Cultura

Elliott Erwitt, da Jackie Kennedy e Marylin ai cagnolini come modelli: in mostra ad Abano gli scatti del maestro americano

Fino al 25 giugno al museo Villa Bassi Rathgeb resterà "Elliott Erwitt-Vintage", retrospettiva dedicata al grande fotografo della Magnum, oggi novantacinquenne. Un viaggio nel suo universo bizzarro, tra eventi storici epocali e piccoli accidenti quotidiani. Sempre alla ricerca dello straordinario nell'ordinario

di Serena Tacchini

Un uomo di mezza età con i capelli bianchi arruffati, le sopracciglia spettinate, gli occhiali storti: Elio Romano Erwitz [Parigi, 26 luglio 1928] accoglie il visitatore infilandosi l’indice nel naso, rompendo al primo sguardo il limite della pellicola e ogni formalità con il visitatore. Elliott Erwitt è un cittadino del mondo che ha attraversato il Novecento trascendendone luoghi e tempi con la sua fotografia, universale come i sentimenti che racconta. Con un’ironia elegante mai insolente, è funambolo tra il non detto e il non senso, sempre in equilibrio nei suoi scatti lungo quel filo steso tra ciò che guardiamo superficialmente e ciò che invece riesce a cogliere lo sguardo dell’artista.

Nato in Francia da genitori ebrei di origine russa, dopo i primi dieci anni a Milano le leggi razziali costringono la famiglia a rifugiarsi oltreoceano. Dal primo lavoro in una camera oscura di Hollywood alla prima personale al Moma di New York è stata questione di un incontro: Edward Steichen, l’allora direttore del dipartimento di fotografia del museo, volle esporre quattro foto di quello sconosciuto ventisettenne in una mostra epocale, entrata nel Registro della Memoria del Mondo Unesco, The Family of Man. Elliott Erwitt s’impose così all’attenzione internazionale nel 1955, dando un volto all’amore incondizionato di una madre, la sua prima moglie, mentre guarda rapita la loro Ellen neonata, stesa sul letto sotto lo sguardo attento del micio di casa. Robert Capa gli aprì le porte del tempio della fotografia, l’agenzia Magnum, che Erwitt conquistò alla fine degli anni Sessanta diventandone il presidente.

Si concluderà tra poco meno di un mese il viaggio nella fotografia del Novecento intrapreso lo scorso anno dal Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme: dopo il grande successo delle mostre dedicate a Eve Arnold e Robert Capa, fino al 25 giugno sarà possibile visitare Elliott Erwitt-Vintage, la retrospettiva dedicata al grande fotografo statunitense, oggi novantacinquenne. La voce del curatore Marco Minuz si fa da parte per lasciare spazio alle parole del fotografo stesso che accompagnano il visitatore attraverso settant’anni di carriera: nella villa cinquecentesca ai piedi dei Colli Euganei l’allestimento si apre con pochi scatti rarefatti in bianco e nero su fondo giallo che danno respiro a uno spazio dal soffitto incombente. Dalla luce artificiale che illumina le foto iconiche di grande formato allestite a muro nel piano sotterraneo, si passa alla luce naturale del primo piano, che gioca con i colori degli affreschi e avvolge in un contrasto vincente le 154 fotografie vintage di piccolo formato selezionate direttamente dall’autore.

Tra vista e visione, Erwitt è il fotografo “dell’attesa”, alla ricerca dello straordinario nell’ordinario: fortuna e istinto possono cogliere quella magia, quell’attimo improbabile ai limiti del surreale che si aspetta ma non si sa se accadrà mai. Così le sue foto succedono, fermi immagine nitidamente poetici di normalità. Il suo humour non ridicolizza ma insinua dubbi, nell’affrontare i temi della religione, della guerra, del razzismo, dei tabù erotici, dell’arte stessa.

C’è la sua firma su una delle foto più struggenti e iconiche impresse nella memoria collettiva del secolo scorso: la lacrima s’impiglia nella veletta nera di Jacqueline Kennedy, inconsolabile al funerale del marito. Fa innamorare il sorriso di una bellissima Norma Jeane Baker, ancora più diva quando smette i panni di Marilyn Monroe per regalarsi con un libro un intimo momento di tranquillità.

Nei suoi ritratti i bambini e i cani non hanno meno importanza dei personaggi che hanno scritto la storia contemporanea o quella del cinema: le sue fotografie sono istantanee di uno sguardo curioso che si meraviglia ancora nella variegata monotonia della quotidianità, fatta di accidenti che strappano sempre un sorriso. Erwitt racconta i difetti più elementari di un’unica grande famiglia così umana e imperfetta, i vizi della borghesia che cambia con la rivoluzione economica, ne sgonfia la pomposità e l’ipocrisia. Nel suo universo i cani sono estensioni fisiche, emotive ed espressive dei loro padroni, ai quali rubano la scena e scompigliano con un colpo di coda il bon ton e le pose ingessate da salotto. Elliott Erwitt ha l’umanità negli occhi e nel cuore ma non dimentica le oscurità di un mondo dalle mani insanguinate, in cui il bianco e il nero sono stati – e sono – i colori della pelle e non solo della pellicola. Emblematico è il ritratto del bambino di colore che si punta una pistola giocattolo alla tempia e ride all’obiettivo: ironica o atroce, ironicamente atroce nel suo dualismo tra vita e morte, è l’immagine della ferita profonda di un imperialismo mai sradicato.

Fermi immagine di un universo complice che a spiegarli a parole perdono tutto il loro potere evocativo: Erwitt incornicia frammenti di mondo che sono promessa e nostalgia ma lascia il finale aperto, alla libera interpretazione di chi vuole dare loro il proprio lieto fine. Così in una Parigi piovosa e deserta un uomo danza davanti alla Torre Eiffel, leggero come i cuori di una coppia di amanti ai quali il vento soffia via gli ombrelli insieme alla nostra tristezza.

***

Vintage Elliott Erwitt
Dove
| Museo Villa Bassi Rathgeb – Abano Terme, Padova
Quando | Fino al 25 giugno
A cura di | Marco Minuz
Orari di apertura | Lun-giov dalle 14.30 alle 19, merc 9-13, ven-dom 10-13/14.30-19, mart chiuso
Web | museovillabassiabano.it
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