Moda e Stile

Federico Marchetti: “Con Re Carlo ho rotto il ghiaccio parlando di scarpe vecchie. Dopo aver portato la Moda sul web, oggi lotto per salvare il pianeta”

L'INTERVISTA - Viaggio nella mente di un visionario che ha immaginato e plasmato il futuro del settore della moda

di Ilaria Mauri

Ha portato la moda su Internet ridefinendo il concetto di shopping nel mondo digitale e ora è impegnato al fianco di Re Carlo III per il futuro del pianeta. Lui è Federico Marchetti e la sua storia è un racconto affascinante di rischio calcolato, intuizione imprenditoriale e una determinazione instancabile a rompere schemi. Dall’invenzione del portale di e-commerce Yoox alla sua quotazione in Borsa e poi alla fusione con Net-a-Porter, fino al ruolo di guida nella Fashion Task Force di Carlo III per la sostenibilità, la sua vita è un racconto straordinario di innovazione incessante. L’ha ripercorsa lui stesso nel libro Le avventure di un innovatore” (Longanesi), tra ricordi e aneddoti unici, come l’incontro con Bill Gates a Xanadu 2.0 o il regalo stravagante che fece all’allora principe Carlo, uno spremi-dentifricio che si è rivelato essere un colpo di genio.

Le avventure di un innovatore: mai titolo poteva essere più adatto per questo memoir. La sua vita è stata finora davvero unavventura continua…
È un po’ come Le avventure di Pinocchio, dentro c’è la mia storia con tanti aneddoti anche divertenti. Ho voluto dare al libro questo carattere un po’ leggero nel senso buono del termine: spesso le biografie finiscono per essere autocelebrative o improntate sui sacrifici fatti per raggiungere lobiettivo, un vero trionfo dellego. Ecco, io non volevo questo né, dallaltra parte, avevo intenzione di stilare un manuale di business: questo libro doveva piuttosto riflettere lequilibrio che ho raggiunto nella mia vita. Perché è vero, ho fatto tantissimi sacrifici allinizio, ma poi sono riuscito a bilanciare il lavoro con la vita privata, ritagliandomi gli spazi per la mia famiglia e soprattutto mia figlia. Non mi sono buttato al 100% solo sulla carriera, anche perché ho sempre considerato il mio lavoro come la mia creatura, il mio progetto di vita.

Da Ravenna è riuscito ad arrivare al cuore dell’élite, dalla Silicon Valley a New York fino a Buckingham Palace: quale pensa sia stata la chiave del suo successo?
Sicuramente il fatto di non sentirmi mai una persona di successo. Sono estremamente curioso e non ho mai provato un senso di sudditanza o deferenza quando mi sono trovato al cospetto dei giganti del tech o del fashion. Ho negoziato contratti con dei titani” senza sentirmi mai succube, anzi: mi sono sempre sentito me stesso, non ho mai avuto né remore né complessi di inferiorità. Per dire, non mi sono mai trovato a pensare: Oddio adesso incontro il Re dInghilterra, come faccio. Sicuramente il fatto di esser nato a Ravenna e di esser cresciuto con un carattere forte, da vero romagnolo, mi ha aiutato molto. Questa mia sicurezza viene percepita dallaltra parte e spesso ha fatto sì che anche il mio interlocutore si sentisse a suo agio.

Si ricorda il momento in cui ha capito quale sarebbe stata la sua vocazione?
Mi è sempre piaciuta la sfida: volevo creare qualcosa destinato a durare nel tempo, che fosse solido e duraturo. Fin da quando ero ragazzino ho avuto sempre molte idee, una certa predisposizione a vedere le cose da un altro punto di vista e inventare strumenti per farle in modo diverso e migliore di come già erano fatte. Ad esempio, ho pensato che si potessero unire telefonino e macchina fotografica in un unico strumento ben prima che arrivassero sul mercato gli smartphone. Questo mi ha portato a crescere un po’ innovatore e un po’ imprenditore. Come quando mi venne in mente di fare la mozzarella di gnu per cercare di contrastare il problema della fame in Africa o di creare calzini da uomo indistruttibili: ecco, queste ovviamente non erano buone idee, ma poi è arrivata anche quella giusta, Yoox.

