La Bce lascia per la seconda volta invariati i tassi ma frena sui tempi del primo taglio. Giovedì il Consiglio direttivo ha deciso – come già la Fed e la Bank of England – di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento: quello sui rifinanziamenti principali resta fermo al 4,50%, quello sui depositi al 4% e quello sui prestiti marginali al 4,75%. L’Eurotower, pur avendo ridotto le sue previsioni sull’inflazione, non ha direttamente corroborato le speranze in un’inversione della politica restrittiva adottata a partire dall’estate 2022, con un primo taglio dei tassi nel 2024. La linea ufficiale al momento rimane invariata e più “da falco” rispetto a quella della banca centrale Usa. I tassi, dice il comunicato, verranno “fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”. Va in senso restrittivo anche la decisione di accelerare l’uscita dal programma straordinario di acquisto di titoli varato durante la pandemia.

“Ci siamo chiesti se dobbiamo abbassare la guardia. No, non dobbiamo assolutamente”, ha commentato la presidente Christine Lagarde in conferenza stampa, avvolta da una sciarpa e con la voce bassa perché si sta riprendendo dal Covid. “Non abbiamo discusso di tagli” perché, ha detto, le decisioni dipendono dai dati e sull’inflazione di fondo, come sui salari, “servono più dati” che arriveranno nei prossimi mesi. I mercati però hanno reagito positivamente, segno che continuano ad attendersi un ammorbidimento della politica monetaria.

Le nuove previsioni – Nella nota che annuncia la scelta la Banca centrale osserva come “l’inflazione, pur essendo diminuita negli ultimi mesi, tornerà probabilmente a registrare un temporaneo incremento nel breve periodo”. Ma dovrebbe “ridursi gradualmente nel corso del prossimo anno, per poi avvicinarsi all’obiettivo del Consiglio direttivo del 2% nel 2025”. Gli esperti si attendono che l’inflazione complessiva “si collochi in media al 5,4% nel 2023, al 2,7% nel 2024, al 2,1% nel 2025 e all’1,9% nel 2026”.

Il Consiglio ha ribadito però anche stavolta di essere “determinato ad assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine” e di ritenere che “i tassi di interesse di riferimento della Bce si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al conseguimento di tale obiettivo”. Lagarde ha risposto ai giornalisti dicendo che i membri del direttivo sono “dell’idea che tra il rialzo e il taglio ci sia un intero plateau di mantenimento“, perché “non si passa da un solido a un gas senza passare per la fase liquida”.

La crescita – Gli esperti dell’Eurosistema si attendono che la crescita economica resti contenuta nel breve periodo. Oltre questo orizzonte, l’economia dovrebbe segnare una ripresa per effetto dell’incremento dei redditi reali – con le famiglie che beneficeranno del calo dell’inflazione e dell’aumento delle retribuzioni – e del miglioramento della domanda esterna, ha detto Lagarde. Le proiezioni degli esperti dell’Eurosistema indicano un aumento della crescita da una media dello 0,6% nel 2023 allo 0,8% nel 2024 e all’1,5% sia nel 2025 sia nel 2026

Accelera l’uscita dai sostegni straordinari – La Bce ha anche deciso “a larga maggioranza” accelerare l’uscita dal programma straordinario di stimoli varato durante il Covid: reinvestirà il capitale rimborsato sui titoli in scadenza del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pepp) soltanto nella prima parte del 2024. Nella seconda parte dell’anno invece intende ridurre il portafoglio del Pepp di 7,5 miliardi di euro al mese, in media, e terminare i reinvestimenti nell’ambito di tale programma alla fine del 2024. Una riduzione del bilancio molto graduale che va però anch’essa nel senso di una restrizione. “Alcuni avrebbero preferito una diversa tabella di marcia”, ha ammesso Lagarde.

Soffrono le banche – Subito dopo la decisione lo spread tra Btp e Bund si è ridotto rapidamente grazie a un brusco calo del rendimento dei titoli decennali italiani, scendendo da oltre 170 a 166 punti. Sul fronte azionario a Piazza Affari, positiva come le principali borse europee, hanno perso terreno i titoli bancari: gli istituti di credito come è noto hanno ampiamente beneficiato dei rialzi dei tassi, che hanno allargato i loro margini di interesse. Quegli “extraprofitti” che il governo Meloni aveva deciso di tassare, salvo poi fare marcia indietro e concedere l’opzione alternativa di accantonare a bilancio una riserva pari due volte e mezza l’importo della tassa. Possibilità che tutti gli istituti, compresi quelli controllati dallo Stato, hanno colto.

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