Cultura

Senza cda, revisori, comitati scientifici: il miracolo “all’italiana” dei musei autonomi. Il caso della Pinacoteca di Siena (dove arrivano i milioni Pnrr)

di Marco Ferri

Il sistema dei musei statali autonomi italiani è vario, ma non sempre il ministero da cui dipende è la madre premurosa che tutti si aspetterebbero, bensì un’insensibile matrigna. Per motivi d’immagine – secondo la regola che oggi conta più apparire che essere – sui media ci finiscono sempre e solamente i grandi musei, quelli “sempre primi in classifica”, quelli che la prima domenica del mese “hanno un numero di visitatori che fa boom”. E gli altri? Le geografia museale italiana è davvero tutta rose (quadri) e fiori? Ma neanche per idea. E i motivi non mancano, anche perché alcuni musei non sono messi in condizione di lavorare al meglio e ciò avviene quando la stagione turistica è appena iniziata.

Prendiamo per esempio la Pinacoteca di Siena, uno scrigno di assoluta bellezza, sede della più importante collezione di dipinti su tavola a fondo oro del Trecento e Quattrocento senese, con capolavori di Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Da più di un anno è diretta dallo storico dell’arte francese Axel Hémery il quale è costretto a lavorare senza due dei tre “strumenti” basilari per operare: il Comitato scientifico, ma soprattutto il Consiglio di amministrazione. Quest’ultimo permette all’istituzione di assumere impegni di spesa per tutto ciò che va oltre le bollette delle utenze; in mancanza di questo organo il direttore praticamente non può fare niente. Alla Pinacoteca senese lo Stato ha affidato circa un milione di euro per le spese correnti di quest’anno, ma stanno per arrivare anche 2,7 milioni di euro dal Pnrr che ovviamente faranno tanto comodo al museo, ma del cui utilizzo si è dovuto assumere la piena responsabilità il direttore Hemery, ma non il Cda, come invece dovrebbe accadere; soprattutto il dirigente ha preferito non rischiare di perdere una cifra così importante facendo prima l’interesse del museo e poi quello personale.

Ciò significa che al ministero non sono bastati più di 12 mesi per nominare il cda e il Comitato scientifico del museo senese – e poco conta il cambio di governo perché tutti si comportano alla stessa maniera -, così come sui motivi di questa doppia inadempienza pare inutile indagare perché la colpa – come spesso accade – morì fanciulla. Infatti sono caduti nel vuoto gli appelli ai vertici del ministero, dal ministro Gennaro Sangiuliano al sottosegretario Vittorio Sgarbi al capo di gabinetto.

La situazione ai confini della realtà per la Pinacoteca è completata dal fatto che Hemery non può contare sulla presenza del Cda e del Comitato scientifico ma solo su quella del Collegio dei Sindaci revisori, chiamati a controllare le spese. Come dire: mi è stata affidata un’auto che ha la spia del carburante perfettamente funzionante, ma non esiste modo di fare rifornimento, a meno che il direttore non se ne assuma la piena responsabilità.

Ma non basta: la situazione della Pinacoteca di Siena in parte è condivisa da altre realtà museali autonome italiane. Basta fare una veloce ricognizione per rendersi conto della diffusa assenza degli organi di supporto dei neodirettori.

Per esempio il laziale Parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia, diretto dall’archeologo Vincenzo Bellelli, può contare sul Cda e sul Collegio dei sindaci revisori, ma non sul Comitato Scientifico; al Parco archeologico di Sepino, in provincia di Campobasso, diretto dall’archeologo Enrico Rinaldi, da poco può contare su tutti e tre gli organi collegiali previsti e infatti i risultati si sono visti perché sono state messe in campo tante iniziative, tanti impegni di spesa che hanno portato a bei risultati apprezzati da tutti.

Diversamente, il nuovo Museo nazionale dell’arte digitale, diretto da Ilaria Ester Bonacossa, che avrà sede a Milano e sarà dedicato alla produzione e presentazione di contenuti digitali, per svolgere un ruolo strategico nello scenario culturale contemporaneo, è privo di tutti e tre gli organi collegiali previsti. Cioè un museo statale autonomo, appena nato e di nuova concezione, non può contare sui più basilari strumenti di lavoro. A volte si fa fatica a credere che possano esistere situazioni così ironiche.

Chiudiamo questa carrellata di “necessità” citando anche la Galleria dell’Accademia di Firenze, diretta da Cecilie Hollberg. Anche la “casa del David” di Michelangelo soffre di una carenza: il Collegio dei sindaci revisori è scaduto prima che nascesse il governo Meloni, ma l’attuale ministro non si è attivato per colmare l’evidente lacuna. Eppure si tratta del secondo museo più visitato d’Italia. In definitiva: il sistema museale statale autonomo è sì un’eccellenza, ma anche un miracolo!

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