Ha innegabilmente rilanciato la crescita economica dopo il tonfo della recessione da Covid. Ma nel lungo periodo il combinato disposto di Superbonus 110%, sconto in fattura e cedibilità dei crediti edilizi non poteva che creare un notevole ammanco nei conti dello Stato, compensato solo in parte dalle maggiori entrate fiscali. Fino al redde rationem con l‘Eurostat che ha portato alla repentina (e maldestra) frenata d’emergenza del governo Meloni. Il punto è che quelle misure straordinarie, volute dal governo Conte 2, tali avrebbero dovuto rimanere. Straordinarie, limitate nel tempo ai lavori realizzati nella seconda metà dell’anno pandemico e nel 2021. Come prevedeva il decreto Rilancio diventato legge a luglio 2020. Chi ha aperto la strada alle sei proroghe che hanno moltiplicato i cantieri ma anche le cifre sottratte all’erario? Tutti. Ex maggioranza ed ex opposizione. Sì, anche Fratelli d’Italia. Che a partire dal 2020 ha chiesto ciclicamente e convintamente di allungare l’orizzonte il beneficio, criticando ogni limitazione alla cessione dei crediti. E alle proroghe ha ceduto di buon grado, nel 2021, pure Draghi, per poi cambiare linea l’anno successivo. Quando, insediatasi a Chigi, sarebbe stata proprio la Meloni a riallargare la cedibilità delle detrazioni e prolungare per l’ultima volta la fruibilità del bonus 110 da parte dei proprietari di villette.

2020: tutti per la proroga – “Il 110% è stato una misura anticiclica straordinaria, utile in una fase economica eccezionale”, ha ricordato Roberto Gualtieri, oggi sindaco di Roma, allora ministro dell’Economia del Conte 2, in un’intervista al Sole 24 Ore in cui definisce “inevitabile” il decreto della scorsa settimana. “Nella nostra visione si trattava di una misura temporanea, che sarebbe terminata nel 2021 e non avrebbe dovuto essere prorogata perché dal 2022 sarebbero arrivati il Pnrr e gli altri copiosi investimenti pubblici”. E invece? Invece già nell’autunno successivo arriva la prima proroga, anche su pressione di Confindustria e Ance. Chi la vuole? Tutti. Ovviamente il Movimento 5 Stelle che l’ha promossa con Riccardo Fraccaro e ne chiede l’estensione almeno fino al 2023, ma anche il Pd, Italia viva e Leu. E, dall’opposizione, Forza Italia, la Lega (fortissimamente) e il partito che oggi guida la coalizione di maggioranza, Fratelli d’Italia: i suoi deputati Ciaburro, Caretta, Trancassini, Lucaselli e Rampelli presentano a loro volta un emendamento alla manovra che estenderebbe fino al 31 dicembre 2023 la validità del Superbonus e della cedibilità dei crediti appena cancellata da Meloni. Finisce tra i segnalati ma non passa. Il Mef frena cui costi, avvertendo che servirebbero 10 miliardi l’anno (ipotesi che poi si rivela sottostimata). Alla fine, nella manovra per il 2021 si arriva al compromesso di un prolungamento della maxi detrazione fino al 30 giugno 2022 per tutti più un’ulteriore “coda” di sei mesi (al 31 dicembre 2022) per chi a metà anno abbia concluso almeno il 60% dei lavori e per gli Istituti autonomi case popolari.

2021: le aperture di Draghi, FdI per l’estensione – A febbraio 2021 a Palazzo Chigi si insedia Mario Draghi, sostenuto da tutte le forze politiche con la sola opposizione di FdI. In aprile invia alla Ue il Recovery plan italiano, che prevede 18,5 miliardi per l’incentivo al 110% per le ristrutturazioni green e antisismiche ma non parla di ulteriori proroghe. Riparte il fuoco di fila delle richieste, anche stavolta bipartisan: a invocare più tempo sono 5 Stelle, dem, Italia viva, Verdi, forzisti, leghisti ma anche meloniani. “Occorre una cabina di regia che operi con tempestività per semplificare la misura, disporre una proroga vera almeno fino al 2025 ed estendere il novero dei beneficiari alle attività commerciali e turistiche”, dichiara la deputata di FdI Monica Ciaburro. Il 26 aprile Draghi annuncia che “il governo si impegna a inserire nel disegno di legge di bilancio per il 2022 una proroga dell’ecobonus per il 2023, tenendo conto dei dati relativi alla sua applicazione nel 2021″. Poco dopo un decreto inizia ad allargare le maglie: gli interventi sui condomini potranno accedere al Superbonus fino al 31 dicembre senza il paletto del 60% dei lavori conclusi a metà anno. E per quelli sulle case popolari il limite viene spostato in avanti di altri sei mesi, al 30 giugno 2023.

