Dibattito acceso nell’Aula della Camera sul ddl intercettazioni, il provvedimento – già approvato dal Senato – che fissa a 45 giorni la durata massima degli ascolti in assenza di “elementi specifici e concreti” per prolungarla. La maggioranza ha deciso di respingere tutti gli emendamenti che puntano a escludere dalla “tagliola” i reati del cosiddetto codice rosso, cioè quelli di violenza contro le donne. Allo stesso tempo, però, sette deputati del centrodestra hanno presentato un ordine del giorno – cioè un atto di indirizzo non vincolante – in cui si chiede di realizzare la stessa modifica con un intervento successivo. La Camera “impegna il governo ad adottare le opportune iniziative normative al fine di estendere il termine massimo di durata complessiva delle operazioni di intercettazione nelle indagini vertenti sui delitti di violenza sessuale e di violenza di genere, stalking, revenge porn e pedopornografia”, si legge nell’odg firmato da Ingrid Bisa e Laura Ravetto (Lega), Tommaso Calderone e Annarita Patriarca (Forza Italia), Carolina Varchi (FdI), Mara Carfagna e Martina Semenzato (Noi moderati). “L’approvazione di tale correttivo, nel conferire una priorità a queste fattispecie criminose, si inserirebbe nella strategia condivisa dal governo per rafforzare la risposta istituzionale contro tali reati”, scrivono i parlamentari. Con ogni probabilità il governo darà parere positivo e l’atto verrà approvato.

Un’incoerenza su cui affondano le opposizioni, accusando il centrodestra di sacrificare la tutela delle donne al solo scopo di approvare il ddl senza un nuovo passaggio al Senato. “Dopo aver bocciato gli emendamenti, la maggioranza tenta di ripulirsi la coscienza con un ordine del giorno. Una scelta incomprensibile e irresponsabile, che penalizza gravemente le vittime. Se davvero si voleva correggere questo limite assurdo, bisognava farlo subito con un intervento legislativo chiaro”, accusa la responsabile Giustizia Pd Debora Serracchiani. Per Federico Gianassi, capogruppo dem in Commissione Giustizia, “la scelta della maggioranza è solo una foglia di fico per nascondere l’imbarazzo che serpeggia anche tra i suoi stessi banchi”. “Deve essere introdotta qui la deroga”, incalza la sua omologa M5s Valentina D’Orso, “non è sufficiente un ordine del giorno. Avrete sulla coscienza quello che può accadere anche in pochi giorni” di mancata copertura normativa, avverte rivolgendosi alla maggioranza. Durissima la pentastellata Chiara Appendino: “State facendo uno scempio. Sapete quanto è difficile per una donna trovare il coraggio di denunciare? Sapete quanto è difficile emanciparsi e provare ad allontanarsi dal suo carnefice? Beh, sarà molto più difficile da domani. Abbiate un sussulto di dignità”, attacca.

Nel corso della discussione su uno degli emendamenti, la deputata M5s Anna Laura Orrico ha raccontato un episodio personale: “Da giovane sono stata vittima di violenza. Ho avuto un fidanzato che non capiva il senso del no. Quando lo lasciai iniziò a seguirmi sotto casa, si faceva trovare dietro agli angoli del mio quartiere. Vent’anni fa non si pensava di violenza contro le donne, non c’era nessun meccanismo di prevenzione e ne uscii grazie alle amiche alle quali confessai la difficoltà in cui mi trovavo. Faccio un appello a quest’Aula ad approvare questo emendamento perché oggi gli strumenti di indagine ci sono e le intercettazioni sono uno di questi, nessuna donna è tutelata finché non è consapevole e le istituzioni non la proteggono”, ha ricordato (video).

Tra mercoledì e giovedì in Aula sono stati respinti circa metà dei 25 emendamenti “segnalati” per la votazione: i restanti saranno affrontati la settimana prossima, quando si discuteranno e voteranno anche gli ordini del giorno, per poi arrivare all’ok finale che farà diventare legge il provvedimento. Sulla riforma interviene anche l’Associazione nazionale magistrati con il vicepresidente Marcello De Chiara: “Dopo l’abolizione del reato di abuso di ufficio, la nuova disciplina sulle intercettazioni determina il rischio di creare ulteriori sacche di impunità“, dice. “Non si è dato alcun rilievo al dato esperienziale in base al quale, nel periodo prossimo alla commissione del reato, i soggetti che delinquono fanno un uso sempre più accorto del mezzo telefonico o utilizzano strumenti di comunicazione più sofisticati. Limitando la durata delle intercettazioni a 45 giorni per tutti i reati comuni, indipendentemente dalla loro gravità, lo Stato rinuncia ad acquisire elementi che possono essere indispensabili per il contrasto ai reati contro soggetti vulnerabili ed ai reati contro la pubblica amministrazione”, avverte.

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Orrico (M5s) in Aula: “Io vittima di violenza da giovane, mi aiutarono le amiche. Oggi ci sono strumenti, no alla stretta sulle intercettazioni”

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