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Risarcimento per il medico accusato ingiustamente di aver dato farmaci letali a pazienti Covid

Brescia - Carlo Mosca, primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari, venne arrestato. Per i giudici fu calunniato da due infermieri
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Dal 25 gennaio del 2021 al primo luglio 2022. Tanto era stato agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio volontario prima di essere assolto per non aver commesso il fatto. Ora per quei 522 giorni di ingiusta detenzione il medico Carlo Mosca dovrà essere risarcito per ingiusta detenzione. È la decisione del Tribunale di Brescia che ha accolto l’istanza degli avvocati del medico che da primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari venne arrestato perché secondo la pm Federica Ceschi durante la prima fase del Covid aveva ucciso due pazienti somministrando loro farmaci usati solitamente per intubare.

Il pm chiese la condanna a 24 anni di carcere nonostante emersero fin dall’inizio del processo delle contraddizioni da parte dei due infermieri che avevano accusato il primario. “È stata un’accusa calunniosa di omicidio, tanto più infamante in quanto rivolta a un medico, ossia a una persona avente vocazione salvifica e non certamente esiziale. Di enormi proporzioni è stata soprattutto l’afflizione arrecata all’imputato, che ha patito un’ingiusta e prolungata limitazione della libertà personale e rischiato di subire una condanna all’ergastolo, con gravissime ripercussioni sul piano sia umano che professionale, cui il verdetto assolutorio può porre solo parziale rimedio” scrisse il presidente della Corte d’Assise Roberto Spanò nelle motivazioni della sentenza di assoluzione di primo grado diventata poi definitiva. I giudici avevano trasmesso gli atti in procura per calunnia nei confronti dei due infermieri che avevano accusato il camice bianco.

Falsa quindi l’accusa che lo riteneva responsabili della morte di due pazienti, di 61 e 79 anni, ricoverati a marzo 2020 nella prima drammatica ondata Covid nel Bresciano. Secondo l’accusa il medico avrebbe somministrato Propofol e Succinilcolina, “farmaci incompatibili con la vita” che andrebbero utilizzati prima dell’intubazione di un paziente. Intubazione che nei casi in questione non era mai stata eseguita. A denunciare il caso erano stati due infermieri. Mosca aveva sempre negato parlando di complotto: “Io non ho somministrato il Propofol. Qualcuno ha voluto farmi del male e può averlo iniettato a paziente già morto”. Argomenti che avevano convinto la corte d’assise che ha deciso per l’assoluzione.

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