“Se Azione continuerà a sedere nei banchi della maggioranza, io non metterò più piede in quest’Aula”. La resa dei conti tra Michele Emiliano e Carlo Calenda arriva nell’aula del Consiglio regionale della Puglia.

Che il centrosinistra fosse intenzionato a far detonare la bomba dello scontro politico era nell’aria da giorni, da quando erano iniziate le riunioni della maggioranza dopo lo scivolone nell’ultima seduta. Nella riunione precedente, infatti, il gruppo Azione aveva messo ai voti una mozione per discutere della legge sull’autonomia differenziata del ministro Roberto Calderoli. Ma i troppi banchi vuoti tra i partiti di centrosinistra e un argomento non concordato in precedenza, sono stati la buccia di banana sulla quale la maggioranza è scivolata. Risultato: seduta conclusa per mancanza di numero legale. L’ennesima.

La misura, dunque, è colma. Bisogna dare un segnale ad Azione e non farsi più cogliere in castagna. A sorpresa nella seduta di mercoledì 15 febbraio, senza nemmeno che la conferenza dei capigruppo che si riunisce prima dell’inizio dei lavori per mettere a punto l’ordine del giorno lo sapesse, dopo l’inno d’Italia che apre la seduta, il governatore ha preso la parola e ha sferrato il suo attacco diretto a Carlo Calenda e ai suoi tre consiglieri, Ruggiero Mennea, Fabiano Amati e Sergio Clemente.

L’appiglio è la nomina di un componente dell’Ufficio di presidenza. L’aula avrebbe dovuto nominare il membro dell’organo di garanzia, in sostituzione del forzista Giandiego Gatta, eletto in Parlamento. Dei quattro componenti di cui è costituito, oltre al presidente del Consiglio, infatti, due sono espressione della maggioranza e due dell’opposizione. A rompere gli equilibri, però, il fatto che il componente in quota centrosinistra, Sergio Clemente, è passato dalle liste civiche di Emiliano, al Terzo Polo. E dunque, fatta salva la casella occupata dal Movimento 5 Stelle, la maggioranza ha un pezzo in meno.

Un fatto tecnico, facilmente risolvibile in altri tempi. Ma che ora diventa l’arma con cui alzare i toni dello scontro.

Diciotto minuti di intervento, parte dei quali rivolti proprio a Calenda. Così Emiliano ha incardinato l’argomento, utilizzando lo strumento tecnico della mozione d’ordine. Anzitutto la premessa, “con Azione c’è un contrasto politico assolutamente non rimediabile”. E il punto sono le questioni politiche “non gestibili in questa fase”.

“Come è noto – ha detto Emiliano nel suo discorso – il leader del partito di Azione ha continuamente sollecitato l’opinione pubblica nazionale contro la mia Giunta, contro il Presidente, contro le politiche della Puglia. Da ultimo – ha ricordato – in una audizione al Senato ha addirittura sostenuto che la nostra legge sulla previsione di danno sanitario non abbia fondamento scientifico”. “Provate ad andare sui media, prendete le dichiarazioni del leader politico nazionale di Azione sul sottoscritto. Mi considera il peggiore Presidente di Regione d’Italia. Alcuni sono proprio offensivi. Sostiene che anche come magistrato non sia stato bravo. I giudizi sono terrificanti”. E dunque, come si può pretendere di aderire alla maggioranza, si è chiesto. “Questa cosa fa pena, fa pena e mortifica il popolo pugliese, oltre che tutto il Consiglio regionale”, ha concluso.

Di qui la richiesta di dimissioni da parte del consigliere Clemente, agnello sacrificale dello scontro politico. Ma la sua assenza in aula ha imposto un cambio di programma. Anziché votare la mozione di sfiducia, invito al quale il centrodestra non ha risposto positivamente, Emiliano ha chiesto e ottenuto di rinviare del tutto l’intera seduta.

Fabiano Amati, consigliere regionale e che di Azione è commissario, non ha lesinato sciabolate. “Nessuno dica che questa vicenda appartiene alle pene dei pugliesi, perché questo è oltraggioso. Le pene dei pugliesi sono scritte all’ordine del giorno in una proposta di legge sulle liste d’attesa”, è stato il commento accusando poi Emiliano di mettere insieme un “supermarket di parole” per poter dire, poi, che le cose non le ha dette. Aggiungendo che sono disposti “a sedersi anche a terra, se il risultato è discutere e approvare le leggi”. A suon di conferenze stampa convocate ad horas, nel palazzo di vetro della Regione, le accuse hanno continuato a volare nelle ore successive, tenendo come sfondo la questione dell’Ufficio di Presidenza e la diversa interpretazione dello Statuto sull’organo di garanzia. Una questione marginale rispetto al punto che è tutto politico e che non è ancora risolto. La questione, forse, finirà persino nelle aule dei tribunali. La frase di Emiliano pronunciata a margine dinnanzi ai giornalisti “sono abituato a vedere quegli sguardi, li ho visti nelle aule di giustizia”, non è stata presa bene dai consiglieri di Azione che minacciano querele.

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