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“Torino è una città di merd*, non ci vivrei mai”. L’imprenditore Franco Morando nella bufera si scusa: “Viaggio a testa alta, mi pento, mi scuso con le Associazioni di categoria”

di Francesco Canino

Un “effetto boomerang” così clamoroso non se lo sarebbe aspettato nessuno. Forse nemmeno pianificandolo a tavolino sarebbe deflagrato in maniera incontrollabile. Di certo c’è che mai il lancio di una stagione di Pechino Express era stato tanto denso di polemiche, soprattutto per uno dei concorrenti meno famosi del gruppo che nelle ultime ventiquattrore è riuscito nell’impresa di oscurare vip ben più popolari, da Federica Pellegrini a Martina Colombari. Tutto è cominciato con il “poveri-gate”, innescato dalla diretta Instagram di Alessandra Demichelis – per altro avvenuta diversi mesi fa ma emersa solo adesso -, in cui l’avvocatessa torinese e neo-viaggiatrice del docu-reality di Sky partito il 9 marzo dichiarava che i poveri dovrebbero bruciare all’inferno. Al fianco della legale torinese (ideatrice della pagina social DcLegal Show, una sorta di Sex and the city in salsa sabauda che innescò l’indignazione dell’Ordine degli avvocati), c’era uno sparring partner le cui parole hanno fatto e stanno facendo molto discutere.

Si tratta dell’imprenditore del vino Franco Morando, nipote di uno dei pionieri del pet food in Italia, erede di una notissima famiglia piemontese che da tempo ha investito nel settore del vino creando Montalbera, tenuta fra il Monferrato e le Langhe dove producono il Ruchè. Nel video incriminato, diventato virale in maniera epica nelle ultime ore, Morando si lascia andare a frasi pesanti, in particolare contro Torino: “Torino è una città di merda, non ci vivrò mai. Lo dico contro i miei interessi, se volete mangiare e bere male venite a Torino. È imbarazzante. Fate 70 km in più, siete a Milano e vivrete meglio”. Il tutto era cominciato con commenti sul Cambio, ristorante stellato simbolo della ristorazione cittadina, una sorta di istituzione che vede in cucina uno degli chef più talentosi d’Italia, Matteo Baronetto (allievo di Carlo Cracco). “C’erano solo escort e poveri e la cosa mi ha esaltato”, dice Morando riferendosi al bar del Cambio, il Cavour. Da lì l’attacco della Demichelis ai poveri: “Chi te l’ha rigata la macchina, un ricco o un povero”, chiede l’avvocatessa, riferendosi al fatto che a Morando la sera prima era stata rigata la Porsche nuova di zecca. Ma sono in particolare le parole contro i ristoranti torinesi a tenere banco in queste ore, soprattutto per via della reazione delle associazioni di categorie, che hanno deciso di “boicottare” i vini dell’imprenditore. “Nei miei tre locali toglierò immediatamente dalla carta dei vini i prodotti della casa vinicola Montalbera”, ha fatto sapere Fulvio Griffa, presidente di Fiepet-Confesercenti, l’associazione locale dei pubblici esercizi. “Mai più comprerò il suo vino e chiederò ai miei colleghi di fare altrettanto. Una persona così non merita nessun tipo di considerazione, tanto più di essere ospitato nel mio locale”, ha dichiarato a La Stampa. Ma rischia di non essere l’unico, visto che diversi bar e ristoratori torinesi sono sul piede di guerra. “Il mondo della ristorazione è in rivolta e come associazione riteniamo opportuno dare voce alla categoria. Una categoria che con fatica esce da anni difficili e che con sacrificio sta riportando la città alla sua vivacità e alla sua vocazione naturale, quella enogastronomica”, ha aggiunto Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti. “Non possiamo accettare questa denigrazione verso professionisti preparati, attenti e appassionati, capaci di promuovere il buon nome di Torino, sia a livello nazionale che internazionale”.

Insomma, un effetto valanga pare incontenibile ed è difficile che le scuse di Morando bastino ad arginarlo. Almeno per ora. Mentre la famiglia tenta di circoscrivere i danni, lui è intervenuto facendo pubblica ammenda e ricostruendo l’accaduto: “Dopo una serata goliardica, passata con amici, usciti da un noto ristorante (sottolineo non si tratta del ristorante Il Cambio) ho trovato la macchina rigata. La terza volta in tre mesi. Preso dall’ira, sono consapevole di aver utilizzato una frase che assolutamente non penso”, ha precisato. Poi l’imprenditore si è sostanzialmente auto-assolto definendo una “battuta infelice” le frasi su Torino. Allo scivolone sui poveri, invece, nessuno riferimento. “Vivo, cammino, respiro, mangio e bevo quotidianamente a Torino. La città ha adottato i miei vini e le mie etichette per prima. Non denigrerei mai una realtà simile. Viaggio a testa alta, mi pento e chiedo scusa alle Associazioni di categoria per l’eventuale disagio che le mie parole hanno provocato. Penso che per una battuta infelice esternata esclusivamente per questioni di delusione e sdegno ci sia un eccessivo accanimento nei confronti della mia persona”. E ancora: “Fatica, sudore, eccellenza, presenza sul territorio sono state fino ad oggi e lo saranno sempre parole d’ordine e nessun video potrà mai distruggere un sogno chiamato Montalbera”. Chissà se ristoratori e consumatori saranno d’accordo.

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