Cinema

Eleonora Giorgi come un camaleonte al cinema: dalla commedia sexy all’italiana alla svolta ironica e comica di “Mani di Velluto” con Adriano Celentano

Il ribaltamento degli equilibri e stereotipi di genere è compiuto, ma la bellezza e il fascino di Giorgi ragazzina rimane indelebile nell’avventurosa e popolare storia del cinema italiano

di Davide Turrini
Eleonora Giorgi come un camaleonte al cinema: dalla commedia sexy all’italiana alla svolta ironica e comica di “Mani di Velluto” con Adriano Celentano

Assatanata monaca di clausura, studentessa senza veli che seduce il papà dell’amica, contessa altrettanto nuda tra le calli veneziane, giovinetta palpata da un allupato Domenico Modugno e pure ragazza bramosa di sadomaso.

Se Eleonora Giorgi (morta a 71 anni per tumore) è diventata un’icona del cinema comico popolare degli Anni Ottanta lo deve, oltre ad una cristallina sfrontatezza nell’apparire, anche ad una buona domanda di cinema erotico anni settanta: quello sporcaccione dei buchi delle serrature contese; quello dove masse di italiani sfogano la loro libido nel buio di una sala; quello dove i corpi delle donne si scoprono di fronte all’assoluta meraviglia esplorativa maschile in mancanza di un ancora imberbe pornografia.

Non scherziamo affatto nel dire che la Giorgi è stata prima di ogni altra cosa un giovanissimo soggetto e oggetto del desiderio degli italiani, protagonista di commedie sexy, di erotici o di veri e propri torbidi thriller ante Basic Instinct. È lo zeitgeist, lo spirito di un’epoca che va riportato senza infingimenti, riconosciuto, analizzato e non cancellato. La concorrenza con altre “donne nude” che invadono lo schermo e ricevono l’abbraccio dello spettatore è palese.

Più vicine al suo approccio candido, serio e innocente ci sono Ornella Muti, Gloria Guida, Laura Antonelli, mentre più sfrontate e disinvolte, più inclini fin da subito al registro comico scollacciato ci sono Edwige Fenech, Anna Maria Rizzoli, Lilli Carati, Barbara Bouchet.

Nella sua biografia – Nei panni di un’altra (Mondadori) – la giovanissima Giorgi, modella a ridosso della maturità scolastica, ricorda il provino casuale per Storia di una monaca di clausura (1973) di Domenico Paolella e prodotto dal figlio di Gino Cervi, Tonin. “Così con quelle stringhe del corsetto sul davanti semiaperte, quella massa di capelli biondi, il viso leggermente truccato, mi avevano portato davanti la macchina da presa, dove c’era solo una sedia in stile antico dallo schienale alto. “Vai dietro la poltrona, stai nascosta, e poi sbuca, prima con il viso e poi con tutto il corpo’. Mi vergognavo ma non volevo fare brutta figura, così avevo eseguito tutto con un’espressione soave e disinvolta”.

A questo esordio dove Giorgi si mostrerà in un paio di istanti senza veli, l’attrice dedica un paragrafo intitolato Il mio corpo, dove rievoca la scena erotica in cui le monache del racconto (Catherine Spaak, Suzy Kendall, Martine Brochard) la accudiscono e la spogliano: “Quella scena di nudo pur diretta e fotografata con grande gusto e priva di malizia, era solo un pretesto per stuzzicare l’erotismo negli spettatori maschi e mi imbarazzava. L’avevo gestita con candida e sportiva indifferenza ma dentro di me ero avvilita”.

Ma dalla monaca di clausura alla studentessa che mette in subbuglio il capofamiglia (Gabriele Ferzetti) di un nucleo borghese in Appassionata (1974) il passo è breve. Si tratta del celebre incontro e lavoro sul set con l’allora diciottenne Ornella Muti, già in rampa di lancio e affermata star spesso dal corpo scoperto. Le donne si spogliano e si guardano. Sta mutando un’epoca, cinematografica e culturale: dai primi piani e costumi tutti d’un pezzo alle figure intere senza veli. Giorgi la affronta con quella disinvoltura e timore che contraddistingue tante ragazze che in quegli anni diventarono sex symbol di massa. “A tre mesi dal mio esordio non avevo ancora capito che avrei potuto decidere io stessa, a prescindere dal risultato, che cosa proporre di me”.

Poi le parti simili si accumulano (talvolta cinque in un anno) e Giorgi ancora 21enne vince un David di Donatello come attrice esordiente. Si ritrova a Taormina tra il gotha dei grandi del cinema “alto” – Gassman, Delon, Fellini, la Vitti, Liv Ullman: “Quando hanno chiamato il mio nome ed ero salita sul palco del teatro gremito dagli spalti bui era arrivata una prima voce, e in un attimo se ne erano aggiunte tante altre, fino a diventare un autentico clamore: “Nuda, nuda, nuda”.

Qualsiasi dubbio possibile sulla natura del mio successo era stato spazzato via”. Così come l’esordio e le prime tappe diventano un complicato rimescolamento tra esposizione del proprio corpo e voglia di emergere; tempo qualche anno e ai film erotici si affiancano e si mescolano, dinamica tipica di quel decennio anche per attori maschi, titoli di maggiore spessore o d’essai anche se spesso piccanti. Si passa da Cuore di cane di Lattuada (1975) a L’Agnese va a morire di Giuliano Montaldo (1976), da Liberi armati pericolosi di Romolo Guerrieri a il pruriginoso Dimenticare Venezia di Franco Brusati (1979).

La stessa Giorgi racconta di quegli anni comunque spensierati, con tanto di esperienze di droghe (c’è il racconto sull’incontro con un’amica a casa di Mario Schifano strafatto e suo fan), come fossero comunque positivi e costruttivi per la propria maturità di donna; anche se sarà l’incontro e il matrimonio con Angelo Rizzoli a orientare la Giorgi in quella che diventerà una direzione esclusiva: la commedia brillante oltretutto dai grandi incassi in sala.

La svolta è “Mani di velluto” con Adriano Celentano (1979) di Castellano e Pipolo, a cui seguiranno “Mia moglie è una strega” con Renato Pozzetto (1980), l’intramontabile “Borotalco” con Carlo Verdone (1982) e “Mani di fat”a (1983) sempre con Pozzetto dove è la Giorgi la donna in carriera mentre l’uomo arranca nel lavoro finendo a fare i lavori di casa. Il ribaltamento degli equilibri e stereotipi di genere è compiuto, ma la bellezza e il fascino di Giorgi ragazzina rimane indelebile nell’avventurosa e popolare storia del cinema italiano.

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