È straziante il pianto delle prefiche del libero mercato, in lutto per il decreto sugli extra profitti bancari. Tradite da chi mai avrebbero pensato: un governo di destra-destra. Il palco più gettonato è il Corriere della Sera (di cui Mediobanca possiede il 10%). Parte Francesco Giavazzi, bocconiano d.o.c. ed ex consigliere economico di Mario Draghi, il premier che varò la tassa sugli extraprofitti delle industrie energetiche, con plauso generale. “Si rischia lo stop agli acquisti dei titoli di stato” scrive Giavazzi, evocando il classico spauracchio buono per ogni stagione. Un’argomentazione sventolata ieri su Twitter un’altra firma del quotidiano, Federico Fubini che segnalava tra gli effetti del provvedimento l’aumento dello spread. Peccato, sia per Giavazzi che per Fubini, che i rendimenti dei titoli di Stato italiani ieri siano scesi (dunque nessuna corsa a vendere) e oggi si muovono come quelli tedeschi. Lo spread si è allargato ieri “in retromarcia” ovvero perché i rendimenti tedeschi sono scesi un po’ di più di quelli italiani. Il Corriere dà poi voce ad una persona al di sopra di ogni sospetto: il banchiere Lorenzo Bini Smaghi, presidente del cda del colosso francese Société Générale, secondo cui la tassazione “È una distorsione del mercato” e presenta “rischi di incostituzionalità”. Mancano solo le cavallette.

In soccorso delle banche accorre anche la corrispondente da Roma del Financial Times Amy Kazmin che ci spiega che Giorgia Meloni non comprende “le ramificazioni nei mercati delle politiche populiste”. A seguire virgolettato di Lorenzo Pregliasco, esperto di politica improvvisato analista finanziario, che, mentre piazza Affari chiude in rialzo e le banche recuperano gran parte dei cali di ieri, afferma: “pensavano fosse una misura senza grande impatto sui mercati”.

Sul quotidiano Domani a stracciarsi le vesti è l’editorialista Alessandro Penati (fondatore ed ex presiedente di Quaestio Capital, sgr che gestisce i soldi raccolti dalle banche): “La mossa dannosa di un governo disperato. L’intervento del governo con un’imposizione ad hoc in un settore aperto alla concorrenza e in regime di libertà di movimento dei capitali, crea un problema di credibilità nei confronti degli investitori stranieri“. In Spagna, dove è in vigore una misura simile, non sembra che gli investitori siano fuggiti a gambe levate. I due principali gruppi bancari del paese, Santander e Bbva, hanno guadagnato in Borsa da inizio anno rispettivamente il 25% e il 19%. Più di Intesa Sanpaolo. Penati, secondo cui “si rasenta il peronismo” spera che a questo punto l’Italia non faccia la fine dell’Argentina.

Scrive anche che con questa logica “avremmo dovuto sussidiare le banche quando i tassi erano negativi”. Premesso che i tassi sono andati in negativo dopo un disastro finanziario che ancora paghiamo causato dalle stesse banche, quello che dice Penati è esattamente ciò che è avvenuto, anche se in modo un po’ mascherato. Per anni la Bce ha pagato le banche per prendere in prestito i soldi, miliardi che in teoria avrebbero dovuto essere usati per fare prestiti a imprese e famiglie ma che invece venivano investiti in titoli di Stato, il cui valore era sostenuto e accresciuto dagli acquisti della stessa Bce, migliorando gli utili degli istituti di credito. Anche così nasce l’inflazione che pesa su tutti noi, a cominciare dai lavoratori dipendenti. Neppure risulta che da Domani si siano levate critiche alla proposta presentata alla Camera dai parlamentari del Pd lo scorso 23 luglio che prevedeva una misura sostanzialmente identica a quella approvata ieri.

Come sempre, le virtù del libero mercato e del ruolo sussidiario dello Stato, vanno celebrate a giorni alterni. Ci si spertica in lodi quando si tratta di tenere per sé i profitti, si tace quando vanno distribuite le perdite. Il funzionamento del mercato è stato altrettanto alterato, se non di più, sia in Italia che altrove, dagli innumerevoli interventi per salvare banche sull’orlo del fallimento. Solo qualche mese fa il governo svizzero ha messo sul piatto il denaro dei contribuenti per rimediare ai disastri del Credit Suisse e quello statunitense è intervenuto per salvare una miriade di istituti medio piccoli. Sempre secondo Penati però in questi casi: “L’intervento pubblico ha circoscritto la crisi”.

A dare il là è stato forse un surreale tweet di un altro dei maître à penser del liberismo nostrano, il deputato di Italia Viva Luigi Marattin che avvisa “si crea un precedente pericoloso. Se si interviene sugli extraprofitti, bisogna intervenire anche in caso di extra perdite”. Ora, sorge spontanea una domanda, quando mai i governi non sono intervenuti in caso di grosse perdite bancarie? Mps, Veneto Banca, Popolare Vicenza, Banca Marche….tutto dimenticato.

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