero avuto ragione sin dall’inizio, catapultiamoci all’indomani dell’invasione russa e, attraverso un’analisi contro-fattuale, addentriamoci in un viaggio immaginario.
La premessa di questo nostro esperimento mentale è che la Nato, il giorno dopo l’invasione russa, non fornisce all’Ucraina né finanziamenti, né armi; le conseguenze sono che l’Ucraina, non essendo in grado di difendersi da sola, capitola in pochi giorni e che l’Armata Rossa sfila trionfante sulle strade di Kiev. Proiettandoci in questo fantasioso contesto, potremmo ipotizzare che anche se Nato e Ue non fossero intervenuti sul campo, gli Stati europei avrebbero comunque condannato l’aggressione di Putin e analogamente avrebbero fatto gli altri Paesi che riconoscono il diritto internazionale. Putin avrebbe vinto la guerra contro l’Ucraina, ma avrebbe perso credibilità in tutto il mondo e avrebbe rischiato quell’isolamento internazionale tanto auspicato dall’Ue e mai avvenuto nella realtà.
Lo stesso isolamento che ha subìto Hamas i giorni successivi al 7 ottobre 2023, lo stesso isolamento che subirebbe il governo di Israele oggi se non fosse vigliaccamente coperto dalla pavidità e dagli interessi della maggior parte dei governi occidentali; insomma l’isolamento che origina dallo sdegno che conservano i popoli e i governi liberi, quando sono messi di fronte ad una palese violazione del diritto internazionale, ma anche semplicemente ad una palese ingiustizia, non più giustificabile con l’infinito rimando alla catena di cause ed effetti che ognuno utilizza pro domo sua.
[…] Torniamo all’esperimento mentale, realizzando gli avvertimenti funesti dei governanti Ue. Dopo aver sfilato con i propri carri armati T-90 per le strade di Kiev, l’insaziabile Putin, avendo avuto buon gioco dell’Ucraina, si rivolge ora ai Paesi baltici. Di nuovo, la Nato non interviene (stavolta contravvenendo all’art. 5 del proprio Trattato) e la Russia invade l’Estonia, la Lettonia e la Lituania, che (assumiamo) non hanno difese per impensierire l’esercito russo. E poi? Se anche l’invasione russa andasse in porto con poche perdite militari, la parte più difficile per Putin sarebbe quella successiva alla conquista militare, cioè il mantenimento di territori a lui ostili.
I Paesi baltici, al pari della parte occidentale dell’Ucraina, covano un risentimento atavico per la Russia. Se Putin intendesse occupare militarmente “sine die” questi territori si scontrerebbe contro un continuo succedersi di sabotaggi e atti terroristici, sarebbe necessaria un’occupazione militare massiccia e costante e ciò richiederebbe un enorme impiego di risorse umane, in particolare di militari e forze di polizia che dovrebbero essere distratti da altri luoghi e altre attività. Putin, sanguinario quanto si vuole, ma né pazzo, né scemo (a differenza di molti politici europei che, se non lavorano per indicibili tornaconti personali, allora mi sembrano limitati cerebralmente) opterebbe per una soluzione politica e non militare dell’occupazione di questi Paesi e istituirebbe dei governi-fantoccio come quello di Lukashenko in Bielorussia, governi solo formalmente indipendenti ma in realtà del tutto allineati a Mosca.
Proiettandoci in un simile scenario, la mia tesi è che la capacità di resistere dei popoli ucraini e baltici alla forte repressione, propaganda e disinformatia russa (o dei neonati regimi satelliti di Mosca) sarebbe direttamente proporzionale al grado di maturità democratica e liberale raggiunto da questi popoli. In altre parole, sarà più facile per Mosca soggiogare un popolo che ha sviluppato pochi anticorpi contro le dittature e le tirannie, piuttosto che affrontare quotidianamente stuoli di partigiani pronti a morire per riconquistare le libertà perdute.
