Benny Gantz si prende la scena a Washington, incontra la vicepresidente americana Kamala Harris senza l’ok del premier Benjamin Netanyahu e presenta pubblicamente i suoi piani (condivisi con la Casa Bianca) sul futuro nella Striscia di Gaza. Il leader del Partito di unità nazionale israeliano, in testa ai sondaggi, e membro del gabinetto di guerra compie un passo per il superamento dell’era Netanyahu e dopo il vertice con Harris e il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan chiede di “istituire un’amministrazione internazionale” nella Striscia “in cooperazione con i Paesi della regione e come parte della promozione dei processi di normalizzazione“.

Una mossa che non sarà piaciuta ai membri più estremisti del governo di accordo nazionale, i ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, che chiedono la guerra a oltranza nell’enclave palestinese, l’occupazione militare di essa e il pieno sostegno agli insediamenti illegali, ma nemmeno allo stesso Netanyahu, scavalcato da Gantz dopo essersi visto rifiutare un colloquio con Joe Biden, con il quale i rapporti sono sempre più freddi, senza potersi permettere di scaricare l’alleato di convenienza.

Le priorità della nuova linea Gantz-Usa è quindi quella di creare un’amministrazione straordinaria della Striscia che permetta, dopo la sconfitta di Hamas, di gestire l’enclave fino a quando non sarà possibile lasciarla sotto il governo di un’Autorità nazionale palestinese riformata dando priorità, in questo periodo, alle forniture di aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. Il tutto, ovviamente, mirato anche alla liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Harris ha assicurato che lei e Joe Biden sono “allineati e coerenti sin dall’inizio” sul diritto di Israele di difendersi ma anche sul fatto che troppi civili palestinesi innocenti sono stati uccisi, che occorrono più aiuti e che bisogna liberare gli ostaggi.

Dopo l’America, dove martedì incontrerà anche il segretario di Stato Antony Blinken, Gantz partirà alla volta della Gran Bretagna dove incontrerà, a Londra, il ministro degli Esteri David Cameron.

Colloqui arenati?
Intanto i media internazionali riferiscono che i nuovi colloqui per il cessate il fuoco, in corso da due giorni al Cairo tra Hamas e i mediatori di Usa e Qatar, si sono interrotti senza alcun risultato: sabato i delegati di Israele non si sono presentati al tavolo, accusando il gruppo islamista di non aver fornito informazioni complete sugli ostaggi ancora in vita. Versione smentita da fonti egiziane di alto livello all’emittente statale Al Qahera che “ci sono delle difficoltà, ma i colloqui su Gaza continuano”. Bassem Naim, alto funzionario di Hamas, ha fatto sapere di aver presentato una proposta ai mediatori e di attendere una risposta da Tel Aviv. A questo punto rimangono solo pochi giorni per fermare i combattimenti in tempo per il 10 marzo, giorno d’inizio del Ramadan, il mese sacro islamico del digiuno e della preghiera. Mentre Blinken dice di attendere la risposta di Hamas riguardo all’offerta di un cessate il fuoco, il partito armato replica con un avvertimento: “Non permetteremo che la via dei negoziati rimanga aperta indefinitamente mentre l’aggressione e la carestia organizzata contro il nostro popolo continuano”. Poi risponde a Blinken: “Se sono seriamente intenzionati a raggiungere un cessate il fuoco prima del Ramadan, è nelle mani degli americani esercitare una pressione sufficiente sugli israeliani”.

Sulla questione è intervenuto anche il presidente americano, Joe Biden, dopo le indiscrezioni secondo le quali avrebbe rifiutato di rispondere a una chiamata di Netanyahu. E si rivolge proprio al governo israeliano: “Sarà molto pericoloso se non ci sarà la tregua a Gaza entro il Ramadan. Non ci sono scuse per Israele per bloccare agli aiuti umanitari a Gaza”.