Cosa lha spinto a credere con tutto sé stesso nel suo progetto e a mollare tutto per fare una cosa mai fatta prima, investendo tutto in un settore allora inedito?
La forza della disperazione. Volevo cambiare vita perché non ero contento del mio lavoro. La vera molla, la miccia, che mi ha spinto a buttarmi è stata proprio la scontentezza. Ero tornato a Milano dopo diciotto mesi di studi alla Columbia University di New York perché in America non avevo trovato lavoro, ero quindi rientrato in una società di consulenza in un ambito che non era quello che desideravo. Non mi trovavo bene, la mattina andavo a lavorare controvoglia. Come se non bastasse, non navigavo certo nelloro e avevo un debito da saldare. E lì mi sono detto: la mia vita non può essere così per i prossimi 20 anni. La forza della disperazione mi ha spinto ad accelerare i tempi inventando qualcosa che potesse funzionare. Lì a quel punto mi sono detto: Federico, hai le basi per farcela, è ora che ti venga in mente lidea giusta’. Mi sono messo a tavolino e ho unito i puntini. Sono partito dallItalia, mi sono detto che dovevo concentrarmi su quello per cui abbiamo un vantaggio competitivo ed una fama nel mondo, come la moda, la cultura e la bellezza. In America avevo vissuto la grande rivoluzione di Internet, avevo visto il potenziale della Rete e le sue applicazioni nella vita quotidiana. Così ho incrociato le due cose. Volevo creare qualcosa che mi sopravvivesse e mi rispecchiasse, che avesse un carattere. Non doveva essere tutto bianco e asettico come nella Silicon Valley, volevo unire lumanesimo con il meglio della tecnologia. E da lì ho pensato il nome Yoox, i due cromosomi maschile e femminile Y e X con al centro due o” vicine che ricreavano il simbolo dellinfinito ma anche gli zeri del codice a binario su cui si basa linformatica. Lessere umano che governa la tecnologia: era perfetto.

C’è un momento in cui si è sentito sconfitto?
No mai. Assolutamente. Non ho mai mollato, anche nei momenti difficili. Ne abbiamo passati di tutti i colori dal 2000 in poi, dallo scoppio della bolla di Internet al crac di Lehman Brothers, ma mai e poi mai abbiamo mollato il colpo. Il che non vuol dire che non abbia vissuto fallimenti, difficoltà o errori, ma che ho sempre reagito trovando una soluzione per cambiare la rotta e riportare il vento in poppa.

Nel libro riconosce che gli errori più grandi che ha fatto sono stati errori di valutazione delle persone
, ho fatto diversi errori di valutazione delle persone. Quando si fa un colloquio non si può sapere se poi la persona che si ha di fronte è davvero così come si è presentata in quella mezzora. E infatti non sempre ci ho preso. Ma anche qui la cosa più importante è la capacità di reazione e di porre rimedio. Per il progetto ma anche perché avere persone bravissime ma arrogantinel team di lavoro rovina il clima generale. Per questo ho sempre fatto in modo di riuscire a intervenire in corsa per evitare di rovinare il clima aziendale.

Nel libro racconta di quando un gruppo di suore di clausura comprò 8 paia di scarpe di MiuMiu su Yoox: fu per lei un segno divino?
(ride) sì, ma in realtà il primissimo segno” è stato un altro. Quando ho deciso che il nome della mia azienda sarebbe stato Yoox, la prima cosa che ho fatto è stata andare su Internet e cercare se quel dominio fosse libero: ebbene, yoox.com era disponibile. Allepoca era il novembre del 1999 la possibilità di trovare un dominio di 4 lettere con senso compiuto libero a livello mondiale era 1 su un milione. Lho comprato subito per 6 dollari. E poi sono arrivate le suore: Yoox era attivo da pochi mesi, a quel tempo gestivamo manualmente gli ordini e così mi capitò di notare che 8 paia di mules di Miu Miu erano state acquistate da un indirizzo che portava ad un convento di suore di clausura. Non potevo crederci. Era un altro segno divino. Lì mi sono detto: Allora ce la faremo.

