La riduzione dei consumi ha svolto un ruolo essenziale nel garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di gas nel corso del 2022 ed è spiegata solo in parte dalle temperature più miti del periodo invernale. In Italia, questa riduzione è stata del 9,8% rispetto al 2021 (68,5 miliardi di metri cubi, 7,4 in meno). Tra settembre 2022 e febbraio 2023, in particolare, la domanda è scesa del 20% rispetto allo stesso periodo dei tre anni precedenti. Un calo in linea con quello europeo che ha visto i 380 miliardi di metri cubi del 2021 ridursi a 330 lo scorso anno. In Europa sono stati risparmi, efficienza energetica e sviluppo delle fonti rinnovabili a incidere per l’80% su questa riduzione, contribuendo a sostituire 39 miliardi di metri cubi di gas russo. Ma questi fattori hanno avuto un ruolo diverso da paese a paese. In Italia ha contato molto la riduzione dei consumi nel settore civile. In altri Paesi europei, invece, a incidere di più sono state le rinnovabili. È quanto emerge da un nuovo rapporto di Ecco, think tank italiano per il clima, nel quale si ricorda, però, che solo alcuni dei fattori che hanno inciso sulla domanda sono compatibili con l’azione climatica. “Tra questi, proprio l’installazione di rinnovabili, ma anche il miglioramento dell’efficienza energetica e la migliore gestione, manageriale o domestica, del servizio calore”, spiega a ilfattoquotidiano.it Francesca Andreolli, Policy Advisor di Ecco. Di fatto, il risparmio ha permesso al mercato europeo di riequilibrare domanda e offerta di gas, portando i prezzi a 40-50 euro a megawattora rispetto a valori sempre superiori ai 100 euro durante lo scorso anno.

Nel settore civile il calo maggiore della domanda di gas – In Italia, la riduzione dei consumi nel settore civile è stata del 21% da settembre 2022 a febbraio 2023, rispetto alla media dello stesso periodo dei tre anni precedenti. Il risparmio ammonta a 4,6 miliardi di metri cubi, ovvero circa il 6% della domanda storica nazionale. Secondo le stime di Ecco, su questo dato hanno inciso per un 5% le temperature più mite, ma per il restante 16% comportamenti e politiche di risparmio. Secondo uno studio dell’Agenzia internazionale per l’Energia, invece, nel settore civile la domanda europea è calata di 28 miliardi di metri cubi, di cui 18 per effetto delle condizioni metereologiche miti (un peso maggiore, dunque, rispetto a quello avuto in Italia), 7 per i comportamenti virtuosi delle famiglie e 3 per interventi di efficienza energetica. Nel corso del 2022 sono state installate circa 2,8 milioni di pompe di calore. Polonia (+102%), Repubblica Ceca (+99%), Paesi Bassi (+80%), Belgio (+66%) e Svezia (+60%) hanno rappresentato i mercati con il tasso di crescita maggiore del numero di pompe di calore vendute rispetto al 2021. Ma in Italia, dove si registra un aumento del 37%, sono stati commercializzati oltre 500mila apparecchi, il dato più alto dell’intera Unione in valore assoluto.

Le industrie tra efficienza, produzione e altri combustibili – Nel settore industriale la riduzione dei consumi è stata del 20%, pari a 1,6 miliardi di metri cubi, ovvero il 2% della domanda nazionale. “Il calo della domanda – spiega Ecco – è dovuto in parte a tagli nella produzione che, tuttavia, sembra aver subito riduzioni limitate rispetto ai consumi, all’utilizzo di altri combustibili fossili e ad interventi di efficienza energetica”. In Europa, invece, la riduzione dei consumi nel settore è stata del 25% (25 miliardi di metri cubi) e, secondo la IEA, oltre metà dei risparmi deriva proprio da tagli nella produzione, in particolare nel settore dei fertilizzanti. Altri settori sono riusciti a non abbassare la produzione importando prodotti semi-finiti dall’estero. E questo ha permesso alle industrie ad alto consumo di gas di ridurre in modo più limitato la produzione, diminuita solo dell’8% a livello europeo. Un ulteriore 28% è dovuto all’utilizzo di altri combustibili e il rimanente 20% da interventi di efficienza energetica.

