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“Ha lasciato morire uno sherpa sul K2 per battere il suo record, vergogna”: l’alpinista “più veloce al mondo” Kristin Harila sotto accusa

Lo sherpa 27enne lascia moglie, 3 figli e la madre. Sui social scoppia la polemica

di F. Q.

La 37enne Kristin Harila è l’alpinista più veloce al mondo: è stata in grado di raggiungere la vetta dell’Everest (8.848 metri) e del Lhotse (8.516 metri) in meno di otto ore. Tuttavia, adesso, dopo aver stabilito un nuovo record il 27 luglio scorso – ha scalato tutti e 14 monti oltre gli ottomila metri in tre mesi e un giorno -, è accusata di aver preferito proseguire la salita piuttosto di aiutare uno dei suoi sherpa in fin di vita. Dopo le dichiarazioni del collega Mingma G., che sosteneva che l’alpinista avesse imbrogliato raggiungendo in elicottero il campo 2 del Manaslu, adesso Harila è al centro della polemica dopo la diffusione di un video in cui si vede il pakistano Mohammed Hassan lasciato solo a morire sul K2. Nel filmato, ripreso da un drone, si vede l’alpinista e il team superare il 27enne, caduto in uno strapiombo a circa 8.200 metri, per proseguire sino alla vetta, 8.609 metri.

“Lo sherpa viene curato da una persona mentre tutti gli altri spingono verso la vetta. Il fatto è che non c’è stata un’operazione di salvataggio organizzata, anche se c’erano sherpa e guide alpine sul posto che sarebbero potuti intervenire”, hanno spiegato i creatori della clip Wilhelm Steindl e Philip Flämig. L’uomo, poco dopo, è morto, 3 ragazzi e la mamma. A seguito della diffusione del filmato, la reazione degli utenti sotto il post dei festeggiamenti di Harila, come era prevedibile, non si è fatta attendere. “Senza il filmato del drone, il mondo avrebbe festeggiato questo record ma ora sei tu il perdente che ha lasciato morire un uomo per un record”, ha scritto un utente. Ancora: “Vergognatevi. Questo mondo non ha bisogno di record come questo”.

Harila a questo punto ha spiegato: “(…) Il collo di bottiglia del K2 è un posto pericoloso, ci sono neve e ghiaccio che incombono su di te e cammini su un sentiero estremamente stretto, con la neve che può crollare in qualsiasi momento. All’improvviso Hassan è caduto… All’inizio nessuno si è mosso, probabilmente per lo shock e la paura, poi ci siamo resi conto che era appeso a testa in giù e non era in grado di arrampicarsi da solo. Deve essere caduto da quasi 5 metri. (…) Abbiamo provato a sollevarlo per un’ora e mezza e il mio cameraman è rimasto un’altra ora a prendersi cura di lui. In nessun momento è stato lasciato solo. Quando ci siamo resi conto che per Hassan c’erano tante persone e che avrebbe ricevuto più aiuto abbiamo deciso di proseguire perché troppe persone nel collo di bottiglia avrebbero reso più pericoloso il salvataggio. Credevo che avrebbe ricevuto tutto l’aiuto possibile e che sarebbe stato in grado di scendere“.

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