Il tetto Isee scomparso: bonus villette per tutti – A fine anno, in vista della legge di Bilancio per il 2022, il ministro Daniele Franco rifà i conti e si spaventa: “Se ciascun italiano fa domanda, per 30 milioni di unità immobiliari l’effetto sui conti e sul debito è stratosferico”. Ma tutti i partiti lo chiedono e Draghi non può governare da solo. Dunque il Documento programmatico di bilancio che va in Consiglio dei ministri a metà ottobre dice che il 110% si proroga fino a fine anno, ma solo per i condomini e le case popolari: stop alla ristrutturazione delle villette a spese dello Stato. In più, nel 2024 l’agevolazione scenderà al 70% e nel 2025 al 65%. I partiti non ci stanno: villette o morte. Nelle bozze della manovra spunta l’ipotesi di prevedere almeno un tetto Isee di 25mila euro oltre il quale i proprietari devono pagare da sé: così si consentirebbe l’accesso ai lavori a chi altrimenti non avrebbe le risorse per ristrutturare, riducendo al tempo stesso la spesa per lo Stato. Niente da fare: per i 5 Stelle togliere quel tetto è una “priorità“, per la Lega metterlo è “assurdo“. Il Tesoro propone di alzarlo a 40mila euro: non passa. Draghi cede. Interviene solo con un primo decreto anti frode che prevede lo stop la cessione o sconto in fattura se emergono “profili di rischio”. La Meloni (è il 13 novembre) insorge: “Il superbonus è uno strumento molto utile per rilanciare l’economia e sostenere un settore in difficoltà, fatto in gran parte da piccole e medie imprese, ma non può essere trasformato in un inferno di norme e burocrazia“. A fine dicembre passa l’emendamento di maggioranza che dà via libera all’estensione al dicembre 2022 per tutte le case unifamiliari, anche se non sono prima casa, a patto che ci sia uno stato di avanzamento lavori del 30% al 30 giugno 2022.

2022: la scure sulle cessioni – Intanto continuano ad emergere truffe, che riguardano solo in minima parte il Superbonus (per il quale sono previsti controlli preventivi stringenti). Il danno complessivo lievita oltre i 4 miliardi di euro. Il problema è il meccanismo della cedibilità, che inizialmente non era stata subordinata ad alcuna verifica sull’effettiva esistenza del credito. Sfumata l’elezione al Quirinale Draghi a inizio 2022 perde la calma, per la prima volta attacca frontalmente il Superbonus e vara un nuovo intervento che riduce retroattivamente le cessioni a una sola precipitando nel caos tutto il settore comprese le imprese virtuose, come nota ora Bankitalia. I meloniani sono in prima linea nel sostenere le imprese danneggiate dal blocco: “Cantieri bloccati, cittadini esasperati e imprese che non riescono a far fronte agli impegni con i propri dipendenti e con i pagamenti previdenziali e tributari a causa della confusione normativa sul tema superbonus 110%. Ho chiesto più volte di rendere libera la cessione del credito, almeno da parte delle banche e degli organismi vigilati a chiunque e senza limitazioni temporali”, dice il 3 giugno il commercialista e senatore di Fratelli d’Italia Andrea de Bertoldi. Il governo alla fine deve correre ai ripari riallargando le maglie e prorogando a fine settembre la data ultima entro cui occorre concludere il 30% dei lavori sulle villette per accedere alla detrazione, ma a giugno sancisce il definitivo no a nuove risorse per il 110%. Gaetano Nastri, vicepresidente della commissione Ambiente di Palazzo Madama di FdI, si dispera: “Dal mese di maggio 2020 ad oggi sono intervenute oltre 13 modifiche normative della misura, che hanno portato a un incomprensibile e contraddittorio mutamento delle regole creando forti disagi per cittadini ed imprese. Servirebbe, come già avvenuto in passato, un rifinanziamento dell’incentivo e una proroga di tempo per effettuare le cessioni del credito maturato agli istituiti bancari”. A fine luglio Draghi si dimette: tra i motivi della fine del sostegno dei 5 Stelle c’è anche l’indisponibilità al rinnovo del bonus.