Se dovessi fare una previsione dei popoli che più difficilmente si lascerebbero domare da un regime esterno, mi baserei sul ranking di democraticità stilato ogni anno da The Economist (Democracy Index) e dall’Indice di libertà di stampa prodotto da Report senza frontiere (World Press Freedom Index): più è alto il grado di democraticità e di libertà di stampa raggiunto dai Paesi in questione, più difficile sarà sottomettere e annettere quelle popolazioni. L’Ucraina, in base a questo criterio, sarebbe la prima a cedere, i Paesi baltici – data la maturità democratica e il grado di libertà di stampa raggiunto – opporrebbero una resistenza estenuante ed irriducibile. Per Putin, o chi per lui, diventerebbe un incubo controllare questi territori.
Immaginiamo infine, per puro onanismo mentale, cosa succederebbe se i cosacchi occupassero Parigi, Berlino, Roma, Madrid e l’ormai mitologica Lisbona. Non passerebbe giorno senza un attentato ai soldati e agli amministratori filo-russi.
Non c’è modo per cui una dittatura esterna possa riuscire a mantenere stabilmente il proprio dominio sui Paesi Ue, soprattutto sulle democrazie più mature, laddove il diritto di pensiero, di parola, di critica e di stampa è universalmente considerato sacrosanto ed inviolabile, è diventato un elemento essenziale dello spirito europeo. Qualunque despota invasore non si troverebbe a fronteggiare un esercito di migliaia di soldati, ma dovrebbe vedersela con l’intera popolazione locale. Per fare un esempio concreto, in Italia, Putin non dovrebbe preoccuparsi dei 50 carri armati operativi di cui disponiamo e che (con sforzi e sacrifici inauditi) magari diventano 300, ma dovrebbe fronteggiare ogni giorno 60 milioni di partigiani, pronti a sacrificarsi per difendere le proprie libertà.
La vera forza dei Paesi dell’Unione Europea è questa! L’unica vera garanzia e deterrenza contro qualunque tiranno che voglia attentare alla nostra amata democrazia è avere una popolazione libera, informata e critica contro il potere.
Finito l’esperimento mentale e tornando alla realtà, il rischio vero e immensamente concreto che l’Ue sta correndo è quello che i propri cittadini diventino sempre meno democratici, sempre più acritici verso il potere, in breve, sempre meno liberi. Le insopportabili menzogne che gli attuali politici di Bruxelles e i loro megafoni mediatici hanno propinato al popolo europeo negli ultimi tre anni sono il segno distintivo di un cambiamento pericoloso. Von der Leyen e i suoi sodali stanno attentando alla capacità europea di difendersi, stanno svuotando l’U3 di un arsenale che vanta le migliori armi in circolazione contro l’autoritarismo (democrazia, libertà di espressione, stato di diritto, tolleranza, diversità, trasparenza), arsenale costruito lentamente ma costantemente per ben 80 anni, un armamentario quasi unico al mondo, vanto dell’umanità, che stanno smantellando per farci gareggiare invece nel campo bellico, un àmbito che non ci appartiene più (vivaddio!) e dove non potremo mai primeggiare.
Quando le procedure democratiche si scavalcano per far approvare un piano di riarmo senza passare dal Parlamento, ignorando il parere dell’ufficio legale e il voto contrario all’unanimità della commissione giuridica dell’Eurocamera, quando sempre la von der LIAR al Congresso del Ppe di Valencia afferma, contro ogni evidenza empirica, che “i cittadini dell’Unione sono in grandissima parte favorevoli al riarmo”, allora vuol dire che questa classe politica corrotta (nel senso paretiano e nel senso comune del termine) sta preparando il terreno per un cambiamento culturale tutto proteso verso l’autoritarismo che – a parole – affermano di voler combattere.
Disarmando l’Europa dei propri valori la stanno rendendo terreno di conquista per il primo dittatore che arriva. Io non temo il Putin russo ma il Putin che segretamente alberga negli animi di von der Leyen, Kallas e compagnia belligerante e che – paventando rischi immaginari di cattivi che vogliono invaderci – stanno smantellando tutto il buono che c’è nella nostra Europa.