La Spagna dove era stato già nel ’94, quando era latitante solo da un anno. Ma pure la Tunisia, l’Albania, il Montenegro. Prima di tornare a Campobello di Mazara, paese a pochi chilometri dalla sua Castelvetrano, Matteo Messina Denaro ha viaggiato. E anche tanto. È quello che stanno ricostruendo gli investigatori, mettendo insieme vecchie e nuove informazioni sul capomafia che hanno cercato per 30 anni. Come ricostruisce la giornalista Lara Sirignano dell’Ansa, le piste dei magistrati portano in diverse parti del mondo: in Spagna, Tunisia, Albania, Montenegro e, in Italia, in Calabria. Viaggi e lunghe permanenze che come denominatore comune hanno la droga. Un business che, come quello delle scommesse clandestine, è in grado di portare fiumi di soldi liquidi, cioè il tesoro che serviva a mantenere un latitante con un tenore di vita altissimo: si parla di 150 milioni l’anno.

Se la penisola iberica è un paese che il capomafia conosce fin dal 1994, quando si fece visitare al centro di oftalmologia Barraquer di Barcellona, le piste che lo collocano in Tunisia e Albania sono molto più recenti. In entrambi i casi ad attirare il boss sarebbe stato il mercato degli stupefacenti e del contrabbando: è ormai accertato in più inchieste che quintali di tabacchi lavorati esteri arrivino in Sicilia dal Nordafrica nascosti tra le casse di pesce trasportate dai pescherecci che attraversano il Canale di Sicilia. In Albania Messina Denaro avrebbe mandato un ambasciatore Luca Bellomo, marito della nipote Lorenza, per poi andare di persona per stringere, dicono gli investigatori, rapporti con esponenti delle istituzioni e dell’imprenditoria. Nell’ultimo viaggio avrebbe fatto anche una puntata in Montenegro per giocare al casinò.

Viaggi per affari, dunque tutti da ricostruire anche alla ricerca del tesoro del boss, finora non trovato, interrotti dalla diagnosi di cancro che, secondo gli investigatori, gli sarebbe stata fatta in Sicilia. Da allora la svolta: il rientro nel trapanese, a Campobello, dove poteva godere di una rete sicura di favoreggiatori, ma non solo. Il boss avrebbe scelto di morire vicino alla sua famiglia, come fece suo padre. E di trascorrere gli ultimi anni allentando la maniacale cautela del passato: le cene, le amiche, gli spostamenti. Ma potrebbe non aver smesso di viaggiare: tutti da verificare, infatti, sono i biglietti aerei trovati nel covo di Campobello. Erano intestati ad Andrea Bonafede, l’uomo che ha prestato la sua identità al boss: ma chi li ha usati? Il vero Bonafede o Messina Denaro?

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