Dallo spremi dentifricio che regalò allallora principe Carlo al sushi rubatoa Bill Gates: lei ha sempre avuto un approccio schietto e autentico anche con i più grandi
Come dicevo prima, spesso queste persone sono abituate ad esser trattate con stile reverenziale e quindi la mia naturale sfrontatezza li ha spesso spiazzati. Ma leffetto sorpresa è sempre stato molto apprezzato perché anche io nel mio piccolo apprezzo le persone dirette e oneste. E poi tantissime di queste situazioni sono capitate per caso: non cera un piano definito, ma sono arrivate perché mi sono sempre assunto dei rischi, cogliendo opportunità con tanto coraggio e fiducia.

Il suo legame con Giorgio Armani è nato fin dallinizio su una regola: Non gli chiederò mai niente: ci racconta di questo rapporto, consolidato anche da un gatto nero?
Molti chiedono qualcosa a Giorgio Armani, per questo non volevo pormi in quella situazione, non volevo fargli pensare che anche io ero uno dei tanti che approfittava della conoscenza per chiedergli favori. Il nostro è sempre stato un rapporto di stima reciproca assolutamente disinteressato, basato su schiettezza e fiducia: altrimenti non avrei certo potuto regalargli un gatto nero! (ride). Era un irresistibile Scottish Fold di nome Angel: il signor Armani si affezionò talmente tanto a lui da posare per una campagna tenendolo in braccio.

Yoox è stata pioniera anche nellintuire e lanciare il Made in Italy
Siamo stati effettivamente i primi da un lato a far sistema tra i brand italiani e dallaltro, chi guardava la vetrina di Yoox, aveva unimmagine complessiva della moda Made in Italy. All’inizio li abbiamo presi per manoaccompagnandoli su Internet prima di tutti gli altri, e poi dal 2005 abbiamo creato il loro spazio online ad hoc. Allepoca i marchi italiani, ma non solo, iniziavano ad avere interesse verso l’e-commerce ma non sapevano come farlo perché non avevano né le tecnologie né il know how: così abbiamo pensato di proporre loro uno spazio ad hoc sulla nostra piattaforma. Ho trovato una formula dove tutti erano vittoriosi ed è stato incredibile perché ci siamo trovati a dover fare dal nulla 40 siti, compresi quelli per il gruppo Kering. Mi sentivo un po’ come Virgilio nella Divina commediadi Dante Alighieri: li ho accompagnati per mano in questo mondo sconosciuto mai esistito prima che era il web.

È stato lallora principe Carlo a volerla a capo della Fashion Task Force di Sustainable Markets Initiative e lei a sua volta ricorda sempre limpegno del Re nei confronti dellambiente. Ci racconta questo vostro rapporto di fiducia?
Il mio rapporto con Re Carlo è iniziato quando ho avuto lidea di invitarlo ad un evento che avevo organizzato nella sede Yoox di Londra: lui è venuto con Camilla e lì è nata subito un’empatia tra di noi. Abbiamo rotto il ghiaccio parlando di scarpe vecchie, lo racconto anche nel libro: le sue avevano più di ventanni ed erano ancora perfette, io avevo un paio di John Lobb che indosso da oltre un decennio. Quindi abbiamo lanciato “Modern artisan”, il primo progetto congiunto che vedeva un gruppo selezionato di giovani artigiani italiani e inglesi coniugare il loro sapere e la loro artigianalità con l’intelligenza artificiale. Unendo la loro creatività ai dati dell’AI, hanno dato vita ad una collezione che piacque così tanto al pubblico che vendemmo la metà dei prodotti in sole 2 settimane, meglio dei grandi brand del lusso

Lei è stato infatti il primo ad intuire il potenziale dei dati per la profilazione dei clienti: oggi la gente compra quello che gli piace o quello che gli viene fatto piacere? Si può ancora parlare di gusto personale?
Dipende da dove compri. In alcuni casi sì, c’è un bombardamento di input che va ad influire sui tuoi gusti anche per merito (o colpa) degli influencer perché le grandi aziende non sono immuni alla tentazione di far sì che le persone seguano determinati gusti in modo da trarne profitto. Ma ci sono anche tante aziende che cercano invece di mantenere un equilibrio tra l’utilizzo dei dati e il rispetto delle persone, dei propri clienti. Noi di Yoox, ad esempio, già nel 2016/17 abbiamo sfruttato lAI per creare i capi della nostra etichetta: le informazioni raccolte erano però solo una guida. Mi spiego: se dai dati emergeva che i clienti uomini cercavano un cappotto color cammello, noi davamo l’input all’ufficio prodotto ma lasciavamo i designer liberi di sbizzarrirsi con la loro creatività.

