Csm, verso l’archiviazione la pratica contro il pm della mail “anti-Meloni”: “Libera manifestazione del pensiero”

“La segnalazione si risolve in una censura a un intervento svolto in seno a una mailing list non pubblica, ambito, come è noto, riconducibile a quello della corrispondenza privata per la quale vige la tutela della libera manifestazione del pensiero“. Con questa motivazione la Prima Commissione del Consiglio superiore della magistratura chiede al plenum di archiviare la pratica su Marco Patarnello, il pm della Cassazione finito sotto attacco lo scorso ottobre per un suo intervento sulla mailing list dell’Associazione nazionale magistrati – aperta solo agli iscritti – in cui definiva l’azione politica di Giorgia Meloni “molto più pericolosa” di quella di Silvio Berlusconi, avendo come obiettivo “la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto” personale.
La mail, pubblicata dal quotidiano Il Tempo, era stata rilanciata dalla stessa premier innescando un’aggressione mediatica da parte della maggioranza, facilitata dal fatto che Patarnello sia un esponente di Magistratura democratica, storica corrente progressista (di recente è stato eletto per il gruppo al Comitato direttivo centrale, il “parlamentino” dell’Anm). “Non dovrebbe più essere al suo posto”, aveva detto il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini. L’offensiva si era in breve spostata al Csm, dove la falange dei “laici” di centrodestra (i consiglieri eletti dal Parlamento in quota maggioranza) aveva chiesto l’apertura di un procedimento disciplinare e di una pratica di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale a di carico Patarnello. Secondo i consiglieri Felice Giuffrè, Claudia Eccher, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini ed Enrico Aimi, le dichiarazioni sulla mailing list “minano la credibilità e la terzietà del magistrato, essendo rivelatrici dell’inclinazione di taluni magistrati e di alcune frange della magistratura associata, a interferire, con un’azione unitaria e coordinata, in attività che nell’ordinamento costituzionale sono riservate agli organi di indirizzo politico“.
La segnalazione è stata trasmessa ai titolari dell’azione disciplinare, ministro della Giustizia e procuratore generale della Cassazione, che però non risulta abbiano aperto procedimenti contro Patarnello. La Prima Commissione del Csm ha invece chiesto a maggioranza l’archiviazione della pratica di incompatibilità ambientale, con il voto contrario del consigliere Aimi (Forza Italia) e le astensioni, unicamente sulla motivazione, del togato Tullio Morello (della corrente progressista di Area) e del laico in quota M5s Michele Papa. Alla fine del testo della delibera, infatti, è stato aggiunto un passaggio che suona come una critica indiretta a Patarnello, voluto in particolare dal relatore della pratica, il togato indipendente Andrea Mirenda (unico eletto senza l’appoggio delle correnti). Nonostante l’assenza dei presupposti del trasferimento d’ufficio, si legge, “l’ampia risonanza mediatica” dell’intervento, “sfuggito alla riservatezza cui era destinato (…) rende comunque opportuno ribadire l’attualità” di una pronuncia della Corte costituzionale del 1981 che, nel circoscrivere la libertà di manifestazione del pensiero, impone ai magistrati di essere imparziali e indipendenti come “regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza e imparzialità nell’adempimento del loro compito”.