“Se il credito d’imposta può essere trasferito a terzi, tale credito d’imposta deve essere considerato un credito d’imposta pagabile e registrato nei conti nazionali come un’attività del contribuente e una passività del governo”. Mentre resta irrisolto il problema dei crediti fiscali da bonus edilizi rimasti incagliati a causa delle numerose modifiche alle norme sulla cedibilità (e dell’esaurimento della capienza fiscale di molti intermediari), da Eurostat arriva un’interpretazione che complica il quadro.

L’istituto europeo di statistica ha appena pubblicato l’aggiornamento del corposo Manual on Government Deficit and Debt (MGDD), con gli attesi chiarimenti sui “Casi borderline tra crediti di imposta pagabili e non pagabili”. I crediti edilizi e il Superbonus, ovviamente non citato direttamente, sembrano configurarsi come crediti pagabili, cioè quelli per i quali “c’è una probabilità molto alta (vicina al 100%) che il credito sia in futuro alla fine utilizzato nella sua interezza o quasi, facendo sì che il governo effettivamente perda risorse equivalenti“. Una probabilità che sale tanto più quei crediti sono trasferibili “a una terza parte che può usarli per abbattere i propri debiti fiscali”: la trasferibilità determina l’esistenza di una passività dello Stato.

“La regola generale da seguire”, spiega Eurostat, “è di determinare la probabilità che il credito sia alla fine utilizzato del tutto o quasi, negli anni. Se la probabilità è ritenuta molto alta e l’ammontare è determinato con sufficiente certezza, la spesa pubblica viene riconosciuta nei conti nazionali per l’ammontare del credito pagabile ricevuto dal contribuente“.

In Italia dopo vari tira e molla il decreto Aiuti quater ha consentito fino a cinque cessioni dei bonus edilizi: la prima è libera, le due successive possono essere solo verso banche o società finanziarie, le quali a loro volta possono poi cedere il credito a soggetti che siano loro correntisti che non siano consumatori ma partite Iva. Stando all’ultima rilevazione dell’Enea, risalente all’11 gennaio, gli investimenti ammessi a detrazione per il Superbonus 110% al 31 dicembre 2022 ammontavano a 62,4 miliardi con un costo a carico dello Stato pari a circa 68,74.

L’interpretazione di Eurostat vale per il futuro e con tutta probabilità avrà il risultato di restringere il campo delle cessioni del credito, visto che equivalgono a trasformarlo immediatamente in deficit. Al contrario e per paradosso, nota Il Sole 24 Ore, se la regola fosse applicata retroattivamente “il governo si troverebbe nella situazione di appesantire i deficit degli anni passati, liberando quelli dal 2023 in avanti. E questo darebbe più flessibilità nella gestione dei crediti pregressi incagliati”.

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