Nella categoria pesi piuma Follemente di Paolo Genovese è campione mondiale. Dopo tanto appesantire con messaggi politici, bianchi e nero da filtro Instagram, formalismi artificiosi e montanari, il cinema italiano potrebbe tornare in vetta al box office con una commedia leggera, buffa e spiritosa. Genovese (Paolo) fu quello di Perfetti sconosciuti (2016), sorta di inattesa epifania commerciale e di divertente manifestino antitelefonino, che tirò il filo nascosto, più o meno innocente, delle masse contemporanee alle prese con la doppia possibile vita depositata e celata nella memoria dello smartphone.
In Perfetti sconosciuti sette protagonisti in una stanza attorno al tavolo della cena per tutto il film; in Follemente due protagonisti – più altri otto “immaginari” – sempre in una stanza attorno al tavolo della cena, salottino e camera da letto, per tutto il film. Insomma, struttura e impalcatura che vincono non si cambiano (e paiono, tra luci e arredi, pressoché identiche). E non muta nemmeno la filosofia esplorativa che soggiace al testo (Isabella Aguilar, Lucia Calamaro, Paolo Costella, Flaminia Gressi e Genovese allo script): cosa c’è di non detto, istintivo, scalpitante oltre l’apparenza dei gesti canonici e formali in una coppia al primo appuntamento, nello specifico a cena a casa di lei che è pure in tacchi a spillo?
A dircelo questo volta non sono gli smartphone appoggiati sul tavolo con suoneria alzata e obbligo di lettura messaggi e ascolto chiamate; bensì la smaccata emotività dei quartetti maschili e femminili che albergano nella mente di Piero (Edoardo Leo) e Lara (Pilar Fogliati). Chi dice Inside out vince una bambolina (c’è pure la Disney che co-produce). Ma va anche detto che Follemente offre una variazione sul tema disneyano ovviamente adulta, vagamente pepatina, naturalmente all’italiana. Dal lato mente maschile, in una quinta surreale tutta divanetti, scaffali e desueti oggetti di design ci sono Il Professore (Marco Giallini), Romeo (Maurizio Lastrico), Valium (Rocco Papaleo), Eros (Claudio Santamaria); da quello femminile, in una quinta simile se non fosse che c’è più luce calda, ci sono Trilli (Emanuela Fanelli), Scheggia (Maria Chiara Giannetta), Alfa (Claudia Pandolfi) e Giulietta (Vittoria Puccini).
Piero e Lara quindi pensano, parlano, agiscono modulando gli stimoli dei rispettivi quattro stati emotivi della loro mente spesso in litigio tra loro. Quindi più si fanno largo Eros e Trilli più la cena si fa bollente, più si impongono Giulietta e Romeo più si fa romantica, e via così innescando combinazioni strambe e cortocircuiti comici che spaziano dalla singletudine con figli a carico fino all’amplesso generosamente duplice, passando per i luoghi comuni soprattutto attorno al maschio demoliti da velenoso sarcasmo come la passione trattenuta e vergognosa per il calcio o la soluzione di pensare alla mamma per non risultare eccessivamente eccitati nel sesso.
Al netto di una regia convenzionale tutta confondibili mezzi busti, di una messa in scena senza vie di fuga spaziali, di una meccanica teatralità da testo battibeccante, Genovese è abilissimo nell’imporre un ritmo accelerato e incessante fatto di reiterati jab più che di qualche diretto improvviso da mettere ko. Follemente rimane del resto un film proteso in ogni sua svolta di scrittura verso il trionfo di un pimpante desiderio a scapito di una grigia moscia quotidianità. Più che il font del cinema di Woody Allen usato nel titolo, del comico newyorchese sembra riecheggiare l’ironica invadenza dell’impellente apparizione in cielo della madre castrante in New York Stories. Nel nutrito drappello attoriale tutti pagano dazio alla compatta ed omogenea ricerca di coralità che smussa ogni possibile protagonismo. E comunque le battute pronunciate da Giallini, dio ci perdoni, non si riescono proprio a captare in modo chiaro.
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