Circa 14mila docenti che hanno ottenuto l’abilitazione all’insegnamento all’estero il prossimo anno resteranno ancora a casa a causa del ritardo del ministero dell’Istruzione e del merito nell’andare a esaminare la validità o meno del percorso fatto.

Il ministro leghista Giuseppe Valditara, per ora, ha previsto che i docenti in attesa del riconoscimento del titolo estero siano posizionati in coda alle graduatorie rispetto a chi lo ha conseguito in Italia o lo conseguirà entro giugno 2023. Una brutta notizia per tutta la platea dei maestri e professori, soprattutto del Sud Italia che negli scorsi anni hanno fatto dei veri e propri viaggi della speranza per poter trovare lavoro.

La vicenda è complessa. Nello scorso mese di gennaio l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato aveva emesso la seguente sentenza: “Spetta al ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative”. Tradotto: un via libera per i circa 14mila aspiranti prof che negli anni scorsi si erano recati fuori dall’Italia – soprattutto in Bulgaria e Romania – per svolgere il percorso di formazione necessario a ottenere una cattedra, anche di sostegno.

Ora le bocce sono di nuovo ferme a causa del Governo. A spiegarci il perché è Giuseppe d’Aprile, il segretario nazionale della Uil scuola: “Il Ministero con il decreto legge 44/2023 – provvedimenti urgenti per la pubblica amministrazione – ha previsto che i docenti in attesa del riconoscimento del titolo estero siano posizionati in coda alle graduatorie rispetto a chi lo ha conseguito in Italia o lo conseguirà entro giugno 2023. Evadere entro l’inizio del prossimo anno scolastico le oltre 13mila istanze dei docenti con il titolo conseguito all’estero e garantire i giusti diritti di quanti sono inseriti a pieno titolo nella prima fascia delle graduatorie e di coloro che sono inseriti in II fascia di sostegno con esperienza almeno triennale, eviterebbe negative ricadute sulla continuità didattica degli alunni e controproducenti fratture tra i precari”. La Uil Scuola ritiene da tempo, che il sistema misto – titoli esteri e titoli italiani – contribuisca a creare divisione tra i precari incidendo negativamente anche sul pieno funzionamento della scuola. “Per noi – sottolinea il segretario – l’elemento di rivendicazione principale resta quello dell’accesso al sistema per l’acquisizione dei titoli universitari necessari all’insegnamento. Va eliminato il numero chiuso delle università che specializzano sul sostegno tenuto conto che circa l’85% dei titoli esteri riguarda l’insegnamento agli alunni con disabilità”.

A confermare il tutto è Marcello Pacifico, presidente dell’Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori): “Nonostante l’adunanza del Consiglio di Stato si sia espressa in maniera chiara, il ministero fa finta di nulla. Da gennaio ad oggi sono state presentate più di mille ordinanze ma il commissario nominato ad acta non risponde. Son tutte persone cui è impedito di fare un regolare contratto con la scuola e rischiano di finire a fare i supplenti. Tutto ciò portare inevitabilmente a nuovi contenziosi tra Stato e precari”.

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