In Lombardia in quasi il 19% dei campioni di acqua destinata a uso potabile analizzati dal 2018 dalle autorità competenti è stata registrata la presenza di Pfas. Si tratta di pericolose sostanze perfluoroalchiliche utilizzate in industria che, chiamate ‘forever chemicals’ per la loro lunga persistenza nell’ambiente, sono associate a numerosi problemi per la salute, tra cui alcune forme di tumore. Lo ha scoperto l’Unità investigativa di Greenpeace Italia inviando, tra ottobre 2022 e gennaio 2023, una serie di richieste di accesso agli atti (Foia) a tutte le Ats (Agenzia di tutela della salute) e agli enti gestori delle acque lombarde. Dopo quanto accaduto in Veneto con la contaminazione di tre province (Vicenza, Padova e Verona), infatti, già da anni in alcuni territori lombardi gli enti hanno iniziato ad eseguire alcune analisi specifiche. Dopo le richieste di accesso agli atti, la ong ha potuto visionare i risultati: su 4mila campioni, 738 sono positivi alla presenza di queste sostanze. “Rispetto a tutti i risultati dei campioni ricevuti – spiega Greenpeace Italia – vi sono casi in cui la contaminazione è a livello di acqua di captazione e altri in cui è specificato che si tratta di acqua immessa nella rete post trattamento. Nella maggior parte dei casi, però, gli enti non hanno specificato per ciascun campione se si tratta di acqua di pozzo o di quella che esce dal rubinetto di casa”. Secondo la ong “sono migliaia i cittadini lombardi che, dal 2018, hanno inconsapevolmente consumato acqua contenente queste sostanze perfluoroalchiliche”.

La denuncia dei rischi e la smentita degli enti – Greenpeace fornisce una mappa attraverso la quale è possibile consultare gli esiti delle indagini ma in cui la percentuale di campioni positivi, spiega, “è verosimilmente sottostimata, date le analisi parziali condotte dagli enti”. “In alcuni Comuni della Lombardia – racconta a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – le autorità erano al corrente da anni di questa contaminazione, eppure non risultano campagne informative rivolte alla popolazione. Di conseguenza, in alcuni comuni e per alcuni periodi, dai rubinetti è stata erogata acqua che i limiti introdotti più di recente considerano non sicura per la salute umana. E non si può escludere che queste contaminazioni stiano andando avanti tuttora”. Ma per Water Alliance, la rete che unisce i gestori regionali, “l’acqua che esce dai rubinetti non è pericolosa”, grazie “ai costanti controlli effettuati. Prima di uscire dal rubinetto – commenta Water Alliance – l’acqua viene sottoposta a un capillare processo di potabilizzazione che esclude qualsiasi danno per la salute”. Sulla stessa linea anche MM Spa, che gestisce le acque della città di Milano: “I risultati delle analisi nei 335 campioni d’acqua destinata al consumo umano prelevati nella città di Milano nel 2021 e 2022 (risultati forniti a Greenpeace) sono assolutamente confortanti e confermano che i valori rilevati di queste sostanze sono assenti o ampiamente inferiori rispetto a quanto previsto dalla Direttiva UE 2184 (= 0,1 microgrammi litro come “Somma di PFAS”)”.

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La mappa della contaminazione da Pfas in Lombardia – Rispetto ai campioni presi in esame, la maglia nera spetta alla provincia di Lodi, con l’84,8% dei risultati dei campioni positivo alla presenza di Pfas, a seguire le province di Bergamo e Como, con il 60,6% e il 41,2% dei campioni contaminati. La provincia di Monza e Brianza conta più del 32% dei risultati positivi, mentre quella di Cremona è al 28,3%. L’area milanese si attesta a metà classifica con il 20,8% delle analisi positive. La provincia di Milano, infatti, conta il maggior numero di campioni contaminati (201), ma è anche quella dove sono stati fatti più campionamenti (966) rispetto ad altre aree. Seguono le province di Pavia (14%), Varese (11%), Brescia (9,6%, anche se con 149 campioni positivi è seconda per numero di contaminazioni rilevate dopo Milano), Lecco (5%), Sondrio (3,6%) e Mantova (2,7%). Tra i Comuni con i valori di contaminazione più elevati, ci sono Crema, Crespiatica (in provincia di Lodi) e Pontirolo Nuovo (provincia di Bergamo), con dati che superano in tutti i casi i mille nanogrammi per litro (ng/l) di Pfas per singolo prelievo. “Risultati non incoraggianti sono emersi anche rispetto alla città di Milano, con poco meno di un campione su tre risultato contaminato. Dei 367 risultati di campioni consegnati, più del 31% ha rilevato la presenza di Pfas” racconta Greenpeace. Tra le aree della città che presentano le contaminazioni più elevate, Crescenzago, Cantore, Anfossi, Assiano, Lambro, Padova. “Greenpeace Italia pubblicherà prossimamente un approfondimento sulla situazione a Milano – annuncia la ong – con una mappatura delle zone più contaminate”.