Quindi in futuro potrebbe essere un algoritmo a creare gli abiti? Ci sarà lalgoritmo dello stile di Giorgio Armani e quello di Prada che creeranno vestiti ad hoc in base alle scelte dacquisto dei clienti?
Certo, questo potrebbe accadere per il fast fashion, anzi, già in parte è così. Ma non vedo questa tentazione nelle aziende del lusso, perché lattenzione per l’artigianalità e la tradizione è ancora fortissima. Perché lasciare tutto in mano all’intelligenza artificiale vuol dire che un computer crea abiti elaborando esclusivamente i dati che gli vengono forniti e che magari quello stesso strumento poi li stampa anche in 3D: questo non si chiamerebbe più fashion. Dall’altra parte però, è anche sempre più anacronistico affidarsi ad artigiani che creano tutto su misura del cliente. Per questo ci vuole un equilibrio tra questi due estremi, utilizzando i dati per produrre in modo da soddisfare reali esigenze e ridurre gli sprechi.

Che cosa vuol dire, oggi, perseguire la sostenibilità nella moda?
Con mia figlia scherzo sempre dicendo che sono come James Bond, lavoro con la Corona Britannica per salvare il pianeta. Credo che la chiave di volta per l’ambiente sia mettere l’innovazione al servizio della sostenibilità. D’altra parte, finché tutti continuiamo ad agire nello stesso modo, non si inverte la rotta. Con la Task force di Re Carlo, ho lanciato il passaporto digitale, un certificato virtuale che serve per tracciare ogni passaggio di un capo dalla produzione alluso. Se vai in boutique a Parigi da Chloè e guardi il cartellino di un capo, trovi il passaporto digitale che ti consente di conoscere tutta la storia di quell’abito, dalle condizioni sociali in cui è stato prodotto a come poterlo riciclare. Perché alla fine la longevità è la chiave di volta della sostenibilità.

Pur lavorando nel mondo della moda, nel libro ammette di aver fatto gaffe di dress code. Come quella con Richard Gere
Qualche gaffe c’è stata, ma poi tutto è sempre finito in una risata generale. Lì eravamo nel 1995, a una cena da Armani. Mi presentai con la mia camicia di lino con il colletto alla coreana. Tra gli ospiti cera appunto Richard Gere, che mi fece notare come quel colletto in realtà fosse cinese e la Cina aveva invaso il Tibet che lui difendeva. Lì per lì rimasi spiazzato, ma niente di più: anzi, avevo imparato una cosa nuova.

Dal libro emerge una sua attenzione per la numerologia, in particolare per la magiadi alcune date simbolo della sua vita, come la fondazione di Yoox (21/3/2000)
Mi piace pensare che ci sia una sorta di “serendipity”, una specie di incrocio fortuito degli astri che ti sostengono e ti indicano la direzione giusta da seguire. Ma la vedo in una chiave più epica che spirituale, un po’ come i grandi eroi mitologici che affrontavano grandi imprese aiutati ogni tanto da un pizzico di magia.

Cosa si sente di dire ai giovani che si trovano oggi ad avere da un lato più facilità (pensiamo alle tecnologie o ai social) ma dallaltra anche meno possibilità vista la situazione socio-politica rispetto ai suoi tempi?
Di non accontentarsi, non arrendersi ad una vita infelice, ma di avere il coraggio di buttarsi. Leggendo la mia storia, ognuno ne trae ciò che gli serve di più: questo libro è dedicato proprio a chi vuole cambiare vita. Se uno ha unidea che lo rende più felice, ecco, vorrei poter aiutarlo a trovare la forza di mollare tutto e realizzare quel sogno. Proprio come ho fatto io.

Federico Marchetti: “Con Re Carlo ho rotto il ghiaccio parlando di scarpe vecchie. Dopo aver portato la Moda sul web, oggi lotto per salvare il pianeta”
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