Niente più intercettazioni oltre una durata massima di 45 giorni, “salvo che nei procedimenti in materia di criminalità organizzata oppure quando l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, oggetto di espressa motivazione”. Lo prevede l’emendamento presentato dalla relatrice, l’ex ministra leghista Erika Stefani, al ddl sulle intercettazioni firmato dal senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, in discussione in Commissione Giustizia. In sostanza, se adesso gli ascolti possono essere prorogati senza limiti dal gip, su richiesta del pm, per periodi successivi di 15 giorni, domani la regola diventerà un’altra: andranno staccati al più tardi dopo un mese e mezzo.

La nuova tagliola non scatta solo se si procede per associazione per delinquere o per reati ad aggravante mafiosa, oppure se dai nastri emergono “elementi specifici e concreti” per andare avanti. Anche in quest’ultima espressione è nascosta una stretta: al momento, infatti, per ottenere la proroga serve dimostrare l'”assoluta indispensabilità” del mezzo di ricerca della prova, che può essere ritenuta sussistente anche nel caso in cui gli indagati, come spesso accade, per un certo periodo non dicano nè facciano nulla di compromettente. Con la nuova norma, invece, il pm dovrà per forza portare al giudice un “risultato” investigativo entro i primi 45 giorni.

L’emendamento Stefani sostituisce l’articolo 2 del ddl Zanettin, che prevedeva il divieto di concedere proroghe “se nel corso degli ultimi due periodi di intercettazione precedenti” non fossero “emersi elementi investigativi utili alle indagini”. Al fattoquotidiano.it il senatore azzurro si esprime positivamente della proposta della collega: “Mi pare in linea con gli esiti dell’indagine conoscitiva sulle intercettazioni che abbiamo svolto in Commissione. Non ho ancora avuto tempo di studiarlo nel dettaglio, ma mi sembra una soluzione equilibrata”. Apertura di credito anche dal dem Alfredo Bazoli: la proposta Stefani “a prima vista sembra migliore” del testo originale, dice, annunciando comunque che il suo gruppo presenterà subemendamenti per ampliare il novero dei reati esclusi dalla nuova norma.

Diverso il parere degli addetti ai lavori: per Stefano Musolino, procuratore aggiunto di Reggio Calabria e segretario di Magistratura democratica (storica corrente di sinistra delle toghe) “la prima formulazione era molto più razionale, mentre quella proposta dalla relatrice crea una presunzione di irrilevanza del mezzo di ricerca della prova decorsi i 45 giorni, che è smentita dall’esperienza giudiziaria”. Ancora più netto Giovanni Zaccaro, leader di Area, l’altro gruppo progressista: “A volte sembra che i magistrati siano una manica di spioni. Ma non ci si rende conto che molti reati, anche non di criminalità organizzata, possono emergere solo grazie alle intercettazioni, perché si fondano sull’accordo collusivo fra gli autori o sulla speranza di omertà delle vittime”.

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