Carcere fino a 20 anni per chiunque – individuo o organizzazione – “promuova consapevolmente l’omosessualità”. Pena di morte per chi è accusato di “omosessualità aggravata”, cioè chi ha rapporti omosessuali con minori di 18 anni e disabili o quando uno dei due partner è positivo all’Hiv o sotto minaccia. Il reato di “tentata omosessualità aggravata” viene invece sanzionato con la detenzione fino a 14 anni. L’Uganda sceglie la linea durissima contro l’omosessualità e vara una delle leggi più draconiane al mondo contro gli Lgbtiqa+, prevedendo non solo il carcere, ma in alcuni casi anche l’ergastolo e la pena di morte.

Una stretta, quella decisa dalla nuova legge firmata dal presidente Yoweri Museveni, che Joe Biden ha bollato come “una tragica violazione dei diritti umani universali“, chiedendone la revoca con una velata minaccia di sanzioni. E contro cui è insorta la comunità internazionale con l’Unione europea che ha deplorato la decisione di Museveni: “La legge introduce pene severe, tra cui la pena di morte, a cui l’Ue si oppone in ogni circostanza” ed “è contraria al diritto internazionale dei diritti umani e agli obblighi assunti dall’Uganda ai sensi della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli”, ha tuonato l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell.

Il testo della norma, approdato in Parlamento in marzo era stato approvato quasi all’unanimità il 2 maggio con leggere modifiche che però non avevano riguardato la pena di morte, che da anni non è applicata nel Paese, inflitta in caso “omosessualità aggravata”. Già a marzo la legge era stata stata descritta come “un testo discriminatorio, probabilmente il peggiore del suo genere al mondo“, dal capo dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Unhchr), Volker Türk, che oggi ha rinnovato la propria condanna. Confermando un messa in guardia già venuta da Washington, Biden ha chiesto ai servizi della Casa Bianca di valutare le ripercussioni della legge “su tutti gli aspetti della cooperazione” fra Usa e Uganda.

Dal canto suo Amnesty International ha parlato di “un giorno terribilmente buio per i diritti delle persone Lgbtqia+ e per l’Uganda” a causa di questa “legge profondamente repressiva che, oltre a rappresentare “un grave attacco ai diritti umani e alla Costituzione dell’Uganda, nonché agli accordi regionali e internazionali per i diritti umani (…) non farà altro che legalizzare la discriminazione, l’odio e i pregiudizi contro gli ugandesi Lgbtqia+ e i loro sostenitori”. La legge sembra avere di un ampio sostegno popolare in Uganda o almeno c’è stata poca opposizione nel Paese dove l’omofobia è diffusa come nel resto dell’Africa orientale e Museveni governa con il pugno di ferro dal 1986. E oggi la speaker del Parlamento di Kampala, Anita Annet Among, ha salutato la norma come un successo: “Abbiamo risposto alle grida del nostro popolo, alla sua preoccupazione. Abbiamo legiferato – ha scritto su Twitter – per proteggere la santità della famiglia”.

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