FdI: “Noi unici a lavorare per evitare penalizzazioni a famiglie e imprese” – A settembre, poco prima del voto, il Parlamento licenzia il decreto Aiuti bis. Un emendamento al testo, riformulato dal governo, fa un ulteriore tentativo di sbloccare il mercato sancendo che chi compra crediti fittizi è responsabile solo in caso di dolo o colpa grave. I partiti fanno a gara per rivendicarne la paternità: secondo Giuseppe Conte è merito del Movimento 5 Stelle, la Lega giura che a riscrivere la proposta è stato il suo sottosegretario al Mef Federico Freni e Fratelli d’Italia con i senatori Nicola Calandrini e de Bertoldi fa sapere di essere stata “l’unica forza politica a lavorare per evitare che le continue modifiche al Superbonus penalizzassero famiglie ed imprese” attraverso una prima versione di quell’emendamento e una richiesta (non passata) di ulteriore proroga per le villette. “Il governo si è opposto manifestando ancora una volta la sua intenzione di mandare a morire questo incentivo che tanto bene ha fatto all’economia italiana“, attaccano i due.

Meloni taglia al 90% ma prolunga per le villette…e poi anche per i condomini – Cala il sipario sul governo Draghi e la patata bollente passa nelle mani di Meloni (che delle agevolazioni ha goduto anche per casa sua). La premier parla di un “buco di 38 miliardi” creato dal Superbonus e, tra le prime mosse, nel decreto Aiuti quater riduce al 90% la detrazione per tutti coloro che non abbiano presentato la Cilas entro il 25 novembre. Ma con l’eccezione delle solite villette: per le case unifamiliari il 110% resta fruibile fino al 31 marzo e la scadenza (ma con bonus al 90%) viene allungata fino al 31 dicembre se i proprietari hanno reddito sotto i 15mila euro annui. Tutti i gruppi, compreso quello di FdI, presentano emendamenti per favorire ulteriormente lo sblocco dei crediti pregressi. Il nuovo esecutivo vara poi in tutta fretta la manovra e, attraverso un suo emendamento, per i condomìni arriva la proroga fino al 31 dicembre dei termini per presentare la Cilas (a patto che la delibera assembleare sia stata approvata entro il 18 novembre) e godere del 110%. FdI presenta pure la richiesta (ripresa anche dai 5 Stelle) di dare altri tre mesi di agevolazione ai proprietari delle villette, poi la ritira.

A febbraio cambia tutto – Il 2 febbraio arriva però la prima interpretazione ufficiale dell’Eurostat, che nel 2021 aveva consentito all’Italia di classificare temporaneamente il Superbonus e gli altri crediti cedibili come “non pagabili”, cioè detrazioni che riducono le entrate future dello Stato e il cui impatto va quindi spalmato su tutti gli anni di fruizione. Dopo due anni di riflessioni, l’istituto europeo di statistica arriva alla conclusione che vista la facilità di cessione vanno ritenuti “pagabili”, dunque vanno contabilizzati al momento in cui si generano. Si profila un boom dei deficit del 2021 e del 2022. Che potrebbe riguardare anche il 2023, se non si corre ai ripari. Tesoro e Chigi lasciano passare le elezioni regionali, poi intervengono con l’accetta, probabilmente giocoforza. Ma senza nemmeno consultare le categorie coinvolte. Archiviate, evidentemente, le preoccupazioni espresse fino a pochi mesi prima per le imprese danneggiate dalla “confusione normativa”.

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