Greenpeace: “Un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo” – “L’indagine condotta in Lombardia svela l’esistenza di un’emergenza ambientale e sanitaria fuori controllo che le autorità locali e nazionali continuano a sottostimare, nonostante sia chiaro che la contaminazione da Pfas coinvolga migliaia di persone, spesso esposte al rischio in modo inconsapevole” spiega Giuseppe Ungherese. Il lavoro d’inchiesta della ong conferma e approfondisce il filone italiano dell’indagine di ‘The Forever Pollution Project’, realizzata da 18 redazioni europee, su 17mila siti contaminati in tutta Europa e pubblicata a marzo 2023. Anche se le contaminazioni riscontrate in Lombardia sono quasi ovunque di gran lunga inferiori a quelle registrate in Veneto nel 2013, il problema è che queste sostanze sono considerate potenzialmente pericolose per la salute umana a qualsiasi concentrazione. “L’unico valore cautelativo – spiega Ungherese – è la loro completa assenza nell’acqua destinata al consumo umano, negli alimenti, nel suolo e nell’aria”. In Italia, però, sono ampiamente utilizzati perché non esiste una legge che ne vieti produzione e utilizzo. E così, protagonisti di diversi processi industriali, si trovano in cosmetici, capi di abbigliamento impermeabili, padelle antiaderenti, imballaggi in carta. Gli effetti sulla salute? Problemi alla tiroide, danni al fegato e al sistema immunitario, riduzione del peso alla nascita dei neonati, obesità, diabete, elevati livelli di colesterolo e riduzione della risposta immunitaria ai vaccini, diabete gestazionale, impatto negativo sulla fertilità, oltre che alcune forme tumorali come il cancro al rene e ai testicoli. “Sono le persone fragili, i bambini e le donne in stato di gravidanza a pagare il prezzo più alto dell’esposizione a queste sostanze” sottolinea Greenpeace.

Nessun obbligo a verificarne la presenza negli acquedotti – L’assenza di una legge non è l’unico problema. Nonostante diverse nazioni in Europa (Germania, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca e Norvegia) abbiano chiesto di vietarne uso e produzione e in Veneto ci sia il più grave caso di contaminazione da Pfas del continente europeo, in Italia queste sostanze non sono attualmente inserite tra i parametri da monitorare nelle acque destinate al consumo umano. Gli enti gestori delle acque non sono obbligati a verificarne la presenza negli acquedotti. “E nei casi in cui vengono eseguite delle indagini – racconta Greenpeace – i parametri di riferimento sono quelli stabiliti dal ministero della Salute nel 2014, che però non sono a tutti gli effetti dei limiti di legge nazionali”. Finora, quindi, è stata effettuata una ricerca discrezionale da parte di gestori e delle Ats, che diventerà obbligatoria solo nei prossimi anni grazie al recepimento delle Direttiva comunitaria 2020/2184, con il decreto Legislativo 18 del 23 febbraio 2023. Diversi enti pubblici lombardi, però, soprattutto dopo quanto scoperto in Veneto, hanno iniziato a monitorare queste sostanze pericolose, seppur attraverso analisi a campione. Analisi di cui Greenpeace Italia ha chiesto e ottenuto i risultati.

L’appello – Alla luce di quanto emerso, l’organizzazione chiede a governo, Parlamento e ai ministeri competenti “di assumersi le proprie responsabilità approvando in tempi brevi una legge che vieti l’uso e la produzione di tutti i Pfas – continua Ungherese – insieme all’adozione di adeguati provvedimenti di bonifica e all’individuazione di tutti i responsabili dell’inquinamento”. E alla Regione Lombardia, così come a tutte le regioni italiane di varare un piano di monitoraggio sulla presenza di Pfas nelle acque potabili e di rendere disponibili alla collettività gli esiti di tali indagini. “Chiediamo inoltre che in tutta la Regione Lombardia – aggiunge Greenpeace – si rispetti il valore Pfas zero nell’acqua potabile, con interventi che, oltre a individuarne le fonti, blocchino a monte l’inquinamento con la promozione di un piano di riconversione industriale di tutti quei processi produttivi responsabili dell’immissione di Pfas nell’ambiente”.

