I fondi del Pnrr destinati alle convenzioni e i partenariati con i privati per aumentare i posti letto destinati agli studenti universitari rischiano di trasformarsi in un buco nell’acqua. Almeno sul fronte dei prezzi che gli studenti fuori sede saranno costretti a pagare. Le stime parlano di un risparmio finale del 15% rispetto alle tariffe standard, percentuale che – per esempio in un contesto come Milano – sarebbero inaccessibili per le fasce medio basse della popolazione. Per l’assessore alla Casa del Comune di Milano, “le tariffe degli studentati convenzionati si basano su un’analisi economica che tiene conto dei costi di costruzione. L’aumento di questi ultimi causa un incremento dei prezzi finali. E di questo dobbiamo darne atto”. È il commento di Pierfrancesco Maran al termine dell’incontro con gli studenti e i rettori sul caro affitti dopo le proteste degli scorsi giorni. “Oggi le cifre di uno studentato sono percepite come alte, indubbiamente è così anche con il contributo pubblico a integrazione”. E allora cosa fare? “Dobbiamo saperlo – aggiunge – lo studentato senza un sussidio pubblico è difficile che vada su prezzi considerabili bassi”. Quindi qual è l’utilità di coinvolgere il privato se serviranno altri interventi economici pubblici per abbassare le tariffe? “Su questo sarebbe meglio discuterne con chi ha fatto quelle regole – continua Maran – in questo momento la capacità realizzativa del sistema pubblico arriva fino a un certo punto e il Pnrr ha una scadenza perentoria, così il bando del ministero mi sembra che abbia l’obiettivo di andare ad abbassare i prezzi degli studentati privati”. “La questione di fondo è di quanto abbassano la retta”, ragiona Maran. “Bisogna però vedere i piani economici in maniera laica. I costi di costruzione sono aumentati quindi anche il contributo pubblico un po’ si perde come valore finale, perché abbassa il prezzo finale ma a una cifra che tutti percepiamo ancora alta anche se lo sarebbe di più”.

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