“Ho lasciato l’Italia dopo il diploma, convinto che non sarei mai più tornato. Invece dopo 13 anni ho scelto di avviare la mia nuova attività proprio nel nostro paese perché mi sono reso conto che, messi sulla bilancia, i suoi pregi superano i difetti”. Fabio Fasolo è un imprenditore, veneto ma nato in Puglia, classe 1988, che alcuni mesi fa ha venduto le quote della sua azienda in Vietnam per tornare in Italia e lavorare come travel designer per i clienti asiatici. Una scelta, quella di lasciare il fiorente sud-est asiatico, presa insieme a sua moglie, originaria di Taiwan. “Il motivo principale è l’inquinamento, vogliamo vivere in un paese in cui far crescere una famiglia. In Italia vogliamo creare una rete che offra al mercato asiatico esperienze culturali e culinarie alternative alle grandi città, come la riscoperta di antichi borghi”.

Fabio aveva deciso di andarsene con la crisi del 2008. “All’epoca tentai di cercare lavoro dopo il diploma ma rimasi veramente deluso”. Così dopo un colloquio di lavoro andato a buon fine è andato a lavorare negli Stati Uniti, a Orlando, in un ristorante nel parco Disney come cameriere. E, iniziata la gavetta, non si è più fermato: prima sulle navi da crociera nel mar dei Caraibi, poi ad Hong Kong, il suo primo lavoro da assistente manager in un ristorante e club di lusso. “Dopo tre mesi il general manager mi portò con lui a Singapore, al famoso Marina Bay Sands, in un nuovo ristorante. Il fatturato era da capogiro”, ricorda. Una gestione talmente di successo che il brand viene comprato da Louis Vuitton, per replicarlo in tutta l’Asia. Fabio ritorna ad Hong Kong come responsabile per aprire un’altra sede, poi va a Taiwan per creare da zero una rete di ristoranti e servizi food italiani per un imprenditore americano. E ancora in Spagna e di nuovo nel sud-est asiatico, in Vietnam, dove ha aperto un’attività di torrefazione da imprenditore. “Ho da sempre la passione del buon caffè e il Vietnam è il secondo produttore mondiale, oltre che uno dei paesi a più alto tasso di espansione economica nel mondo”.

Le cose vanno bene, anche con le difficoltà della pandemia. “Ci sono paesi nel sud-est asiatico, il Vietnam in testa, che crescono come la Cina degli anni ottanta o l’Italia del dopoguerra. Il mondo del lavoro è dinamico, ci sono molte opportunità e se vuoi avviare un business e fare i soldi sono i paesi su cui oggi si può puntare”. Non è un caso che tra le nuove “tigri asiatiche” siano annoverate Vietnam e Cambogia . “Se uno è curioso a livello gastronomico e culturale è una regione molto interessante. L’Asia dopo l’Europa è il continente con più varietà di ricette e di prodotti usati a livello culinario. Dal punto di vista turistico ci sono tantissime cose da vedere, anche naturali”. Ma c’è un prezzo: “Inquinamento e corruzione. Il primo è stato il principale motivo per cui abbiamo scelto di non costruire lì la nostra vita – afferma Fabio –. Perfino in Cina inizia ad esserci attenzione sul tema ambientale, soprattutto nelle grandi città. Sono rimasto sorpreso dalle tante iniziative politiche dell’ultimo decennio. In Vietnam, invece, a livello ecologico c’è la totale anarchia”. E la corruzione è radicata e stratificata, come in alcuni paesi sud-americani. “Una volta – racconta Fabio – ero alla dogana dopo un viaggio in Cambogia, benché avessi tutti i documenti in regola non volevano farmi rientrare, finché, e me ne vergogno, non ho messo dieci dollari nel passaporto”.

I coniugi Fasolo avevano valutato varie opzioni oltre l’Italia. “Singapore, Inghilterra, Canada, Stati Uniti e Svizzera. Ma ci sono dei punti di forza che solo il nostro paese possiede: qualità della vita, buon clima, cultura e gastronomia – evidenzia il giovane imprenditore –. Anche la nostra sanità pubblica, con tutti i suoi difetti, è ancora lì e questo è un fiore all’occhiello rispetto molte altre nazioni. Abbiamo un minino di fondo pensionistico e un know-how da preservare ed esportare”. C’è solo un problema che Fabio non riesce a mandar giù: “Siamo rimasti indietro sulla burocrazia, anche rispetto ai nostri vicini”. Un esempio? “Per me e mia moglie, che è taiwanese, è stato più semplice sposarci online negli Stati Uniti e farci riconoscere il matrimonio in Italia, che farlo qui”. Altro problema italiano è l’alta tassazione che non sempre corrisponde ad un’alta qualità dei servizi. “Posso fare un esempio proprio con Taiwan dove con una tassazione più alta e a scaglioni, rispetto ai suoi vicini, corrisponde un’alta resa dei servizi. Io prendevo un bello stipendio e non ero dispiaciuto di pagare molte tasse”, sottolinea Fabio.

Con cos’è un travel designer? “Consiste nel disegnare su misura un viaggio: location da visitare, pernottamento, trasporto, cibo. Non sono pacchetti standard ma una consulenza: poi è il cliente che fa tutti i dovuti passaggi finali”. E, data l’esperienza, il target è proprio il mercato asiatico. “Conosco molto bene varie realtà in Italia – spiega Fabio –, vogliamo offrire delle mete alternative alle classiche capitali, facendo apprezzare esperienze negli antichi borghi anche ad una clientela esigente come quella asiatica”. E confessa: “Se andasse male cercherei di inventarmi un altro tipo di business per rimanere, perché in questi mesi di lavoro e di viaggi tra Nord e Sud, ho capito quanto voglio costruire qualcosa di bello qui”.

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