Meno di una settimana fa, il ministro Carlo Nordio diceva che, sulle intercettazioni, “il Parlamento non deve essere supino e acquiescente” alla magistratura. Ora Giorgia Meloni, dopo giorni di polemiche, cambia registro e interviene per arginare il suo stesso Guardasigilli: “Non c’è bisogno di uno scontro tra politica e magistratura”, ha detto rispondendo alle domande dei cronisti ad Algeri, “credo anzi che si debba lavorare insieme per capire dov’é il meccanismo dello Stato di diritto che non funziona e cercare le soluzioni più efficace”. Un approccio completamente diverso a quello usato davanti all’Aula dallo stesso ministro e sul quale, finora, Meloni non si era espressa. Oggi ha invocato la ricerca di una mediazione: “Questo il ministro Nordio, la magistratura e gli operatori del settore lo sanno meglio di me, io provo a metterci il buon senso: non credo che quando si affrontano queste materie ci si debba scontrare. Le persone di buona volontà capiscono quali sono i problemi e le risolvono, tra persone capaci che hanno a cuore gli interessi della nazione e i suoi valori fondamentali”.

Già ieri, la presidente del Consiglio aveva tentato di placare le tensioni: aveva difeso il ministro, ma al tempo stesso aveva annunciato di volerlo incontrare per parlare dei prossimi interventi. Un segnale interpretato da molti come il tentativo di bloccare le sue iniziative dopo giorni di caos. Un’occasione che non si sono lasciati sfuggire gli alleati del Carroccio che, per primi, hanno iniziato a prendere le distanze dalle parole di Nordio. E addirittura hanno denunciato “il bavaglio contro i giornalisti”. Le parole di Nordio hanno fatto rumore e non solo dentro la maggioranza: la petizione de il Fatto quotidiano per chiedere le dimissioni del Guardasigilli ha superato le 130mila firme.

Le parole di Nordio sulle intercettazioni hanno creato numerose polemiche, anche perché arrivate in contemporanea con l’arresto di Matteo Messina Denaro. In particolare quando il ministro della Giustizia ha detto che “i mafiosi non parlano al telefono”, poco prima di scoprire che il boss latitante aveva due telefoni. Una uscita dopo l’altra che ha creato non pochi problemi all’esecutivo. Anche per questo Meloni, ora, ha detto che farà un incontro a breve con Nordio. Salvo poi cercare di sminuire il peso del faccia a faccia: “Ho chiesto a tutti i ministri un cronoprogramma: mi piacerebbe lavorare su una calendarizzazione dei lavori del governo nel 2023. Sto organizzando un giro con i diversi ministri. Ci tengo a dire che oggi mi alzo e vedo che secondo i giornali ho tanti problemi con tanti ministri, anche con Nordio. Con lui un rapporto ottimo. Le due cose non sono collegate“. Una versione simile a quella fatta circolare domenica sera, quando Palazzo Chigi aveva fatto sapere che la premier rinnovava la fiducia nei confronti del Guardasigilli. Ma il solo fatto che ci fosse bisogno di dirlo, ha dato spazio alle ricostruzioni.

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Dal canto suo Nordio nega che ci sia alcun problema: ha fatto sapere che l’appoggio del premier Meloni è, per il ministro della Giustizia, “un motivo di grandissima soddisfazione, ma era una cosa nota con la premier. Siamo sempre stati in piena sintonia e del resto è stata una scelta e un’indicazione, come ha detto il presidente del Consiglio, fortemente voluta di indicare me come ministro della Giustizia”. Nordio, a margine di un incontro con gli avvocati vicentini, ha poi evidenziato che “il fatto che qualcuno abbia anche insinuato il sospetto che ci fossero dei dissensi, era assolutamente ingiustificato e anche irragionevole. Le cose che io penso della giustizia le scrivo da 25 anni e quindi tutti le sapevano. Naturalmente la politica è e deve essere l’arte del possibile e anche del compromesso, per cui tutti questi argomenti saranno oggetto di profonda discussione e poi il parlamento sovrano deciderà”. Poi, intervistato da Quarta Repubblica su Rete4, non ha rinunciato a un altro attacco ai magistrati: “Quanto le intercettazioni vengono pubblicate sui giornali, la colpa non è di chi le pubblica, che fa il suo mestiere, ma di chi non tutela il segreto istruttorio e dovrebbe impedirlo. Se si vuole si può, ma poiché finiscono sui giornali nonostante il divieto di diffusione vuol dire che non si vigila abbastanza“.

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Intercettazioni – Berlusconi con Nordio, ma fu condannato per la pubblicazione della telefonata “rubata” e segreta tra Fassino e Consorte

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