Se ancora non fosse chiara la distanza fra la politica e la vita delle persone, ci hanno pensato le Regionali del 12 febbraio a rappresentarcela. A forza di parlarsi addosso la politica si occupa poco e male dello sfascio della sanità pubblica, una preoccupazione invece forte nella gente comune; quella che a votare non ci va più, ma che sa quanto deve attendere un esame deve pregare il medico di base per una visita a domicilio, deve sperare in una chiamata per un intervento necessario e urgente ed evitare il Pronto Soccorso per ogni minima necessità. Di recente Chiara Appendino (M5s), ex sindaca di Torino, ha dichiarato: “La gente chiede risposte soprattutto sulla sanità”, perciò possiamo sperare che almeno il M5s, a partire dal Parlamento e dai Consigli Regionali, decida di occuparsi con continuità ed efficacia di una emergenza nazionale che riguarda tutti quelli che non possono permettersi una polizza sanitaria privata.

In Piemonte la questione sanitaria ha assunto connotazioni surreali: il centrodestra, alla guida del governo regionale, dichiara e non fa nulla. Il Pd, pigolando smarrito, insegue il presidente Alberto Cirio e l’assessore alla Sanità, Luigi Icardi, nelle loro dannose giravolte e i 5 Stelle ai margini, irrilevanti. Si profila all’orizzonte un disastro che larga parte dei piemontesi già tocca con mano ogni volta che entra in un ospedale. I presidi ospedalieri del Piemonte – Verduno e Asti esclusi – sono molto vecchi, poco funzionali, quasi mai a norma, con costi di gestione crescenti e difficilmente sostenibili. Dopo decenni di discussioni, nel dicembre del 2017 la Giunta Chiamparino (Pd) approvò la realizzazione di quattro nuovi ospedali: la Css – Città della Salute e della Scienza di Novara, il Psri – Parco della Salute, della Ricerca e della Innovazione di Torino e gli ospedali unici dell’Aslto5, alle porte di Torino, complementare al Psri, e dell’Aslvco (Verbano, Cusio Ossola).

Il costo previsto delle sole opere dei due ospedali di Novara e Torino è pari a 743.101.042€, mentre il costo totale delle due concessioni per progettarli, realizzarli e gestirli ammonta a 1.535.655.000 €, al netto dell’Iva. Il costo degli altri due ospedali è stimato in 332.078.655€. Nel gennaio del 2022, il Consiglio Regionale ha aggiornato la programmazione del 2017 prevedendo, dopo intese con il ministero della Salute, la realizzazione di altri sei nuovi ospedali finanziati con fondi Inail per un valore complessivo pari a 1.285.000.000 €. A ben vedere si tratta di un volume di investimenti, per le sole opere edili, pari a 2.360.179.697€ che, se attivati, farebbero molto bene al Piemonte. Da anni nelle fasi di espansione l’economia qui cresce meno e, nelle fasi di recessione, rallenta molto più di quanto accade nelle altre regioni del centro-nord d’Italia.

Le note dolenti, però, iniziano quando si passa dal dire al fare. La gara per l’ospedale di Novara è andata deserta, quella di Torino è ferma e gli altri progetti, quelli relativi ai restanti presidi ospedalieri sono al palo, nonostante ci siano le risorse necessarie a realizzarli. Lo stesso assessore alla Sanità ha confermato che, oltre ai fondi di Inail, i finanziamenti pubblici a disposizione del Piemonte per l’edilizia ospedaliera, a fine 2022, superavano i 900 milioni di euro. In aggiunta alle risorse cash, oltre ai lasciti, vanno considerati i valori importanti degli asset patrimoniali costituiti dalle aree su cui sono insediati gli attuali ospedali collocati nei centri e urbani rese libere dalle nuove localizzazioni. Dunque non sono i soldi a mancare. Ora il paradosso: il presidente della Regione (Cd), il sindaco di Torino (Pd) e un folto gruppo di consiglieri regionali di entrambi gli schieramenti hanno chiesto al governo la nomina di un Commissario straordinario che venga a Torino a fare lui le cose per cui loro sono stati eletti.

A Torino hanno sede il Politecnico, con un corpo accademico di oltre 1.000 docenti, l’Università con 3.514 tra docenti e ricercatori. La sanità piemontese, articolata in 13 Asl e 6 Aziende Ospedaliere, conta un organico che supera i 100 dirigenti tecnici e amministrativi. Inoltre la Regione ha il controllo completo di due importanti società pubbliche: Finpiemonte, attraverso la quale transitano tutti i fondi europei destinati al Piemonte e Scr (Società di Committenza Regionale), che ogni anno gestisce centinaia di gare, centinaia di milioni di euro, per la fornitura di beni servizi e opere pubbliche alla sanità e agli altri enti pubblici del Piemonte.

Si tratta della stessa politica che non riesce nemmeno a fare un ospedale. Senza vergognarsi rivendica l’ampliamento dei poteri con la richiesta dell’autonomia differenziata. In questa realtà, chi vuole fare politica “utile” ha davanti a sé la strada spianata. Tredici mesi circa sono quelli che mancano al rinnovo del Consiglio Regionale del Piemonte. Sono davvero pochi, non solo per progettare il futuro della regione, ma perfino per dire quali soluzioni chi si candida intende applicare, ad esempio, per costruire gli ospedali e una rete di servizi territoriali che superi l’emergenza e disegni una sanità “amica e moderna”. Chi non vuole candidarsi all’irrilevanza politica ed elettorale, se non incomincia a produrre idee e proporre soluzioni adesso è percepito dai cittadini comuni come inadeguato. O il consenso va ad altri o aumenta la disaffezione.

Chi si candida a governare il cambiamento deve puntare al coinvolgimento delle competenze e delle disponibilità che una regione importante come il Piemonte possiede. Bisogna andare a cercarle, interloquire con loro e costruire progetti condivisi. Non servono più eletti selezionati coi like che il giorno dopo l’elezione cambiano casacca o si pensano degli statisti, rotolandosi nell’ignoranza, convinti che sia questa la funzione per cui sono pagati. “Il cero si consuma e il morto non cammina”, l’antico proverbio umbro appare quanto mai adatto a rappresentare la situazione del M5s regionale che, proprio sulla sanità, avrebbe praterie a disposizione per “radicarsi”. Questo per le strutture ospedaliere tratteremo presto a proposito dei servizi sanitari.

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