La giovane attivista iraniana Roya Heshmati è stata punita con 74 frustate per essersi mostrata in pubblico a capo scoperto, senza l’hijab, il velo obbligatorio per le donne. La pena è stata eseguita lo scorso 3 gennaio: prima della flagellazione, la ragazza si è di nuovo tolta il velo e si è rifiutata di indossarlo. ”Accompagnata dal mio avvocato, sono entrata nell’ufficio del procuratore del Distretto 7 togliendomi deliberatamente l’hijab. Ignorando gli ordini dei funzionari, ho mantenuto la mia posizione”, ha raccontato sui social. A quel punto, aggiunge, una dipendente del tribunale, le ha messo con la forza un hijab sulla testa e “un agente ha minacciato ulteriori punizioni se non avessi obbedito”.

“Sono stata ammanettata e condotta in un seminterrato, che assomigliava a una camera di tortura medievale, con pareti di cemento e un minaccioso letto da esecuzione”, prosegue. “Il giudice mi ha chiesto se se stavo bene e io sono rimasta in silenzio, mostrando la mia resistenza. Poi mi è stato ordinato di prepararmi per le frustate. Ho appeso il cappotto e la sciarpa, rifiutandomi di indossare l’hijab nonostante la loro insistenza. Quando sono iniziate le frustate, ho recitato in silenzio una poesia sulla liberazione e la resistenza. Nonostante il dolore, non lasciavo loro vedere la mia sofferenza”, rivendica. “Dopo la punizione”, conclude, “ho continuato a sfidare le loro richieste di indossare l’hijab, simbolo della mia ferma posizione contro l’oppressione. In nome delle donne, in nome della vita, le catene della schiavitù sono state spezzate”.

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