Le ‘voci di dentro’ descrivono un Vincenzo De Luca molto adirato e indispettito per il precipitare degli eventi. Giri vorticosi di telefonate con i suoi fedelissimi e richiesta a tutti di indossare l’elmetto. Scavare una trincea e difendersi. Suona come una dichiarazione di guerra, infatti, l’invio da parte del Nazareno dei commissari: il senatore Antonio Misiasi e la senatrice Susanna Camusso rispettivamente per la segreteria campana del Pd e per la federazione di Caserta.

Il nodo Campania va sciolto, occorre fare in fretta. È un banco di prova nazionale che riguarda la credibilità del nuovo Partito democratico e della sua classe dirigente. Elly Schlein a differenza dei suoi predecessori Bersani, Renzi, Martina, Zingaretti e Letta non ha reso omaggio al sultano della Campania, non ha partecipato a pellegrinaggi, neppure a tavole rotonde e convegni costruiti per creare un clima ecumenico e di amicizia. Anzi nel momento in cui Stefano Bonaccini, il suo avversario alle primarie, apriva al terzo mandato di De Luca, la futura segretaria rispondeva a muso duro e senza tentennamenti. E quando – una settimana prima delle consultazioni – sono cominciati a circolare sondaggi che certificavano la probabile sorpresa ai gazebo, la Schlein e i suoi rappresentanti in Campania abilmente hanno dribblato i tentativi di avvicinamento dei mediatori e ganci del sistema deluchiano specializzato – con tanto di marchio di fabbrica – nelle ‘alleanze a geometria variabile’, dove vale tutto e il contrario di tutto.

Qualcuno come Piero De Luca, eletto alla Camera per la seconda volta con seggio incorporato nel collegio sicuro, portavoce della mozione Bonaccini e più che altro figliolo del governatore, sperava nella forza della diplomazia. Del resto Bonaccini, eletto presidente del Pd, avrebbe potuto, al momento giusto, far valere il suo peso anche a tutela di una storia politica e di una personalità nazionale come Vincenzo De Luca. È stata subito una doccia fredda. Piero seduto in seconda fila al Centro congressi la Nuvola, a Roma non credeva alla sue orecchie quando la Schlein nel corso del suo intervento con estrema chiarezza ha detto: “Non vogliamo più vedere irregolarità sui tesseramenti, abbiamo dei mali da estirpare, non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari. Su questo dovremo lavorare tanto insieme, ne va della credibilità del Pd, su cui non sono disposta a cedere di un millimetro”.

Nonostante i consigli dello stesso Piero al papà di adoperare un basso profilo e di astenersi da battute, il presidente della Regione non ha resistito ed ha sbottato: “Il nuovo corso del Pd? Vedo un periodo di grande effervescenza e di grande allegria davanti a noi”.

Schermaglie e tensioni crescenti che vedono un Vincenzo De Luca anche in aperto scontro con il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, artefice del ‘laboratorio politico del campo largo’ e di alcune scelte per la città che confliggono con alcuni progetti della Regione e la questione fondi per la cultura. Il piede sull’acceleratore del commissariamento è stato determinato anche dagli esiti dall’assemblea dem di fine marzo in cui è stata ratificata l’elezione del neosegretario Giuseppe Annunziata e del presidente (di Articolo 1) Francesco Dinacci. Un’occasione per De Luca per rispondere all’intervento di Manfredi: “Se dovessi dirvi che mi sento a mio agio quando sento campo largo, non è vero. Possiamo parlare del campo San Paolo, non del campo largo”. E poi un avvertimento piccato al Nazareno: “Le cose campane si decidono in Campania, non a Roma, non alle Nazioni unite”.

Elly Schlein, invece, con la nomina dei due commissari ha rotto gli indugi. In particolare il senatore Misiasi ha avuto un mandato preciso tanto è vero che ad Agorà Rai Tre, il neo commissario ha detto: “Credo che il nostro dovere sia valorizzare il meglio chi c’è nel Pd e spesso non ha potuto sviluppare il suo impegno nel migliore dei modi, ma anche fare in modo che queste persone che vogliono darci una mano possano farlo. Chiamatelo commissariamento o rigenerazione, chiamatelo come volete, ma noi abbiamo il dovere di cambiare in questa direzione il Pd”.

Ora il timore di De Luca e dei suoi due/tre proconsoli di ferro è quello di restare soli. Ci potrebbero essere defezioni e spostamenti strategici. I campioni di preferenze, i signorotti delle tessere, potrebbero aprire una breccia nel sistema monolitico deluchiano. È il sistema nel suo insieme e nella sua direzione politica degenerato, insomma, disarticolando quel potere, i ‘salvati’ potrebbero dare un rinnovato contributo, inizialmente disinteressato, al nuovo corso. Del resto i voti non sono yogurt.

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