Mentre Stellantis parla di grande rilancio, di Italia centrale nelle sue strategie, di una sorta di rivoluzione ora che Carlos Tavares non c’è più, la realtà continua a bussare alle porte degli operai. La direzione della fabbrica di Atessa, dove si produce il Ducato, ha comunicato ai sindacati che subito dopo la chiusura per le festività ci sarà altra cassa integrazione. Dal 7 al 19 gennaio, fino a 1.500 dipendenti dello stabilimento verranno collocati in cig. Il 2025, insomma, inizia con il piede sbagliato e non solo nel sito abruzzese. In ambienti sindacali, come anticipato da Ilfattoquotidiano.it, è sempre insistente la voce che vorrebbe Mirafiori chiusa fino alla fine di gennaio, una comunicazione che potrebbe arrivare nell’incontro tra le Rsu e i manager della fabbrica torinese in programma il 13 dicembre.

Gli operai della Sevel-Fiat Professional di Atessa, insomma, potrebbero non essere gli unici a cominciare l’anno nuovo come termineranno il 2024. E pensare che per sei mesi in Val di Sangro la produzione era andata a gonfie vele. La fabbrica era stata l’unica, insieme a Pomigliano d’Arco, a far segnare un aumento dei volumi tra gennaio e giugno: erano stati assemblati 117mila furgoni, il 2% in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Poi la brusca inversione di tendenza con terzo trimestre negativo, condito da massicce dosi di cassa integrazione continuate anche nell’ultimo spicchio dell’anno. Il calo delle unità in uscita dalla fabbrica chietina sono stati così bruschi da spingere anche la Sangritana, l’operatore ferroviario pubblico (è controllato da Tua, società della Regione Abruzzo) che si occupa del trasporto dei Ducato, a chiedere gli ammortizzatori sociali per 92 dipendenti.

In attesa che i vertici del gruppo automobilistico svelino le carte sul “piano Italia” nell’incontro del 17 dicembre al Mimit, un vertice che il ministro Adolfo Urso continua a descrivere come decisivo e salvifico, la solfa non sembra essere cambiata. E investirà con ogni probabilità anche altre fabbriche. A iniziare da quella maggiormente in difficoltà, Mirafiori. L’impianto torinese è stato sostanzialmente fermo da settembre in poi. Una breve riapertura, poi la serrata a ottobre, una ventina di giorni di lavoro a novembre – turno unico, 170 vetture al giorno prodotte – e un altro fermo delle carrozzerie da inizio dicembre al 7 gennaio. A fine anno il numero di 500 elettriche uscite dalle linee sarà oltre il 70% in meno di quante ne erano state prodotte nel 2023.

Numeri tragici destinati a continuare almeno fino a quando non partirà l’annunciata produzione della motorizzazione ibrida. In ambienti sindacali si dà per scontato che il blocco continuerà anche a gennaio con un vero rientro in fabbrica solo a febbraio. Del resto, quando ha annunciato la chiusura di dicembre, la stessa azienda aveva sottolineato la necessità di “assicurare anche per il prossimo anno il fondo per la cassa integrazione” anche perché, aveva ammesso, la sola produzione della 500 elettrica, a causa delle scarse vendite delle city car elettriche, “non è sufficiente a mantenere una continuità nella produzione”.

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