di Marco D’Ercole

Quando è nata la protesta degli agricoltori, circa tre settimane fa, ero abbastanza scettico. Più che nei modi, nelle motivazioni: troppo ideologiche per avere un appiglio concreto. Parlavo con dei colleghi di lavoro e dissi che la cosa più importante era rivedere la filiera: non è possibile che al produttore vadano spiccioli. Se al supermercato un prodotto si vende 100, al produttore deve andare una forbice compresa tra 40 e 60, al netto delle trasformazioni (da non confondere con i trasporti). Un collega grida un corposo “Oh”!

Ecco: questo è il problema. Una profonda rivisitazione della filiera. Non è pensabile che a lucrarci sia la filiera ad esclusione del produttore.

Qui però è necessario fare un mea culpa. Nessuno dei vari livelli della filiera è immune, compresi noi stessi. La nostra colpa: avere avuto le fette di mortadella davanti agli occhi. Ci siamo seduti sugli allori perché lo Stato, con contributi, favoriva o sfavoriva determinate cultivar. E il grano ricade nel secondo gruppo, ad esempio. Fino a quando la situazione economica era favorevole, ok; adesso che con i vari casini geopolitici i soldi scarseggiano, questi contributi sono stati tagliati.

La colpa successiva è dei sindacati. Ascoltate bene, perché adesso svelo ciò che le sigle non vogliono. Per potere esistere una azienda agricola, deve esistere il fascicolo aziendale, all’interno del quale sono presenti tutte le particelle e le relative coltivazioni. Tramite il Sian (sistema informativo agricolo nazionale) si compilano tutte le richieste (o domande) di contributi o variazioni delle coltivazioni. La gestione del Sian è affidata alla sigla di riferimento tramite mandato. Spesso le sigle ti propongono di aderire ad uno dei tanti contributi. Il tempo necessario per inserire una domanda non dipende dall’importo: quindi, per esigenze economiche, preferiscono inserire le domande più grosse, creando delle disuguaglianze.

Cercando sul web ho letto una particolarità che pochi sanno. È possibile gestire il proprio fascicolo aziendale in proprio, da utente qualificato. Sia le sigle sia i gestori del Sian hanno rimpallato la possibilità di poter gestire in autonomia il fascicolo aziendale. Quanta omertà! Ma non demordo, e credo di aver trovato il modo.

Sopra si trova il governo regionale e nazionale. Il primo ha il compito di avallare le domande inserite tramite Sian; spesso le regioni si trovano a corto (cortissimo, meglio dire) di personale tecnico capace di controllare le domande. Nell’esternalizzare, i tecnici si sono trovati senza. Le sigle e i sindacati se li cannibalizzano: i primi restii nell’insegnare, i secondi mancanti degli stessi per poca lungimiranza politica. Il governo nazionale ha il compito di distribuire i fondi per regione; sembrerà ridondante ma la distribuzione dei fondi è fatta anche su base politica. Basti pensare alle quote latte e agli imbrogli e omissioni da parte della Lega Nord… La dichiarazione della premier è riduttiva e semplicistica: dare più soldi senza programmazione significa produrre maggiori disuguaglianze.

A tutti questo si aggiunge l’Europa, che da buona burocrate scrive leggi in base ai desiderata degli Stati. Più devi mediare, più le leggi sono ingarbugliate. Immaginatevi di sentire, conoscendo il sistema: le dichiarazioni tiratissime delle sigle di categoria; il governo che stanzia maggiori fondi senza programmazione e si intesta battaglie non solo ed esclusivamente sue; il ministro dell’Agricoltura e sovranità alimentare non pervenuto; il ministro delle Infrastrutture che cerca di strillare a favore degli agricoltori, facendo finta di non aver reintrodotto il reato di blocco stradale.

In mezzo a questi cialtroni, mi sento ancora più arrabbiato, perché considerato uno sciocco. Credo che il vento sia cambiato!

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