L’attenzione sulla diffusione dell’influenza aviaria H5N1 dagli uccelli ai mammiferi e agli uomini (Cambogia, Cina, Ecuador e Vietnam) è sempre molto alta. Gli ultimi casi segnalati arrivano dalle autorità sanitarie della British Columbia, in Canada, che hanno reso noto che la causa della morte di 8 moffette (o puzzole americane) trovate senza vita fine febbraio è proprio il virus. Gli animali erano stati trovati in aree residenziali nelle città di Richmond e Vancouver ed erano stati sottoposti a test poiché si sospettava un avvelenamento. Gli esami hanno invece confermato che i mammiferi avevano contratto lo stesso ceppo di influenza aviaria A/H5N1 che dalla primavera del 2022 ha già causato la morte di animali selvatici e pollame nella zona. “Mentre l’influenza aviaria nelle puzzole è considerata a basso rischio per la salute umana, ci sono sempre rischi quando persone e animali domestici entrano in contatto con animali selvatici malati o morti, comprese puzzole e uccelli”, chiarisce in una nota il governo provinciale della British Columbia, invitando la popolazione a contattare le autorità in presenza di animali deceduti. Dall’aprile 2022, in British Columbia sono state infettate dall’influenza aviaria più di 20 specie di uccelli selvatici, oltre a due puzzole e una volpe.

L’infezione comunque continua a colpire in massima parte gli uccelli. Negli Usa è scattata una allerta per le aquile, sono stati registrati molti contagi tra i pellicani peruviani, in Europa sono i gabbiani la principale vittima dell’ondata di aviaria. Al momento non ci sono focolai negli allevamenti professionali di pollame dalla prima allerta di dicembre ad oggi. Nel dettaglio, secondo il report delle agenzie Ue Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) Eurle (I laboratori di riferimento dell’Ue) – tra il 3 dicembre 2022 e il 1 marzo 2023 il virus dell’influenza aviaria – è stato segnalato in Europa in uccelli domestici (522) e selvatici (1.138) in 24 Paesi. E nell’ultimo rapporto sull’influenza aviaria di Efsa, Ecdc ed Eurl precisano che la maggior parte delle infezioni umane segnalate di recente da Paesi extra Ue “erano correlate a persone esposte a pollame malato e morto, che non indossavano dispositivi di protezione individuale, in particolare negli allevamenti da cortile“. Secondo l’Ecdc “il rischio per la popolazione in generale in Europa rimane basso, e da basso a moderato per i lavoratori e altre persone a contatto con uccelli e mammiferi morti e potenzialmente infetti”. Dopo il picco del novembre 2022, il numero di focolai negli allevamenti avicoli si è ridotto. Una mortalità anormale è stata tuttavia osservata nei gabbiani in Francia, Belgio, Paesi Bassi e Italia. Il rischio di infezione nel pollame potrebbe aumentare nei prossimi mesi man mano che i gabbiani si diffondono nell’entroterra, possibilmente sovrapponendosi alle aree di produzione del pollame.

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