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Terzo mandato, la Consulta sul no a De Luca: “Limite è principio fondamentale, le Regioni non possono contraddirlo”

Per la Corte il divieto di rieleggibilità dei governatori è direttamente applicabile: illegittima quindi la legge della Campania che voleva aggirarlo con la scusa di recepirlo
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Le leggi elettorali delle Regioni a statuto ordinario “non possono, a pena di illegittimità costituzionale, violare il principio” del divieto di terzo mandato consecutivo dei presidenti, “che è ormai parte integrante dei rispettivi ordinamenti”. Lo scrive l’Ufficio stampa della Corte costituzionale nel comunicato sulle motivazioni – depositate giovedì – della sentenza che il 9 aprile ha bocciato la legge elettorale della Campania, nella parte in cui avrebbe consentito al governatore Pd Vincenzo De Luca di ricandidarsi alla carica per la terza volta (contro il volere della segretaria del suo partito, Elly Schlein). La legge quadro del 2004, attuativa dell’articolo 122 della Carta, stabilisce infatti chiaramente che le leggi elettorali regionali devono prevedere divieto di rieleggibilità dopo due mandati. A novembre, però, il Consiglio regionale campano aveva aggirato il limite, con una legge in cui ha recepito la regola statale deliberando però allo stesso tempo che il computo sarebbe partito dal mandato in corso, già il secondo per De Luca. A gennaio quindi il governo aveva impugnato la legge di fronte alla Consulta, ottenendo ragione.

La sentenza della Corte – relatore Giovanni Pitruzzella – ricostruisce innanzitutto la ragione del limite di due mandati, definito, durante i lavori parlamentari, “uno strumento volto a impedire che si vada verso una forma di governatorato assoluto, senza limiti di tempo”. Il divieto di candidarsi, riassume il comunicato della Consulta, è “un principio fondamentale della materia elettorale” e quindi è autoapplicativo, nel senso che, “per essere applicabile, non necessita di alcuna integrazione da parte del legislatore regionale. Nel caso della Regione Campania”, in particolare, “il divieto è divenuto operativo con l’entrata in vigore della leggeelettorale del 2009, “la quale non reca alcuna disposizione che a esso illegittimamente deroghi”. Insomma, per renderlo applicabile non serviva una nuova legge, e in ogni caso quella legge non può contraddire la legge quadro statale in materia. “La disposizione impugnata”, conclude la nota, “si pone dunque in contrasto con il ricordato principio fondamentale, in violazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione”.

Infine, precisano i giudici, “nessun rilievo può essere attribuito alla circostanza che analoghe leggi regionali volte a impedire l’operatività del principio del terzo mandato consecutivo” – in primis quella varata nel 2012 dal Veneto di Luca Zaia – non sono state impugnate dal presidente del Consiglio dei ministri: la loro eventuale illegittimità costituzionale”, si legge, “ben può essere fatta valere, nei modi previsti dall’ordinamento, in via incidentale“, cioè da parte di un giudice chiamato ad applicarle. Nel prossimo Cdm, peraltro, il governo è intenzionato a impugnare anche la legge che consente il terzo mandato al presidente leghista della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti. Il Trentino però è un ente a statuto speciale, a cui quindi formalmente non si applicano i principi dettati dalla Corte costituzionale nella sentenza sulla Campania.

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