Da MM Spa riceviamo e pubblichiamo:

L’acqua di Milano è controllata e sicura, rispettando anche le più severe normative europee. Con riferimento all’iniziativa di Greenpeace che ha raccolto i dati di analisi dei campioni di acqua in Lombardia, MM Spa – che gestisce il servizio idrico della città di Milano – precisa che da alcuni anni rileva con continuità anche i parametri PFOS, PFOA e somma di altri PFAS nel proprio Piano di Autocontrollo, ben prima che questi fossero espressamente previsti dalla normativa, proprio per prevenire eventuali contaminazioni e garantire un’alta qualità dell’acqua potabile. I risultati delle analisi nei 335 campioni d’acqua destinata al consumo umano prelevati nella città di Milano nel 2021 e 2022 (risultati forniti a Greenpeace) sono assolutamente confortanti e confermano che i valori rilevati di queste sostanze sono assenti o ampiamente inferiori rispetto a quanto previsto dalla Direttiva UE 2184 (= 0,1 microgrammi litro come “Somma di PFAS”).

Da Water Alliance riceviamo e pubblichiamo:

“È mio dovere rassicurare i cittadini lombardi, turbati da una clamorosa fake news. L’acqua che esce dai rubinetti della nostra regione non presenta alcun rischio per la salute. Affermare il contrario significa procurare un allarme assolutamente ingiustificato, assumendosi gravi responsabilità sia civili che penali”. È netta la risposta dell’ingegner Enrico Pezzoli, portavoce di Water Alliance-Acque di Lombardia, rispetto alla pubblicazione di dati allarmanti sulla qualità dell’acqua pubblica da parte di Greenpeace, anche attraverso diverse testate locali e nazionali. Sono stati completamente travisate le informazioni fornite dai 13 gestori del Servizio Idrico Integrato che fanno parte della rete Water Alliance-Acque di Lombardia e che collaborano all’insegna dell’assoluta trasparenza che connota un servizio pubblico votato a tutelare un diritto essenziale della cittadinanza. Tutti i gestori hanno messo a disposizione le informazioni del caso, relative quasi esclusivamente alle acque grezze di falda. È però un grossolano errore confondere quest’acqua con quella che tutti noi beviamo! Prima di arrivare al rubinetto, come dovrebbe essere noto, essa viene infatti sottoposta a trattamenti di potabilizzazione precisamente regolati dalle norme in vigore. In particolare, in via cautelativa, da anni la totalità delle acque viene trattata – ad esempio – con sistemi di filtrazione a carboni attivi per agire sui PFAS (sebbene i limiti di legge per queste sostanze siano stati introdotti dal D.lgs 18/2023, che ne prevede l’entrata in vigore nel febbraio 2026). È quindi da escludere categoricamente l’ipotesi che l’acqua pubblica bevuta in Lombardia non rientri nei canoni non solo della legge in vigore, ma anche della effettiva tutela della salute dei cittadini. “Siamo sconcertati di fronte all’insinuazione che l’acqua da noi portata nelle case sarebbe pericolosa: è un messaggio sbagliato e fuorviante”, aggiunge Pezzoli. “Al contrario, bisogna incentivarne il consumo da parte dei cittadini: l’acqua del rubinetto è perfettamente sicura e contribuisce a ridurre sia il consumo di plastica, sia la spesa delle famiglie”. Pezzoli, che è anche Presidente e AD di Como Acqua (gestore unico della provincia comasca), si riserva azioni legali nei confronti dei responsabili di questa comunicazione ingannevole: “Nonostante la crisi idrica e quella energetica, le 13 aziende che formano Water Alliance-Acque di Lombardia lavorano duramente giorno dopo giorno per tutelare la salute dei cittadini lombardi, che devono poter dormire sonni tranquilli. È inaccettabile che, facendo confusione con i dati, si metta in discussione il rapporto di fiducia che ci lega ai rispettivi territori. Ognuno di noi è responsabile di ciò che fa nei confronti di tutti gli stakeholder: cittadini, amministrazioni comunali e provinciali, enti locali, Regione ed anche dipendenti e fornitori. Abbiamo certificazioni e laboratori che dimostrano in maniera inequivocabile la bontà del nostro lavoro e l’assoluta sicurezza della nostra acqua. Andiamo quindi a testa alta e non accettiamo di essere infangati in questo modo. Per questo valuteremo l’ipotesi di tutelare noi stessi, ma soprattutto i cittadini, agendo nelle sedi opportune”.

IL DISOBBEDIENTE

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