Della tregua ha parlato in mattinata anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervenendo alla Camera prima del voto sulla missione Aspides nel mar Rosso: “Sul piano politico-diplomatico, è essenziale raggiungere un cessate il fuoco sostenibile a Gaza. E questo anche per attenuare le tensioni regionali. L’Italia chiede una pausa prolungata e duratura delle ostilità, che porti a un cessate il fuoco sostenibile come richiesto anche dalle Risoluzioni 2712 e 2720 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”, ha affermato. “La strage del pane” del 29 febbraio scorso, con oltre cento palestinesi uccisi mentre si affollavano intorno ai camion degli aiuti, “impone di intensificare gli sforzi per giungere al più presto ad un cessate il fuoco. Abbiamo chiesto ad Israele di accertare con rigore la dinamica dei fatti e le responsabilità”, ha aggiunto il vicepremier e capo della Farnesina.

Per Tajani “è fondamentale lavorare per il rapido rilascio degli ostaggi, ma anche per far arrivare nella Striscia di Gaza tutti gli aiuti alimentari di cui c’è bisogno”, allo scopo di evitare “una catastrofe umanitaria ancor più devastante”: per questo annuncia “un’iniziativa umanitaria coordinata” chiamata Food for Gaza. “Intendo riunire al ministero degli Esteri la prossima settimana un primo tavolo anche con Mezzaluna rossa e altre organizzazioni. L’obiettivo è fare sistema per agevolare l’accesso di aiuti e alleviare la sofferenza della popolazione”, spiega.

Onu: “Informazioni convincenti sugli stupri di Hamas”
Dopo le polemiche di ieri tra Israele e le Nazioni Unite su come l’organizzazione ha trattato il report inviato da Tel Aviv sui presunti stupri di Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre, report poi diffuso proprio dall’Onu, una squadra delle Nazioni Unite afferma che ci sono “informazioni convincenti” secondo cui gli ostaggi israeliani tenuti a Gaza sono stati sottoposti a violenza sessuale da parte di Hamas, compresi stupri e stupri di gruppo negli attacchi del 7 ottobre. Per l’Onu, ci sono motivi per sospettare che gli abusi siano ancora in corso. Il ministero degli Esteri israeliano ha affermato di accogliere con favore il “riconoscimento definitivo che Hamas ha commesso crimini sessuali“.

Affermazioni che hanno contribuito ad allentare le tensioni delle ultime ore tra Israele e Onu, con Tel Aviv che accoglie con favore la posizione di Palazzo di Vetro, come ha detto il portavoce del ministero degli Esteri israeliano Lior Haiat: “Per la prima volta un funzionario delle Nazioni Unite ha riconosciuto espressamente i crimini sessuali commessi da Hamas e da altre organizzazioni terroristiche il 7 ottobre”, ha dichiarato. Haiat ha aggiunto che “l’Onu riconosce inoltre che i crimini sono stati commessi simultaneamente in luoghi diversi evidenziando una serie di stupri, torture e abusi sessuali” e “riconosce l’esistenza di crimini sessuali in corso contro le donne e gli uomini israeliani tenuti in ostaggio da Hamas a Gaza e chiede l’immediato rilascio degli ostaggi”.

Israele respinge però l’invito del rapporto a indagare sulle accuse palestinesi riguardanti “violenza sessuale da parte di elementi israeliani”: “Si tratta di una beffarda manovra palestinese deliberatamente volta a creare un’intollerabile equivalenza tra gli orribili crimini commessi, e che continuano ancora a essere commessi, da Hamas e le affermazioni dannose e infondate contro Israele e gli israeliani”. E respinge anche la raccomandazione di cooperare con la Commissione d’inchiesta del Consiglio per i diritti umani (Coi).

Hamas, invece, “respinge” e “deplora” il rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite. Le “accuse” di stupro e violenza sessuale commesse da membri di Hamas durante l’attacco sono “false” e “infondate“, e il rapporto delle Nazioni Unite “non cita alcuna testimonianza delle vittime”, ha affermato Hamas.

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