Il termoelettrico e le rinnovabili (che all’estero pesano di più) – Nel settore termoelettrico la domanda di gas nel periodo settembre-febbraio è scesa del 16%, pari a 2,2 miliardi di metri cubi di gas. Hanno contribuito una riduzione dei consumi elettrici di 1,5% nel 2022 e un incremento della produzione a carbone (del 34% tra settembre 2022 e febbraio 2023 e del 61% nel 2022 rispetto al 2021), che da un lato ha compensato la minor produzione idroelettrica, crollata del 38% nell’intero anno a causa della siccità, ma dall’altro ha generato emissioni per 6,7 milioni di tonnellate di CO2. E poi ci sono state le rinnovabili con un aumento di 3 GW tra eolico e fotovoltaico. Se si guarda all’Europa nel suo complesso, però, sono state proprio le rinnovabili il principale fattore strutturale di riduzione della domanda di gas naturale. L’Europa ha installato una cifra record di 60 gigawatt di nuovi impianti rinnovabili, energia eolica (16 GW) e solare (41 GW), evitando nel 2022 un fabbisogno di 11 miliardi di metri cubi di gas, equivalente da soli a un terzo delle importazioni di gas russo in Italia. Per l’eolico i Paesi che hanno installato maggiore capacità sono stati Finlandia, Francia, Germania, Svezia, Polonia e Spagna, con una media di quasi 2 gigawatt. L’Italia si è fermata a 0,5 GW. Per il solare gli Stati più virtuosi sono stati Germania (7,9 GW), Spagna (7,5 GW), Polonia (4,9 GW) e Paesi Bassi (4,5 GW). L’Italia è arrivata a 2,5 GW.

La strada da percorrere – È un dato di fatto, dunque, che cruciale è stata la capacità di risparmio attivata dai consumatori, maggiore di quanto stimato durante i mesi più caldi della crisi. Il Piano risparmi della Commissione Europea dell’agosto 2022, infatti, chiedeva l’attivazione di misure volontarie di contenimento dei consumi del 15% rispetto alla media dei cinque anni precedenti (2017-2022). L’Italia era riuscita a ottenere un obiettivo di riduzione obbligatoria del 7%. Le azioni messe in campo hanno permesso di mantenere a fine inverno il livello degli stoccaggi al 57%, ben superiore all’ordinario utilizzo. “Un importante elemento di forza – spiega Ecco – che permette di scongiurare le fragilità che l’anno scorso hanno portato alla crisi di prezzo in estate, obbligando all’approvvigionamento per riempire gli stoccaggi a prezzi superiori ai 200 euro a megawattora”. Come sottolinea il think tank italiano, alcune azioni di diversificazione “hanno avuto un impatto positivo” e “andrebbero sostenute da politiche mirate all’efficienza energetica”. Altre, invece, quali il maggiore ricorso a carbone nella produzione termoelettrica e la sostituzione di gas con prodotti petroliferi hanno avuto un effetto contrario ai target di decarbonizzazione. “Interventi emergenziali, quali il calo della produzione industriale o il maggiore ricorso al carbone, potranno essere scongiurati solo se le future politiche saranno in grado di consolidare gli sforzi virtuosi di famiglie e imprese nel ridurre i consumi”, spiega Matteo Leonardi, co-fondatore e direttore esecutivo Politiche nazionali di Ecco.

Gli scenari – Per il prossimo inverno il rapporto identifica tre scenari: centrale (con ipotesi più cautelative e conservative), scarsità (con la completa interruzione delle forniture dalla Russia e un apporto dall’Algeria minore rispetto a quanto contrattualmente stabilito) e decarbonizzazione, nel quale l’attuazione di politiche a sostegno delle azioni di risparmio ed efficienza – che da soli abbassano i consumi di oltre il 14% – e dello sviluppo delle rinnovabili per 10 gigawatt all’anno, riporta in sicurezza il sistema energetico. Lo scenario ‘decarbonizzazione’ rappresenta “il migliore antidoto – spiega Ecco – per mantenere il sistema in sicurezza anche a fronte di scenari di offerta particolarmente pessimisti” come la completa interruzione delle forniture dalla Russia, difficoltà negli approvvigionamenti GNL e minori consegne dall’Algeria, oltre a un inverno con temperature rigide.