Manahel al-Otaibi, giovane attivista per i diritti delle donne in Arabia Saudita, è stata condannata a 11 anni di carcere dopo essere stata arrestata – nel novembre 2022 – per il suo abbigliamento e il suo sostegno ai diritti delle donne, che il governo saudita definisce reati di terrorismo. Al-Otaibi è stata giudicata colpevole in base a una legge che criminalizza l’utilizzo di siti internet e social network per “trasmettere o pubblicare notizie, dichiarazioni, voci false o malevole o simili per commettere un crimine terroristico“.

In particolare, a mettere nei guai l’attivista è stato l’uso di un hashtag – tradotto con #societyisready – per chiedere la fine delle regole di tutela maschile. Anche sua sorella, Fouz al-Otaibi, è stata accusata di non indossare abiti decorosi, ma è riuscita a fuggire dal Regno prima del suo arresto. Mentre Maryam, un’altra sorella e nota sostenitrice dei diritti delle donne, venne pure arrestata, detenuta e infine rilasciata nel 2017 per aver protestato contro le norme sulla tutela.

Manahel al-Otaibi ha 29 anni e in precedenza era istruttrice di fitness: prima di essere arrestata era molto attiva sui social media, dove pubblicava spesso messaggi sull’emancipazione femminile. Ad aprile 2024, ha riferito alla sua famiglia di essere stata sottoposta ad abusi fisici in prigione, ma le autorità saudite hanno negato. Il suo caso non è isolato: nell’agosto 2022 l’attivista per i diritti umani Salma Al-Shabab era stato condannato a 34 anni di prigione.

Amnesty International e Al Qst (organizzazione per i diritti umani in Arabia Saudita) hanno chiesto alle autorità saudite di rilasciare immediatamente e incondizionatamente al-Otaibi. “Con questa sentenza le autorità saudite hanno messo a nudo l’inutilità delle tanto sbandierate riforme sui diritti delle donne degli ultimi anni e hanno dimostrato il loro agghiacciante impegno a mettere a tacere il dissenso pacifico”, ha dichiarato Bissan Fakih, responsabile delle campagne di Amnesty International sull’Arabia Saudita.

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