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Finalmente cinque referendum per cambiare in meglio la vita delle persone: perché voterò Sì

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Fra pochi mesi saremo chiamati a esprimerci sui cinque quesiti referendari che la Corte Costituzionale ha ritenuto validi. Sono questioni non formali, ma materiali, che potrebbero non solo dare una direzione diversa alla politica italiana, ma soprattutto cambiare in meglio la vita di milioni di persone.

Da decenni ormai, purtroppo, le riforme del lavoro hanno progressivamente precarizzato e impoverito la vita di milioni di persone. È tempo di rendersi conto che la rotta va invertita.

Ecco, quindi, il senso del primo quesito:

tonare al principio di inammissibilità dei licenziamenti illegittimi. Abrogare perciò il decreto legislativo 2015/23 (il cosiddetto “Jobs Act”) che ha consentito alle imprese con più di 15 dipendenti di non reintegrare i lavoratori ingiustamente mandati a casa. La libertà di interrompere il rapporto di lavoro senza giusta causa è uno strumento nelle mani dei datori, che impongono bassi salari e condizioni di precarietà a lavoratori sempre ricattabili con la minaccia del licenziamento.

Secondo quesito:

È chiaro – come diciamo insieme al sindacato da anni – che tutele maggiori in tal senso vanno estese alle imprese con meno di 16 dipendenti. Questo lo scopo dell’abrogazione del limite delle 6 mensilità di risarcimento, in caso di licenziamento illegittimo. L’indennizzo deve essere definito sulla base della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età del lavoratore.

Terzo quesito:

Soprattutto, in un Paese in cui circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato, è tempo di porre un limite all’abuso di queste forme contrattuali. Precarietà e lavoro povero viaggiano insieme: il lavoro è povero anche perché l’80% dei contratti di lavoro che vengono attivati è precario. Abrogando le disposizioni che permettono di instaurate rapporti a termine fino a 12 mesi senza giustificazioni (ossia l’articolo 19 del decreto legislativo 15 2015/81), si ripristina l’obbligo di causali per il ricorso a tali contratti.

Quarto quesito:

Ogni anno muoiono 1000 persone sul lavoro. Significa che non basta aumentare la vigilanza (cosa che comunque il governo non fa): bisogna cambiare le leggi, affermando innanzitutto la responsabilità dell’impresa appaltante in caso di infortunio nelle ditte in appalto. Ecco perché abrogare le norme attuali, che permettono di concedere appalti a imprese spregiudicate, non in regola e prive di solidità finanziaria, e di estendere la responsabilità dell’imprenditore committente.

Quinto quesito:

Infine – ma non meno importante – il tema della cittadinanza italiana. In questo caso, la vittoria del sì potrebbe cambiare la vita a circa 2,5 milioni di persone di origine straniera. Persone nate e cresciute qui, che studiano, lavorano e pagano le tasse in Italia. Ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia per avanzare la domanda di cittadinanza (che sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni) significa vincere una prima grande battaglia contro la destra nemica di ius soli e ius scholae. La stessa destra che, insieme ai respingimenti mascherati, all’esternalizzazione delle frontiere e al rafforzamento dei CPR, tollera e promuove proprio quel mercato del lavoro che si nutre della manodopera straniera come di una massa di nuovi schiavi.

Schieriamoci con convinzione, cerchiamo di portare alle urne quante più persone possibile. Superare il quorum e far vincere il Sì ai referendum sociali e sulla cittadinanza potrebbe cambiare le sorti del Paese e di tanti e tante.

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