L’allarme per le ricadute della decisione del governo di tassare gli extraprofitti delle banche va spegnendosi. Eppure economisti ed opinionisti avevano paventato sciagure. Fuga degli investitori dall’Italia, capitalizzazioni in fumo, spread in rialzo. Per ora non è successo niente di tutto questo. In borsa i forti cali dei titoli bancari nel primo giorno dopo l’annuncio sono stati in gran parte recuperati nelle due sedute successive come, tutto sommato, non era impossibile prevedere. Il valore di un’azione dipende fondamentalmente dagli utili attesi. I mercati, dove oltre i due terzi degli scambi sono regolati da algoritmi, hanno reagito all’annuncio a sorpresa. Poi, fatti due conti, e dopo le precisazioni in senso restrittivo da parte del ministero dell’Economia, si è visto che gli effetti finali sui profitti sarebbero stati ben poca cosa. Lo spread non si è praticamente mai mosso. Il primo giorno i rendimenti dei titoli italiani sono anzi scesi, un po’ meno di quelli tedeschi, il che ha determinato un lieve aumento del differenziale che giovedì si è di nuovo ridotto. Persino le agenzie di rating hanno dovuto spiegare che grandi rischi non ce ne sono, né per la profittabilità delle banche, né per l’affidabilità creditizia del paese. C’è comunque un precedente che, prima di strepitare di un’ “Italia sulla via dell’Argentina” e via dicendo, si sarebbe potuto facilmente tenere presente.

La Spagna ha introdotto una tassa sugli extraprofitti bancari nel luglio 2022. È piuttosto simile a quella varata dal governo italiano, seppur con alcune differenze. Naturalmente, anche in Spagna, le banche avevano fortemente criticato il provvedimento ma le ripercussioni non sembrano essere state particolarmente traumatiche. Nell’ultimo anno le due principali banche del paese Santander e Bbva, hanno guadagnato in Borsa rispettivamente il 38% e il 51%. La terza, Caixa bank, il 27%. I rendimenti dei titoli spagnoli si sono mossi in linea con il resto del mercato, sono cresciuti meno di quelli tedeschi o francesi (lo spread è quindi sceso) e rimangono al di sotto di quelli italiani.

Nel 2022 le banche spagnole hanno incamerato utili per 20 miliardi di euro (+ 25% sul 2021), nelle attese la tassa dovrebbe fruttare circa 2 miliardi di euro. Una cifra simile a quella stimata in Italia. La differenza più importante è che il prelievo si applica non solo al margine di interesse (differenza tra interessi incassati e pagati) ma anche ai proventi da commissioni. Il che ha l’innegabile vantaggio di eliminare la possibilità di aumentarne il costo per compensare la tassa da pagare sul margine di profitto. I gruppi bancari devono versare allo Stato il 4,8% di queste due voci. L’aliquota è più basso rispetto al 40% italiani ma si applica sull’intera somma, non sulla differenza rispetto all’anno precedente. Tuttavia l’imposta scatta solo se i proventi da commissione e margine d’interesse superano gli 800 milioni di euro. Come la misura italiana, anche quella spagnola ha un effetto di riduzione sui profitti stimato in circa il 10% e, per ora, è una tantum. Riguarda i bilanci 2022 e 2023, i più interessati dai benefici dei rialzi dei tassi Bce. Alla fine del 2024 verrà fatta una valutazione della loro applicazione e verrà riconsiderata la possibilità di renderli permanenti.

Le banche spagnole e italiane sono tra quelle che sono state più avare nel trasferire i benefici dei rialzi dei tassi di interesse ai loro depositanti. Secondo una stima di Standard and Poor’s in una misura di appena il 10%, contro il 20% della Germania e il 35% della Francia. Il che può contribuire a spiegare perché i rispettivi governi hanno deciso di intervenire un po’ più a gamba tesa. Non è morto e non morirà nessuno. In ogni caso le banche italiane chiuderanno il 2023 con profitti record. Se non volessero dare allo stato la soddisfazione di incassare un paio di miliardi basterebbe loro aumentare di uno “zero virgola” la remunerazione dei depositanti. Cosa da tempo sollecitata anche dalla Banca centrale europea. Giovedì sera un portavoce della Commissione europea ha detto: “Non abbiamo commenti da fare al momento. La Commissione continuerà a monitorare le priorità specifiche dei Paesi nel contesto del semestre europeo”.

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